Senza Zucchero

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Criminal Minds 1 - Partiamo da Genny ‘a Carogna. I commenti, dopo i fatti dell’Olimpico, furono unanimi: il calcio italiano è sotto ricatto della camorra, della criminalità, dei tifosi delinquenti. La feccia. Conclusione in coro: il calcio italiano è malato. Pensi “vabbè, sarà un problema del calcio”. Poi leggi “Ferdinando Minucci, presidente della Legabasket, è stato arrestato con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale.”. Ci rifletti e dici “sarà, allora, un problema dello sport italiano”. Un settore, un ambito, una realtà circoscritta. Però, se ci rifletti bene, continuando a procedere per categorie, settori, aree, ti rendi conto che scoppiano gli scandali nella sanità e si parla di “sanità malata”; poi la cronaca si occupa dei funzionari pubblici e malata diventa la macchina burocratica presentata come vero bubbone purulento e ricettacolo di corruzione; passi all’abbinata politica e criminalità e questa diventa una narrazione che riguarda la cronaca, la storia e parte della preistoria; lanci uno sguardo sul territorio e l’abusivismo continua ad essere una piaga; sugli appalti pubblici (vogliamo parlare dell’EXPO, tanto per restare nell’attualità?) ogni sforzo per renderli trasparenti sembra sia vano; in compenso, lo smaltimento dei rifiuti, tossici e non, funziona con punte di efficienza teutonica (dalla Terra dei Fuochi alla distilleria di Marsala, per rimanere al caso più recente, che sversava pericolosi scarti della distillazione sui terreni situati a poca distanza dai pozzi dell'acquedotto comunale di Marsala). E senza pretendere di essere esaustivi nell’elencazione delle aree del delinquere diffuso, cosa ci suggerisce il record tutto italico in termini di evasione fiscale? E la contraffazione, nell’accezione merceologica più ampia possibile, di quali canali si avvale per la distribuzione? E chi sono quei rispettabili professionisti (avvocati, commercialisti, notai, esperti di finanza, di fiscalità internazionale, etc…) che gestiscono i patrimoni delle organizzazioni criminali? Qui non si tratta di fare di tutta un’erba un fascio, ma, è la quantità spaventosa di così tanti fasci di erba velenosa, che visti tutti assieme creano sgomento. C’è da chiedersi se la discussione invece di essere affrontata settorialmente, non vada analizzata in una visione d’insieme. In Italia sembra esserci un approccio criminale che permea e attraversa in modo trasversale ogni ambito della vita sociale. Dagli episodi eclatanti a quelli di criminalità “inconsapevole” (storie di ordinaria disonestà), il vento del delinquere soffia forte, gonfia le vele di una nave chiamata Italia trascinata verso derive che non prevedono ritorni. Siamo noi Romanzo Criminale.

Esposizioni nocive - La settimana scorsa una notizia è passata sotto silenzio ed invece potrebbe spiegare molte cose. Forse tutto. Uno studio condotto da alcuni scienziati dall'Harvard School of Public Health di Boston e pubblicato sulla rivista Neurology, giornale dell’American Academy of Neurology, è giunto alla seguente conclusione: il cervello non recupera mai pienamente dopo l'esposizione a vernici, colla o fumi sgrassanti. Lo dimostrerebbero i test cognitivi. In Italia qualcuno dovrebbe far partire un’indagine per capire a quale tipo di esposizione sono sottoposti i cervelli della classe dirigente italiana.

Pittalà Street - È tendenza consolidata nei paesi occidentali quella di decentrare, rispetto ai centri storici, le sedi degli uffici pubblici. Maggiore facilità di accesso, parcheggi, decongestionamento del traffico, opportuna raccolta in un’unica area dei vari uffici. Buon senso urbanistico. A Bagheria, invece, se devi rinnovare la carta d’identità, da qualche mese, devi recarti presso gli uffici di Via Pittalà, una stradina laterale al Corso Butera. Gli uffici dei Servizi Demografici da via Mattarella sono stati trasferiti in Pittalà Street. La zona è nota per le ampie strade, la facilità di parcheggio, la scorrevolezza del traffico (comunicazione di servizio per i lettori non bagheresi: trattasi di battutona). Prima riflessione: “Mah…”; seconda riflessione: “Boh…”; terza riflessione: “Chissà perché?”. Smetto di scrivere, faccio una pausa, accendo la radio, la voce di Lucio Battisti, le note di “Sì, viaggiare”, la canzone attacca così “Quel gran genio del mio amico…”. Sorrido, perfetta colonna sonora per gli uffici pubblici in Pittalà Street.

Giochi di parole - Le parole sono importanti. Cambia il codice deontologico dei medici italiani, tra le varie modifiche la scomparsa della parola "paziente" sostituita della dicitura "persona assistita". Personalmente preferivo la prima, decisamente più aderente alla realtà. A chiunque capiti di venire a contatto con il sistema sanitario italiano, alla fine è più “paziente” o più “persona assistita”? O deve essere molto paziente prima di poter essere persona assistita? Alle volte ci si sbilancia con eccessiva superficialità. L’espressione “persona assistita”, calata all’interno della realtà della sanità italiana, è una sorta di dichiarazione d’intenti. Un manifesto programmatico. Molto spesso, non è la realtà dei fatti. Meglio “paziente”.

Bagheria – L’Aquila, solo andata – L’Aquila, nel 2009 (ma i primi eventi sismici si verificarono nel dicembre 2008), fu colpita dal terremoto. L’Aquila, negli anni, è diventata una metafora dell’Italia di questo inizio millennio. A chi chiedeva, rivolgendosi agli aquilani, “cosa vi ha spaventato più del terremoto?” la risposta era “il dopo terremoto”. Malgrado le passerelle berlusconiane, le promesse di ricostruzione e di rilancio del territorio, L’Aquila è stata transennata, avvolta nel silenzio e trasformata in una città fantasma. Dopo cinque anni è così. A proposito di transennamenti, a Bagheria da circa un mese, in via Ignazio Lanza di Trabia, un po’ prima di arrivare in via Flavio Gioia, quindi nel percorso che collega il paese all’uscita dell’autostrada, direi un punto strategico del traffico veicolare, nel nostro piccolo, sta avvenendo la stessa cosa. Si è aperta una sorta di voragine, è stato costruito un quadrato di transenne che impedisce la circolazione diretta; e basta. Una nuova strategia: accerchio il problema senza aggredirlo. Nemmeno un cartello con la scritta “stiamo lavorando per voi”, o, magari, “se non oggi, vediamo domani”, o un piccolo berlusconino de’ noartri che si fa fotografare con un piccone in mano a segnare un fantomatico inizio dei lavori. Non una speranza, ma, almeno, un’illusione. C’è il buco, si mette la pezza. A quanto pare, nemmeno quella.

UFO – Extraterrestre portami via. Luciano D’Alfonso (ex sindaco di Pescara, ora candidato del Pd alla guida della Regione Abruzzo): “Il mare Adriatico sarà il parco più grande dell'Abruzzo e lo rispetteremo  dalle invasioni degli Ufo, perché si sono già messi in cammino.”. Tanto per dare ragione a chi sostiene che a sinistra, da tempo, non si riesce più a dialogare con le masse, ora si è passati direttamente allo sproloquio. Libro consigliato a D’Alfonso “Un marziano a Roma e altre farse” di Ennio Flaiano.

Il segmento – Definizione di segmento “Tratto di linea, specificatamente di retta, compreso tra due punti, detti estremi del segmento”. Notizia A: “In Gran Bretagna una laurea vale un milione di sterline. Nel Regno Unito un laureato su cinque diventa milionario, questo è quello che sostiene l'ufficio di statistica del Paese anglosassone. Il governo britannico dichiara: "L'università è un buon affare, giustificato il rialzo delle rette"”. Notizia B: “Quattro cassoni per la raccolta differenziata della carta pieni di tesi di laurea. Il ritrovamento è avvenuto al dipartimento di informatica, in via Comelico a Milano, dove alcuni studenti hanno scoperto centinaia di impaginati destinati al riciclo.”. Ora, uniamo i due punti tra la notizia A e la notizia B e otterremo un segmento la cui lunghezza misura la distanza, sotto ogni punto di vista, che separa l’Italia dalla Gran Bretagna.

Criminal Minds 2 - Su Sky, da un paio di settimane, è partita la serie televisiva Gomorra. Un successo, come lo è stato il libro di Saviano e il film di Garrone. Questa è l’ennesima occasione per porsi l’annoso problema che non si riesce a risolvere: chi paga i diritti d’autore alla criminalità? Come liquidarli e come quantificarli? La questione non riguarda solo Gomorra e la camorra. Non esiste paese al mondo dove la criminalità e la delinquenza abbiano offerto tanto materiale narrativo alla letteratura, al cinema, alla televisione. Solo gli Stati Uniti possono vantare una produzione così corposa, ma con la differenza che gli USA sono una nazione enormemente più grande e, in ogni caso, gli spunti di cronaca non coinvolgono il territorio con la stessa diffusione e capillarità. In Italia, i più grandi successi degli ultimi anni hanno una matrice comune, guardate a Romanzo Criminale che prende spunto dalle vicende della banda della Magliana, anche qui prima il libro di De Cataldo, poi il film di Placido e infine la serie. Successo, successo, successo. Soldi, soldi, soldi. Ovviamente, c’è la necessità di saperla raccontare una storia, ma non il bisogno di doverla inventare. Al massimo, filtrare, romanzare. Per il resto ci pensa la realtà. La televisione ha costruito su “La Piovra” un successo planetario, in questi anni vagonate di “Squadre Antimafia” e “Capo dei Capi” hanno fatto scoppiare i palinsesti. Ma, la nostra, è una tradizione. Negli anni settanta i polizziotteschi alla “Milano violenta”, Napoli spara, Roma mitraglia, Palermo risponde, hanno creato un genere. Anche in quel caso, si attingeva dalla realtà. Un cofanetto a parte si può confezionare sul tema “giudici ammazzati” e non mi dilungo nell’elencazione perché fa male. Detto questo, rimangono due riflessioni; la prima: dietro questi successi quanto compiacimento, intima approvazione, inconfessabile ammirazione c’è per i protagonisti di queste storie; la seconda: ma un Paese che sembra un set a cielo aperto per la messinscena di criminalità, corruzione, malaffare, che speranze ha?

Frase “nuje vulimme na speranz' 'e campa' senza chesta ansia” (da "Nuje Vulimme 'na Speranza" di NTO - sigla della serie Gomorra).

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Giusi Buttitta


 

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CONVERGENZE   PARALLELE 

Convergenze parallele; ovvero, se anche Fassino mostra il dito medio al mondo. Torino, durante la presentazione del progetto di ricostruzione dello stadio Filadelfia, nel giorno della ricorrenza della tragedia di Superga, un gruppo di tifosi del Toro apostrofa, utilizzando il consueto gergo da stadio, il sindaco Fassino, reo di essere uno juventino di “…..”. Piero, abbandonando il consueto aplomb e volendo dimostrare che anche i Fassini in tutta la loro lunghezza si incazzano, mostra ai tifosi, nonché suoi concittadini, e - forse - qualcuno anche suo elettore, uno snello e allungato dito medio.

Conseguenze: 1) Fassino, prima nega e poi di fronte alle prove fotografiche ammette. Oltre al dito medio spunta il naso di Pinocchio. 2) Tutta Italia nota come il dito medio di Fassino non sia altro che la riproduzione in scala ridotta dello stesso Fassino. Il dito medio ci fa la figura da Fassino. 3) Una minoranza malevola sottolinea insistentemente come Fassino non sia altro che la riproduzione in formato gigante del suo dito medio. Fassino ci fa la figura da dito medio. In versione large. 4) L’associazione nazionale DMI (Dito Medio Italiano), praticando di una chiara forzatura, denuncia Fassino per appropriazione indebita d’identità; al contempo, quella che è riconosciuta sotto l’acronimo NSDM – vale a dire – Nostra Signora del Dito Medio, alias Danielona Santanchè, irritata dall’esproprio non autorizzato del suo marchio di fabbrica da parte dell’incauto Fassino, sporge pure lei denuncia, per plagio, chiedendo, come pena risarcitoria, l’esecuzione della prova: Fassino, in diretta televisiva planetaria, dovrà, dell’ormai celeberrimo dito, farne lo stesso uso che la Santanchè suggerì qualche settimana fa a Landini (qual è il suggerimento? Per chi non lo conoscesse diciamo che il dito segue lo stesso percorso dell’ombrello nelle vignette di Altan, per chi non conosce - invece - le vignette di Altan, si documenti). Fassino, terrorizzato dalla prospettiva, chiede di patteggiare con la Santanchè mettendo sul piatto una pena sostitutiva: la lettura di un articolo di Sallusti, ogni giorno, fino alla fine dei suoi giorni. Daniela, soddisfatta, accetta la proposta, il giudice sentenzia, la questione sembra risolta, ma al terzo giorno di lettura sallustiana Fassino chiede di parlare col giudice supplicando di poter tornare alla pena del dito.
Che dire, come al solito sinistra italiana si è infilata in un cul-de-sac, con l’aggravante data dalla spinta di un dito medio. Che poi, a me, Fassino sta pure simpatico, così dinoccolato, così professorino burbero, ma buono. Ma queste cose lasciale fare ai professionisti dell’insulto, dell’invettiva, della faccia di bronzo, lasciale fare a chi sa come si fa, a chi conosce l’orgoglio di cotanta ostentazione. Perché non c’è di peggio che mostrare il dito medio e nascondere la mano. Rimane, però, alla fine, il fatto politico, la convergenza. Dopo tanto camminare, partendo da destra e da sinistra, la politica italiana si ritrova all’ombra di un dito medio, con Fassino come la Santanchè, anzi, peggio, la sua copia sbiadita, ma avvampata di vergogna, come un bambino col dito (medio) dentro la marmellata. Fassino e la Santanchè, Renzi e Berlusconi. Ma che bipolarismo è?
Brevissime – Qualche commento, relativo al numero della scorsa settimana, ci accusava di esercizio pessimismo. Precisazione: il pessimista fa una valutazione del e sul futuro, qui - invece - ci si occupa del presente e si traggono le conseguenze. Sono convinta che l’unica speranza è quella di essere consapevoli che continuando così si è senza speranza.

IL   CAMBIAMENTO  NON  PUO'  ESSERE   COME  GODOT.

Altra breve su i manifesti elettorali: non posso fare nomi (per non influenzare l’esito del voto, non so se in positivo o in negativo) ma in questi giorni è comparso sui muri di Bagheria il volto di un candidato che esibisce un’espressione preoccupata (finalmente, un po’ di consapevolezza), direi quasi spaventata, in procinto di inorridire, come se quello sguardo fosse posato sull’anta di un armadio che improvvisamente, quanto lentamente, si apre tra scricchiolii terrorizzanti. Come in un film dell’orrore. Chi fissa il candidato? Hannibal Lecter che gli ricorda di avere un amico per cena o il bilancio comunale prossimo venturo da approvare? Mistero. Rimane la preoccupazione per quest’uomo. Cosa lo inquieta?

BELFAGOR  ITALIA

Ad Abu Dhabi, nel dicembre 2015, sarà inaugurato il Louvre Abu Dhabi. Per la Francia è un’operazione di marketing del valore di 1 miliardo di euro. Avete capito bene, un miliardo di euro. I fatti. Il 6 marzo 2007 Francia ed Emirati Arabi Uniti firmano un accordo programmatico intergovernativo che prevede la creazione di un agenzia apposita, l'Agence France Muséums, il cui ruolo è quello di fornire supporto nella costruzione e nell'organizzazione del futuro Louvre Abu Dhabi. L'accordo prevede anche, per un periodo di un decennio, una serie di prestiti di opere che andranno dai musei parigini a Louvre Abu Dhabi. Ripeto, un miliardo di euro; e noi? Un ingenuo, o un entusiasta, o un ottimista, considerando il patrimonio artistico italiano, scenderebbe in strada gridando a squarciagola “Siamo ricchiiiiii!!!!!! I petrolieri hanno scoperto il nostro petrolio!!!”, ma chi sa di Pompei, chi sa dei musei italiani chiusi nei festivi, chi sa dell’assenza di promozione del patrimonio artistico nazionale, chi sa del degrado, chi sa dell’abbandono, ricorda le parole del ministro berlusconiano Tremonti “Con la cultura non si mangia”.

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Poi legge l’intervista a Dario Franceschini su La Stampa, alla domanda: “Ma signor ministro della Cultura, abbiamo scoperto che per il solo fatto, di consentire ad Abu Dhabi di utilizzare il sigillo «Louvre» il museo parigino incasserà 400 milioni e ci siamo chiesti: perché non siamo capaci anche noi a far rendere il brand «Uffizi », per esempio?”, risposta: «Tutto condivisibile, quello che non mi piace è che poi si finisce sempre nell'autolesionismo».” Già, si finisce sempre nell’autolesionismo, altrimenti non si spiegherebbe la scelta della classe politica degli ultimi quarant’anni. Attenzione, qui irrompe la considerazione di George Orwell “Un popolo che elegge corrotti, impostori, ladri e traditori, non è vittima. È complice!”. Metteteci pure gli incapaci, ma questo è un discorso che approfondiremo in un’altra occasione.

IL  MANTO, STRADALE, DELLA  CARITA'

I programmi degli aspiranti sindaci bagheresi traboccano, come è giusto, di buone intenzioni, si può essere d’accordo su alcune cose, su altre meno, ma non entriamo nel merito, li aspettiamo alla prova dei fatti. Senza scuse, please. Un punto, invece, dal quale sicuramente partirei si aggancia con la frase tipica del bagherese medio disilluso e pessimista, che ne ha viste tante e non ci crede più: “semu menzu a strata”. Partiamo da lì, dalla strada. Il numero di buche che segnano, come un corpo devastato dalla lebbra, le strade cittadine ha assunto valori epidemici, la profondità delle buche è tale che più di un latitante sta pensando di farne il suo rifugio, squadre di speleologi sono impegnati alla ricerca di sfortunati cagnolini che in queste buche ci sono caduti dentro. Non si capisce se è più la parte concava o la convessa. Dalla superficie lunare ci osservano e sono convinti di guardarsi allo specchio. Qualcuno che si ispira alla “Terra dei Fuochi Style” consiglia di scaricarci dentro la spazzatura. Due problemi che si trasformano in soluzione l’uno dell’altro. Ci sono intere aree recintate dove tutto sembra stia per sprofondare. E’ troppo facile per me che ne scrivo lasciar aleggiare l’ombra della metafora. È ovvio, è un fatto, le strade disastrate di Bagheria come simbolo di una Bagheria disastrata. Partite da lì. Sembra che l’amministrazione comunale si stia già muovendo lavorando secondo il criterio della pericolosità. Come al pronto soccorso, codice rosso, codice verde delle buche.

INGIUSTIZIE  

Nel giorno in cui la Cassazione conferma la condanna a sette anni di reclusione, per concorso esterno in associazione mafiosa, nei confronti dell’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri (piantonato a Beirut), con il pg Galasso che davanti la Corte aveva sostenuto “Per diciotto anni, dal 1974 al 1992, Marcello Dell'Utri è stato garante dell'accordo tra Berlusconi e Cosa nostra”, e l’ex ministro berlusconiano Scajola, arrestato in questi giorni, non risponde al gip; Silvio Berlusconi che se l’è cavata con l’assegnazione ai servizi sociali, all’uscita del suo primo giorno presso tali servizi ha dichiarato: “Ho fatto tante battute, abbiamo parlato tanto di Milan”. Vi sembra giustizia questa? Solidarietà al soldato Dell’Utri.

La Frase 1 – “Dobbiamo uscire dalle nostre menate mentali, per non dire altre cose”
(Matteo Renzi davanti ai giovani di AnnoUno). Dobbiamo farlo, indubbiamente, comincia a farlo tu, fai capire a tutti noi se, parafrasando De Gasperi ('La DC è un partito di centro che guarda a sinistra'), il PD è solo un partito di sinistra che guarda a Fonzie o qualcosa di un po’ più serio e programmatico, dimostraci che per ammodernare il Paese non basta che ci mettiamo tutti a cantare “noi siamo i giovani i giovani, i giovani siamo l'esercito, l'esercito del surf”, mostraci l’ammodernamento dello Stato, evita acrobatici parallelismi tra Berlusconi e Grillo entrambi pregiudicati, non giocare con le parole, non spacciare l’ulteriore precarizzazione del lavoro come se fosse una riforma epocale. Porta i fatti, Matteo.

La Frase 2 – “ Il futuro desertifica la vita ipotetica” (Baustelle - Il Futuro – dall’album: Fantasma)

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Giusi Buttitta

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Premessa - Ogni numero zero merita un’introduzione che chiarisca un po’ da dove si parte, dove si vuole andare e cosa si vuole ottenere. Un pugno di parole e buone intenzioni su Progetto & Costruzione. In genere si fa così, ma non è necessario per questa rubrica, perché SenzaZucchero, non vuole andare da nessuna parte, non ha una missione, vuole solo annotare. Annotare cosa? Fatti, volti, personaggi, frasi, scenari, cancrene, cronicizzazioni, parole, schizofrenie, assenze, vuoti, insensatezze, illogicità, dati di fatto, impotenze, ridicolaggini, mostri e mostruosità, velleità, paradossi che fanno da corredo, contorno e prova testimoniale ad una verità: la speranza è agonizzante. La stiamo perdendo, il battito è flebile e rallentato. This is the end (inevitabile e non casuale citazione di ispirazione morrisoniana).Siamo cittadini di uno Stato senza speranza, l’Italia; di una Regione con ancor meno speranza, la Sicilia; di un paese sull’orlo dell’implosione, Bagheria. Scatole cinesi con vista sulla disperazione. Questa presa d’atto è un’operazione necessaria, per questo torno a tenere una rubrica, un messaggio in bottiglia nel mare del web, per quel che vale; ma cosa ci rimane da fare, se non far circolare le idee? L’effetto placebo di considerare normale e/o transitorio quello che accade rischia di ucciderci, lo sta già facendo e nemmeno tanto lentamente. L’abbinata del Titanic con le danze che non vogliono smettere, coi passeggeri che si ostinano a non prendere atto, è una metafora consunta, ma sempre efficace. Questa rubrica è una maniera per non partecipare al ballo. Non si può più vivere dentro certi modelli, accanto a certe facce, circondati da certe parole, perseguitati da certi slogan. Non si può convivere col vuoto. Oppure, lo si può fare, consapevoli che di questi modelli, di queste facce, di queste parole, di questi slogan, rimarremo avvelenati fino all’irreversibile. Sempre che non si sia già nell’irreversibile. Io penso di sì; attendo, eventuali, segnali contrari. Questo farà questa rubrica, attaccare su un muro tante istantanee (significative e non) spinte dal vento che soffia su un mondo tossico. Ridendoci e piangendoci su, come ogni tragedia merita.

 

ARCHITETTURA - Capita, a volte, di apprendere dei dati che, in quanto tali, non ti sconvolgono certo la vita. In Italia abbiamo circa 250mila laureati in Architettura, di cui, 150mila, iscritti all’albo. Ma, se i dati cominci a raffrontarli ad altri dati inizi a costruirci un puzzle che ti porta da altre parti, ad altre riflessioni. Abbiamo 5 architetti iscritti all’albo ogni 2mila abitanti e rappresentano il 27% degli architetti d'Europa. In rapporto al numero di laureati abbiamo, di fatto, un architetto a Km quadrato; boschi, fiumi, laghi, aree degradate, discariche, quartieri abusivi compresi. In Germania, secondo paese più popolato di architetti, se ne contano poco più di 100mila unità. Il Regno Unito e la Francia, rispettivamente al 5° e 6° posto ne vantano solo 30mila (poco più della somma degli iscritti agli Ordini di Roma e di Milano). Cominciamo a disporre in fila questi numeri come fossero le carte di un mazzo chiamato Italia e aggiungiamoci la carta Sistema Scolastico, poi quella definita Orientamento e, conseguenzialmente, quella triste della Disoccupazione. È ovvio che un Paese che aspira (non si sa bene su quali basi) a rimanere nel Primo Mondo non può non governare i processi. A proposito di processi, una realtà anche peggiore è quella degli avvocati, il triplo della media europea. E fino a qui la situazione è grave, ma ne comprendi le dinamiche, l’assenza di un’efficace politica di orientamento porta ad un sovradimensionamento e a un surplus di figure professionali. Male, ma siccome ogni male non viene per nuocere, allora ti aspetti le ricadute positive, in un Paese così traboccante di competenze architettoniche immagini che una sensibilità urbanistica in senso lato permei trasversalmente gli strati della società civile e gli organismi deputati a governarla. Come si spiegano allora gli scempi, le brutture, gli abissi estetici che ci circondano? In un Paese dove le facoltà di giurisprudenza sfornano laureati a pieno regime immagini una macchina della giustizia che funzioni come un meccanismo perfetto? Allora perché ogni bega giudiziaria, al di là dell’esito e della portata, rappresenta per il malcapitato l’anticamera dell’inferno, anzi, l’inferno, e, di fatto, la vera condanna? Lunga, come nessun’altra condanna. Dietro l’apparenza di un titolo accademico il sistema di istruzione italiano quali competenze reali trasmette? Quando si dice un tema strettamente collegato, forse il più importante, con l’assenza della speranza.

 

SITUAZIONI CHE SI RIPETONO SENZA TEMPO- Il 25 Maggio si voterà a Bagheria. Entusiasmo zero. C’è stanchezza, è palpabile. Il rito si rinnova con tempi troppo ristretti. I candidati, le riunioni, le aspirazioni, le ambizioni, la caccia al voto, le rassicurazioni, l’antivigilia, la vigilia, poi le elezioni, poi gli eletti. E poi? Già, e poi? Il governo, dovrebbe arrivare il momento del governo. Riavvolgiamo il nastro. 5 candidati alla carica di sindaco. 253 candidati al consiglio comunale, tre anni fa erano oltre 500. Il numero si è dimezzato (la politica non paga più come una volta?). In totale 258 uomini e donne certi di poter fornire il loro contributo al governo della comunità. Sdraiamoli, uno per uno, sul lettino dell’analista, questi 258 candidati e chiediamo loro: perché lo fai? La domanda è banale, ma questo non è un gioco. Vi siete guardati allo specchio e vi siete detti “Sì, sono io la persona giusta! Ho capacità, competenze, idee, voglia di innovare, so cosa fare e come lo si deve fare.”; ne siete convinti? Bene, procedete. In ogni altro caso, un consiglio: lasciate stare. Siete ancora in tempo. Ci si ritira, la collettività apprezza il gesto, ringrazia per la presa di coscienza e si va avanti. Perché non c’è più spazio per gestioni di potere, governicchi, spartizioni, nemmeno per politiche occupazionali che si traducono in occupazione della politica, non è più tempo di posti al sole, né di sistemazioni, di strategie private tramite la cosa pubblica. Non è più tempo, la collettività non può tollerarlo. Non è più tempo di teatrini, né di gioco delle parti. È tempo di serietà, si faccia politica, si prometta con molta onestà e trasparenza quello che si è – ragionevolmente - in grado di mantenere e dopo, per favore, niente scuse. Altrimenti, lasciate stare. Perché non ci si può candidare sbandierando ottimismo e poi trincerarsi dietro alla difficoltà oggettiva di governare appellandosi a una serie di motivazioni, anche fondate, che impediscono ogni azione. Il dissesto del bilancio comunale lo conosciamo, le difficoltà le immaginiamo; ritenete di essere in grado di gestire queste difficoltà? Allora, andate avanti. State pensando “intanto, vinciamo le elezioni e poi si vede”? Siete dei dilettanti allo sbaraglio in cerca di un posto al sole? Allora, abbandonate. Non c’è più spazio per voi, non è più il vostro tempo, ci fate del male. Ricordatevi che nessuno vi obbliga, nessuno ve lo chiede, qualsiasi ruolo andrete a ricoprire non avrete scuse. Quindi, o avete competenze, idee, generosità per governare, oppure, affidateci ad un commissariamento senza fine. Di tristi giri di giostra tra parole, sorrisi, idee e volti sempre più sbiaditi, nessuno sembra più averne voglia.

 

ANATOMIA POLITICA- La cosa che più mi incuriosisce della campagna elettorale? Sono le facce dei politici che tappezzano le strade nel periodo che precede (e, purtroppo, segue, a volte a lungo) la competizione elettorale. Quando si dice: partire col piede sbagliato. Non so se provocano più irritazione o tenerezza. Sorvolo sulle perplessità circa l’idea che da questo stantio strumento di propaganda possa passare il vento nuovo della politica, la comunicazione, rimangono, però, le espressioni, le posture (inquietanti; fissi certi sguardi e comprendi cosa possa significare entrare in sala operatoria e accorgersi che al chirurgo mancano due dita della mano destra): il sorriso ostentato dell’ottimista militante, quello accennato di chi sembra capitato lì per caso, la faccia seriosa e riflessiva di chi si è già messo a lavoro, quella quasi gioiosa ripresa con taglio obliquo, quella disarmante di chi tra timidezza e sincerità sembra voglia suggeriti “sì, sì, tutto qui, questa è l’espressione più intelligente che ho”. Pose pensate, pose studiate, volti in superficie come presagi preoccupanti. Speri che le menti, una volta all’opera, siano più profonde degli sguardi. Forse, tutto parte da un equivoco legato all’usurata espressione “occorre metterci la faccia”. Non è in questo senso che bisogna farlo. Proposta: perché non cambiare parte anatomica? Basta con facce che non dicono nulla, passiamo alle mani o ai piedi. Un paese pieno di mani ci darebbe un’idea di operosità. Oppure, rivoluzione totale. Spiazzateci. Nobilitate quella parte anatomica ingiustamente derisa e –a volte - perseguitata, dove anche il sole non si degna di battere, attraverso la quale, storicamente, trovano la via d’ingresso le umane sventure, tallone metaforico senza la dignità di un Achille. Mostrate quella parte sui manifesti, almeno nessuno vi potrà accusare di inespressività, nessuno l’ha mai richiesta ad un fondoschiena, non sarà necessario apparire intelligenti, e, magari, considerando che da troppi anni partendo dalle facce dei politici le dinamiche hanno portato funeste conseguenze sulla stessa parte anatomica, ma degli elettori; vuoi vedere che l’unica possibilità di un’inversione di tendenza possa partire proprio da questa, apparentemente insignificante, svolta espositiva?

 

ANNOTAZIONE- A proposito di assenza di speranza, mentre scrivo il governo nazionale si appresta a varare un ddl sul lavoro che rappresenta un altro passo verso la “cinesizzazione” del mercato del lavoro; il presidente del consiglio, Matteo Renzi, leader del centrosinistra, afferma che il provvedimento rappresenta una perdita di potere per i sindacati (sottolineo, è un’affermazione del leader della sinistra; “Gulp” esclamerebbe un personaggio dei fumetti) e Genny ‘a carogna capo degli ultras napoletani tratta con le istituzioni l’inizio della finale di Coppa Italia Napoli-Fiorentina. Un piccolo spaccato ad uso e consumo di chi ci vorrà tacciare di eccesso di catastrofismo.

 

La Frase – Sul ponte sventola bandiera bianca (Franco Battiato) 

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vignetta di Gianni Allegra                                                                                                                 Giusi Buttitta