L'arresto di Tony Lo Coco: sullo sfondo il terremoto degli equilibri mafiosi a Bagheria

L'arresto di Tony Lo Coco: sullo sfondo il terremoto degli equilibri mafiosi a Bagheria

cronaca
Typography

Si è costituito, accompagnato dal suo avvocato, presso il carcere 'Cavallacci' di Termini Imerese Tony Bartolo Lo Coco, il quarantaduenne flavese gestore del locale 'All'ancora' una delle trattorie di pesce più frequentate e apprezzate del territorio.

Solo pochi giorni di irreperibilità, ma adesso dovrà spiegare parecchie cose agli inquirenti, carabinieri e magistrati. A partire dalla detenzione di quella Beretta cal. 9 corta, risultata rubata nel mese di agosto dello scorso anno ad un agente della Polizia municipale palermitana e, chissà come, finita nelle sua disponibilità.

Ed ancora dovrà spiegare a cosa serviva quell'ambiente insonorizzato, sotto la trattoria, in cui sono stati rinvenuti proiettili e bossoli esplosi. Lo Coco nel 2007 aveva avuto a che fare con la giustizia nell'ambito di arresti per mafia nel territorio di Bagheria, ma dall'inchiesta era uscito quasi subito, perchè considerato figura marginale negli organigrammi di cosa nostra nel territorio.

In un articolo a firma di Leopoldo Gargano sul Giornale di Sicilia di oggi vengono avanzate delle ipotesi, su questa operazione mirata,  quasi 'chirurgica' , del Nucleo Investigativo Provinciale dei Carabinieri, che sono andati a colpo sicuro.

Sapevano cosa cercare e l'hanno trovato: e non può non essere fatto  un collegamento alla recente operazione Argo, che ha fatto emergere una vitalità imprevista di cosa nostra nel territorio di Bagheria, quasi impensabile dopo gli arresti avvenuti negli ultimi anni di quasi tutti i capicosca.

Una vitalità soprattutto nel campo del pizzo e delle estorsioni che hanno visto anche Santa Flavia coinvolta sia come figure di uomini di mafia che come terreno privilegiato per le incursioni degli esattori delle cosche, per la presenza di un settore 'ricco' quale quello del mercato del pesce che fa gola a tanti.

E poi il duplice omicidio dei due ispano-canadesi Paz e Pimentel secondo il racconto del collaborante Giuseppe Carbone, opera dei due fratelli, Scaduto Pietro e Salvatore.

Evidentemente il racconto di Carbone, primo grosso pentito del mandamento mafioso di Bagheria, che come è noto comprende anche le 'famiglie' di Casteldaccia, Santa Flavia, Altavilla, e più di recente anche Ficarazzi e Villabate,  ha attivato tutta una serie di filoni investigativi le cui risultanze si potranno vedere solo fra qualche mese, mentre rimane sempre un mistero la scomparsa volontaria di Carmelo Bartolone, che dopo avere tentato di 'allargarsi', aveva capito che per lui a Bagheria non tirava più una buona aria.