Non manca solo il gonfalone: non c'è il sindaco, non c'è il presidente del consiglio, non c'è un solo assessore a dare l'ultimo saluto e il doveroso omaggio all'ultimo rappresentante di una famiglia di artigiani-artisti che hanno fatto conoscere Bagheria nel mondo, per essere stati interpreti elevati dell'arte popolare della pittura dei carretti e degni depositari di quella cultura immateriale che rende grande e universale l'identità di una comunità.
Avevano evidentemente altro da fare, o forse non hanno ben capito cosa significa essere guida politica ma anche morale e di valori, di una comunità difficile, complicata ma anche esaltante come è Bagheria.
Peccato, perchè alla fine i commenti di tutti i presenti hanno parlato solo di questo: della dura reprimenda di Padre Luciano, che ha parlato di una classe dirigente che rende giustizia ai propri figli migliori solo dopo morti, che non comprende che far crescere la cultura, intesa nell'accezione più ampia del termine, in una comunità debba essere il fine preminente di ogni politica e di ogni politico.
C'erano gli amici veri, come ha detto l'ex sindaco Biagio Sciortino, che ha brevemente ricordato la figura di Peppino Ducato in chiusura della cerimonia, c'era il sindaco di Santa Flavia, Antonio Napoli, c'era l'ex deputato regionale socialista Turi Lombardo, c'erano un gruppetto di esponenti politici del PID soprattutto, i consiglieri Gino Di Stefano e Francesco Gurrado, il consigliere provinciale Bartolo Di Salvo, il capogruppo del PD, Daniele Vella, e il consigliere comunale Mimmo Di Stefano, l'ex assessore Nino Mineo, e poi i familiari ed i vecchi e i veri amici: la gente di un tempo quelli che nel cuore e nella testa conservano "u scrusciu ri carrietti", i colori "ri masciddari" dipinti dai Ducato, i canti dei carrettieri e ancora sanno di "sidduni, suttapanza e pitturali "ormai nostagici custodi di un tempo andato.
Abbiamo rivisto Michele Aiello, nipore di Paolo Aiello "u siddunaru", e siddunaru e fantino tra i più acclamati alle corse di San Giuseppe, e quel mondo variopinto che attorno ai carretti ancora ruota.
Un nostro personale ricordo per salutare Peppino Ducato: allorchè, sarà stato il 1953 insieme ad uno dei fratelli, credo Nofriu, ci portò in Atrio Cavaliere, il nostro carretto nuovo fiammante, ancora fesco di vernice il cui odore sento nelle narici, e la stupita ammirazione di noi bambini di fronte a quei colori e a quelle immagini.
Su quel carretto andando a mare a Fondachello, al mulino dei Piraino o al pastificio Tomasello, o in campagna a Torremuzza trascorremmo larga parte della nostra fanciullezza.
Ricordo anche nella campagna elettorale amministrativa del 1968, un grande tabellone di propaganda 3 x 6 che fu dipinto dai fratelli Ducato e che fu sistemato su Corso Umberto all'angolo con il Corso Butera, proprio sopra la tabaccheria delle sorelle Viscuso.
C'era affrescato un operaio in abiti da lavoro che alzava un mazza enorme e si preparava a darla in testa al "borghese capitalista" raffiguratao da un signore corpulento cui uscivano dollari da tutte le tasche, che recava una grande scritta: "Diamo un colpo in testa alla speculazione".
I bagheresi allora non apprezzarono nè condivisero la nostra proposta.
Ed infine quella Battaglia sul Ponte dell'ammiraglio, realizzata dai fratelli Ducato ma controfirmata da Renato Guttuso, quel grande pannello pieghevole che stava su due robusti assi di legno e che accompagnò tutta la nostra militanza politica nel partito comunista.
Era diventato un pò il simbolo della nostra sezione, i nostri Penati, che ci portammo sempre dietro nelle nostre migrazioni da via Durante a via Pittalà, da via Farina a via Trabia e che veniva sistemato sulla parete della stanza più grande, quella dove si tenevano le assemblee.
A proposito che fine ha fatto?
ANGELO GARGANO
La foto di copertina è uno scatto di NINO BELLIA
Padre Luciano al funerale di Ducato: dov'è il gonfalone del Comune?
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