E' uscito l'ultimo romanzo della bagherese Germana Fabiano "In nome di Dio e per mano del diavolo". L'inserto "D" di Repubblica di sabato 26 marzo pubblica una intervista
Laurent ha però un segreto: le sue mani leniscono il dolore.
Alle sue doti taumaturgiche di notte si rivolge la città, la stessa che di giorno lo tratta come un appestato.
Perché tale era considerato:garante della giustizia divina e ultimo fra gli uomini, l'ingranaggio di un sistema che non ammette defezioni.
Tanto meno un boia dal cuore buono.
Germana Fabiano -autrice palermitana dalla prosa elegante e matura- scrive del Medioevo ma parla dell'oggi, dell'eterno conflitto tra essere e dover essere, di quella banalità del male sopravvissuta, ci piaccia o no alla modernità.
Come è nata l'idea del romanzo?
Leggendo una biografia di Charles-Henri Sanson, il boia della rivoluzione francese che piangeva alle esecuzioni. Mi affascinava l'idea che qualcuno potesse essere costretto a uccidere. Fin dal Medioevo il boia riceveva il mestiere in eredità e uscire da quella condanna era praticamente impossibile.
Nessuno gli avrebbe offerto un altro lavoro. Come poteva un'anima empatica reggere una cosa del genere? Come riuscire a sopravvivere?
Laurent è davvero così lontano dal mondo contemporaneo?
Visto con i nostri occhi Laurent è un vigliacco. Oggi noi abbiamo la possibilità di scegliere, di ribellarci, anche se non lo facciamo.
Nel romanzo i confini tra bene e male sono labili: non teme di scioccare il lettore?
Mi interessava lavorare sul tema del doppio:il boia taumaturgo, la società crudele, la giustizia iniqua: chi, in fondo, può dirsi innocente?