Strana estate bagherese per chi, guardando i rilievi statistici dell’ISTAT – veritieri per difetto, sull’aumento vertiginoso del costo della vita e dei beni di prima necessità – ci si sente dentro fino al collo.
Pazienza, un’estate stanziale dedicata a godersi meglio, più a fondo e più a lungo di quanto normalmente non si faccia, le opportunità offerte dalla nostra ridente (ma come iena) cittadina. Le città d’arte e le mete esotiche possono attendere tempi migliori.
Tra l’altro, si sta beneficiando di una delle estati meno calde e umide degli ultimi anni, e ciò invoglia ancora di più a mettere il naso fuori da casa. Ma proprio a livello olfattivo, per i baharioti costretti alla stanzialità estiva, cominciano i problemi. L’ideale circonvallazione che, più o meno, perimetra Bagheria pullula di rifiuti solidi urbani. Solidità che sotto l’azione implacabile del sole agostano cede facilmente allo stato liquido, impregnando di umori nauseabondi l’asfalto che, anche a raccolta avvenuta, continua a emanare un fetore da fossa comune. Una perfetta lezione en – plein – air sugli stati della materia: solido, liquido, gassoso.
Solo in un caso ho visto provvedere al problema: operai edili di un cantiere poco distante a una di queste discariche – in via F.Buttitta, proprio davanti alla Scuola Medi " I.Buttitta" – hanno spalmato l’asfalto infetto di calce in polvere. Come su cadaveri di fosse comuni, per l’appunto. Per il resto, la città continua a puzzare di cadavere. Ci sono maestranze, regolarmente assunte, che potrebbero farlo – cospargere l’asfalto putrescente con la calce – come servizio di deterrenza minimo in un momento così difficile?
Sorvolo sulla domanda retorica a proposito dei sensi di colpa di chi preposto si limita a picchettare Palazzo d’Orleans, sulla generale efficienza amministrativa della nostra classe politica (i consigli comunali trasmessi in TV saranno, prima o poi, preda della Gialappa’s), sul senso civico di chi, appena vede la piramide dei rifiuti ingrossarsi, ne approfitta per liberarsi la casa da ingombri pluriennali, etc, etc. Io so soltanto che i miei circa 300 euro annuali di Tassa sui Rifiuti Solidi Urbani forse non vengono utilizzati nel migliore dei modi possibili. Sarà forse perché quei rifiuti sono anche liquidi e gassosi, ergo si ha bisogno di una nuova tassa specifica? Che non lo si dica a Tremonti, per carità! Quello, ormai è chiaro, più che Robin Hood è come il Superciuk di Max Bunker: toglie ai poveri – che sono brutti, sporchi e cattivi – per dare ai ricchi, che magari più belli non sono, ma più puliti e curati sì, anche perché fanno dono della loro spazzatura ai poverelli.
Ma cosa fa un baharioto per non stare costantemente in apnea? Una passeggiata ad Aspra, ovviamente. Il maestrale che sta rendendo quest’estate più clemente di altre, forse ci libererà le narici dai lezzi cittadini – depuratori permettendo. L’odore del mare. Il movimento incessante delle onde, il refrigerio, anche soltanto visivo, che sanno darti: quel mare che si muove anche di notte e non sta fermo mai, cantava Paolo Conte. E invece, orribile sorpresa, si arriva ad Aspra e si scopre che, sul lungomare, non c’è più il mare. O, meglio, non si vede più. Non è più apprezzabile allo sguardo.
Ora, si potrebbe obiettare, il danno non è di quelli epocali. E perché, risponderei volentieri al mio contraddittore? Forse che i vistosi cartelli con Divieto di Balneazione, che vogliono proteggerci da pericolosi assalti batterici, sono il viatico per toglierci anche il diritto di guardarlo il mare? Forse che ridurre il lungomare a uno stretto corridoio circondato e oppresso da brutte bancarelle di plastica chiamate Pagòde – che è anche un po’ blasfemo, no? pensate, se in India le chiamassero Cattedrali, cosa direbbero gli avversari del Relativismo in servizio effettivo permanente… – E' un incentivo al commercio locale? Vendere libri da mandare al macero? Offrire oggetti di varia natura indifferentemente al prezzo simbolico di un euro – perché tutti ugualmente inutili? Pesciolini colorati? Tremonti-Superciuk fa proseliti, purtroppo.
Ma la cosa che più colpisce ad Aspra– è inevitabile guardare basso, dato che l’orizzonte ci è precluso da un muro di plastica – è lo stato dei marciapiedi. Ricordo che la risistemazione del lungomare è avvenuta solo pochi anni or sono. Credo anche – ma è parere da profano, quindi sono pronto a fare ammenda – che il materiale usato per la pavimentazione sia molto simile a quello che si sta impiegando nei lavori di adeguamento ( o ammodernamento? o abbellimento?) di corso Umberto. E un brivido, rendendomene conto, mi sale lungo la schiena, dandomi finalmente quel refrigerio che il muro di plastica mi aveva negato.
Ad Aspra, quella pavimentazione è già irriconoscibile, incrostata di nero (chewing gum secche?) e puzzolente. Sarà così anche per il nuovo Corso Umberto semi-pedonale? Mi basta fare un giro l’indomani, per constatare che, a lavori non ancora terminati, già gran parte delle nuove basole è infettata di Chewing gum secche e nere come bubboni pestilenziali. Che fare? Suggerire alle autorità locali dei corsi di formazione, aperti a tutta la cittadinanza, di educazione alla masticazione dei derivati dal caucciù, prima di mettere mano a qualsiasi opera pubblica volta a portare ‘decoro et ornamento’ alla città? No, sarebbe la solita lamentatio degli eterni brontoloni.
È più saggio pensare che la natura dell’homo bahariotus è quella che è; e qui, nella città delle ville e dei mostri, la pedagogia è scienza più inesatta che altrove? Meglio, allora, constatare il lato positivo (bisogna sempre trovarne uno, altrimenti…): sul lungomare di Aspra, domenica scorsa, i bubboni di chewing gum, ammorbiditi dall’effetto serra del suk di plastica bianca, assicuravano una perfetta funzione antiscivolo.
Il mare non lo possiamo guardare più, ma, in compenso, non rischiamo di perdere contatto con la realtà che ci circonda. Cadaveri di chewing gum incautamente sputate nel corso degli anni ci tengono ben stretti al nostro paradiso di poveri.