Quella strana telefonata a Vigata?

Quella strana telefonata a Vigata?

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Di certo c’è che quella telefonata è avvenuta. Cose importanti, cose loro, certamente cose di commissari. Una telefonata a Vigata tra Spotorno e Montalbano. Che ha fatto sussultare i lettori di Santo Piazzese ma anche quelli di Andrea Camilleri
o forse sarebbe meglio dire i lettori dei due commissari sopracitati.
Che quando si legge, è cosa nota, non si pensa mica agli autori ma solo ai loro personaggi che vivono, soffrono (in special modo lo scirocco) e si sfurnicìano come qualunque altro essere umano. Nello specifico: essere umano siculo, s’intende. Una razza a parte.

Da Verga in poi è tutto un susseguirsi di caratterizzazioni del siculo DNA fino a giungere a Sciascia che macchiò di giallo tutta la questione. E fece scuola e anche qualche investigatore improvvisato. Di questo e altro si è discusso giovedì sera in occasione dell’ultimo incontro dell’Omnibus Celeste.
Ospite atteso e assai gradito, Santo Piazzese: autore noir di tre romanzi molto apprezzati da critica e pubblico.

A conversare con lui: Maurizio Padovano e Marco Carapezza. Innanzi tutto lo sfondo: Palermo sempre e comunque. Malgrado tutto. Una città, secondo Carapezza, raccontata a ritmo di Jazz ma anche ferita, abbandonata, sofferente ancora degli squarci devastanti della guerra.
Una città la cui fisionomia è stata fortemente ridefinita soprattutto nella costa dove alcune borgate di periferia hanno perso vocazione e identità. Piazzese, nato tra lo Sperone e Romagnolo, ha raccontato di questa trasformazione ma anche delle varie contraddizioni di una città difficile da narrare della quale manca uno sguardo d’insieme, che vive, letterariamente, di occhi singoli che la percepiscono e la narrano solo parzialmente.

Piazzese ha poi parlato del lavoro dello scrittore.
Solo la punta di un iceberg è quello che viene fuori” E poi del rapporto con i personaggi. “C’è un flusso che ti lega al protagonista e che va anche all’inverso”. Per evitare di diventare uno scrittore seriale, poi, Piazzese, ha detto che, nel suo terzo romanzo, ha sentito l’esigenza di cambiare. Muta lo stile. Protagonista diventa il Commissario Spotorno, personaggio presente anche nei due precedenti che qui assume, però, il ruolo di primo attore. La narrazione è in terza persona e cambia - come ha sottolineato Carapezza - anche lo sguardo sulla città.

Vabbè che la letteratura deve sempre avere carattere inverosimile - ha detto Piazzese spiegando i motivi della sua scelta - ma se per la terza volta La Marca avesse avuto a che fare con un morto i suoi parenti come minimo lo avrebbero portato a Lourdes”.
Infine la descrizione dei luoghi. “La verità della lettura sta nella capacità del dettaglio - ha detto Padovano - e Piazzese descrive in modo magistrale la sua città e il carattere dei suoi abitanti”. "Nessuna collaborazione però tra Montalbano e Spotorno - ha assicurato Piazzese - dovremmo volerlo in due” - ha detto con un sorriso, in compenso sarà in libreria a gennaio con un racconto.

Non bisogna darsi per vinti, però. Quella telefonata a Vigata c’è stata, eccome. Sull’omnibus (che si spera ripassi presto, magari stavolta col contributo municipale) ci sono centinaia di testimoni!