Dice l’On. Speciale: “In questo caso, l’arte non avrebbe potuto procurare voti ai notabili bagheresi insediati al municipio”. Mi viene da associarle al concorso per il nuovo direttore del Museo Guttuso.
Il Museo Guttuso di Bagheria è un’istituzione dalle grandi potenzialità che non adempie alle sue funzioni. Si pensi ai giochi pirotecnici dell’ultima riapertura al posto di un’attività culturale.
Basterà guardare la foto d’apertura di questo articolo, per vedere un’altra delle tante cose scriteriate del Museo Guttuso. Bastava alleggerire la parete di sinistra, spostando una delle opere al posto della inopportuna opera Tre ovali gialli di Turi Simeti, per migliorare l’allestimento: avremmo avuto una visione globale di maggior godimento visivo, culturale e mentale. Mentre il Simeti poteva risultare più interessante in un’altra sala del Museo.
Tra leggenda e storia, il re Sikelòs diede il nome all’Isola chiamandola Sicania, poi diventata Trinacria e infine Sicilia. Questa metamorfosi mi rincuora, perché allo stesso modo, anche l’allestimento del Museo Guttuso potrebbe cambiare con un valido direttore; ragion per la quale non vivo questa situazione come un’apocalisse.
Per questo vorrei che la Sicilia cambiasse nome; ovviamente la mia è solo una provocazione, ma anche un auspicio per scongiurare il gattopardiano aforisma che in Sicilia "Bisogna cambiare tutto per non cambiare niente". Come dire, se la Sicilia tornasse a chiamarsi Sicania, il detto di don Tancredi potrebbe non valere più. O forse no?
Di fatto, l’Amministrazione comunale di Bagheria non si pone questi problemi e per dare nuova linfa al Museo Guttuso, sceglie la linea di Tancredi: fa della direttrice del Museo andata in pensione la consulente che, oltre a dirigere di fatto il Museo, è anche referente degli Archivi Guttuso, che in teoria dovrebbero avere ruolo autonomo. Quindi, a decidere le sorti del Museo sarà sempre la ex direttrice diventata consulente, che contemporaneamente rappresenta gli interessi degli Archivi Guttuso nell’organigramma dirigenziale del Museo. Mamma mia che confusione! Il Museo si regge sulle spalle di una sola persona che, secondo questa Amministrazione, ha grandi doti scientifiche e gestionali, ha capacità di parlare alternativamente come ex direttrice, ex assessora, consulente del Museo Guttuso e referente degli Archivi Guttuso: il pirandelliano uno, nessuno e centomila è una sua pallida imitazione.
In questo periodo di grande fermento per i preparativi del 50° della istituzione del Museo Guttuso, per sbrogliare la situazione l’Amministrazione ha un’idea geniale: nomina un Comitato scientifico, e chi vi troviamo? La ex direttrice, diventata consulente nonché rappresentante degli Archivi Guttuso.
Ora è chiaro perché Guttuso in una lettera privata del luglio 1982, destinata al prof. Franco Lo Piparo, chiamò “disgraziatissima pinacoteca di Villa Cattolica” quello che poi diventerà Museo Guttuso? In un’altra lettera all’on. Peppino Speciale Guttuso scrisse anche: “Ogni giorno di più mi pento di avere buttato in un pozzo un gruppo di opere mie e che altri artisti mi avevano donato. (…) Se potessi revocare la donazione fatta, la revocherei”. Ma fece di più, disse a me anche cose peggiori, che non ripeto per rispetto nei confronti delle persone coinvolte e in primis di Guttuso.
Ho frequentato Renato e ho fondati sospetti che il suo giudizio sul Museo adesso sarebbe ancora più severo.
Un bravo direttore, in una occasione come questa, avrebbe promosso una importante rassegna d’arte, con un curatore d’eccezione e un catalogo nazionale e soprattutto con un ufficio stampa da grande occasioni. Vedremo, cosa ci passerà il convento!
Comunque, il vero modo di onorare Guttuso è quello di procede speditamente con il concorso nazionale del direttore. Se questo non sarà possibile, vorrà dire che Bagheria non merita un Museo e che quindi questo sarà meglio chiuderlo, piuttosto che vederlo boccheggiare.
Chiudo questa mia segnalazione citando Maurizio Calvesi: Tirar via queste vergogne, innalzare un pietoso velario di alberi, restaurare la villa, è il minimo che si possa chiedere, senza illudersi di recuperare ciò che la città ha perduto per sempre, come dire il proprio stesso volto, ma per salvare il salvabile, cioè alcuni punti, è coordinarli e intonarli a questo risveglio culturale di cui Guttuso ha accennato le prime note, dopo il lungo sonno della ragione a Bagheria.
La foto: Una delle numerose operazioni scriteriate nell’allestimento del Museo Guttuso.