Ci ha intrigato, e continua a farlo, la faccenda del crollo del cinema Roma, tant’è che abbiamo incontrato un altro testimone di esso. Ecco quello che ci ha detto Mimmo Buttitta: “Il cinema Roma apre nel mese di giugno del ’48; nel ’51, comunque, è costretto a chiudere perché crolla il tetto.
Ricordo che mi trovavo a casa del professore Scordato, con altri ragazzi a ripetizione di Italiano perché di lì a poco ci sarebbero stati gli esami, si era in primavera, o era aprile o era maggio. Il professore abitava un villino col cancelletto in via Diego D’amico e la stanza dove si svolgevano quelle lezioni si trovava dietro ed era pressappoco all’altezza del cinema, nell’altra strada.
Sentimmo un boato e ci affacciammo. Non era ancora buio e vedemmo la polvere che s’alzava verso il cielo. C’erano pochi spettatori quel giorno e, per fortuna loro, erano seduti dietro e il cinema era molto lungo e la parte di tetto che cadde fu quella vicino allo schermo.
Quando si trattò di ricostruire, i due padroni, che avevano avuto questioni, non s’erano ancora messi d’accordo e divisero la proprietà. Chi ebbe la parte posteriore pensò di farci un palazzo e così il cinema, quando fu ricostruito, s’accorciò moltissimo.”
Secondo la testimonianza di Mimmo Buttitta siamo dunque nella primavera del ’51; sapete che un nostro amico, che sta conducendo per noi una ricerca ormai faticosa nei giornali dell’epoca ( L’ORA, Il GIORNALE DI SICILIA), non ha trovato nulla scorrendo i numeri pubblicati durante quei mesi?
E c’è un’altra faccenda particolarmente intrigante. Nel libro “Lo spettatore implacabile” Masino Di Salvo, intervistato da Maurizio Padovano, accenna a una delle prime sale cinematografiche di Bagheria e, precisamente, al cinema Lavoro che si trovava nella stessa strada del futuro circolo L’Incontro, cioè in via Sant’Angelo. Che la via fosse questa e che il cinema avesse quel nome, ci venne successivamente confermato da Mimmo Pintacuda la cui madre, da ragazza, abitava in quel quartiere.
Ma le cose non potevano andare così lisce; e difatti Filippo Lo Medico un giorno se ne uscì dicendo che quel cinema non Lavoro ma Lavore si chiamava, come il proprietario cioè che aveva nome e cognome Domenico Lavore. E disse anche che di questo c’era una prova in un numero di una rivista del gennaio 1926 in cui era riportato l’elenco di tutti i cinema d’Italia e colonie e, quindi, anche dei cinema di Bagheria. Quella rivista, LA RIVISTA CINEMATOGRAFICA, che si stampava a Torino, faceva parte della donazione Lo Medico e si trovava al Museo Guttuso, a villa Cattolica; bastava recarvisi. Ci recammo a villa Cattolica.
Secondo quella rivista, nel 1926, a Bagheria, c’era un solo locale cinematografico, Domenica Lavoro cioè, il proprietario non si chiamava più Lavore ed era diventato una donna. Bisognava percorrere altre strade; ci recammo allora da Angelino Restivo, ‘nni Casaurru, il quale tirò fuori un ANNUARIO COMMERCIALE del 1932 ca ‘nni cuonza arrieri i cajti e al contempo ‘nni scuonza. Nel 1932 ci sono due cinematografi a Bagheria; uno è Lavore Domenico (cuonza), l’altro è Scaduto cav. Onofrio & Caltagirone (scuonza). Quale era questo secondo locale? Forse il Nazionale? Ma allora il Nazionale funzionava solo come teatro avendo cominciato a funzionare come cinema solo dal 1938. E perché quell’annuario non cita il Littorio che era aperto già dal 1928? Boh! Naturalmente non finisce qui.
Appena una settimana fa Antonino Russo ci regala un suo libro (I fattielli di Bagheria, ISSPE, Palermo, 2008) attirando la nostra attenzione sulla pubblicità riportata a pagina 111 di un Cinematografo Parigino che si troverebbe in via Recezione (accanto il Municipio) e suggerendo che potesse trattarsi del cinema Lavore essendo la via Recezione quella che sarebbe poi diventata la via Goethe.
La via Sant’Angelo, dunque, non c’entrerebbe per niente! Una cosa è sicura: nell’elenco delle strade di Bagheria risalente al 1911 c’è la via Recezione ma non la via Goethe e nell’elenco del 1940 c’è invece la via Goethe e non la via Recezione.
Biagio Napoli, Mimmo Aiello