Mi capita spesso di sentir dire che la musicoterapia è una tecnica di rilassamento, e mi viene da sorridere. Probabilmente in Italia pochi sanno cosa sia davvero. Studio questa disciplina da tre anni al quadriennio di musicoterapia di Assisi e ho iniziato da quest’anno il corso biennale del conservatorio aquilano.
Se in Italia non esiste un albo dei musicoterapisti, in alcuni stati esteri questo mestiere è seriamente preso in considerazione, tanto che lo studio della musicoterapia si realizza all’interno dell’università.
Per iniziare ad avere un’idea di cosa sia provate a immaginare una seduta in cui il terapista suona insieme al paziente. Provate ora a immaginare che in questa seduta si fa una musica che non sia necessariamente convenzionale, che possa essere realizzata da entrambi.
Se volessi provare a riassumere in una frase la maniera in cui la musicoterapia agisce potrei dire che essa è una tecnica di riabilitazione utilizzata per migliorare l’interazione sociale e la comunicazione. Si parla ad esempio di sindrome di down, di autismo, di disturbi dell’umore, di tetraplegie. Essa è, quindi, destinata a pazienti che hanno scarse capacità relazionali sia di natura organica che di natura psicogena.
Avete mai notato come all’ascolto di determinati brani musicali si scatenano particolari emozioni? Ciò potrebbe far pensare al fatto che se i suoni vengono gestiti in una determinata maniera possono anche essere utilizzati per agire direttamente su di esse.
Tutto ciò avviene attraverso una musica che molto spesso risulta essere non convenzionale, ovvero che non segue le regole “accademiche”.
Il paziente si troverà ad utilizzare strumenti musicali (ad esempio xilofoni o tamburi) in una maniera molto istintiva e basata sull’improvvisazione. Il musicoterapista improvviserà insieme a lui nel tentativo di creare una relazione, definita relazione terapeutica.
Il paziente esprime attraverso la musica le sue emozioni. Il musicoterapista, all’interno di questa relazione terapeutica, accoglie il musicale del paziente e lo manipola a seconda delle esigenze.
Non è facile descrivere una disciplina simile all’interno di un unico articolo… dobbiamo inoltre considerare che quella appena descritta è la maniera più praticata di fare musicoterapia e che, quindi, non è l’unica. Spero di essere riuscito almeno ad avere dato un’idea riguardo la sua utilità.
Giampiero Carollo
Musicoterapia: tra musica e relazione - di Giampiero Carollo
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