Il 6 aprile del 2009 la terra tremò in Abruzzo, all'Aquila in particolare: morti e distruzione.
Colpirono l'opinione pubblica soprattutto quegli otto ragazzi morti nel crollo della Casa dello studente, a causa della rapacità di costruttori disonesti.
Dalle Alpi a Pachino, come sempre succede quando accadono queste catastrofi, gli italiani tirarono fuori il meglio di sè stessi, quanto a spirito di sacrificio e generosità d'animo.
Qualche giorno dopo quel tragico 6 aprile si riuniva a Bagheria il consiglio comunale, e come giustamente avviene in queste circostanze i consiglieri in rappresentanza dei vari partiti si associarono al dolore delle popolazioni colpite: interventi commossi dei capigruppo, il minuto di raccoglimento per onorare le vittime, e poi come gesto di forte valore simbolico votarono un documento, (non ricordiamo se mozione oppure ordine del giorno), in cui all'unanimità dei presenti veniva deciso di devolvere il gettone di presenza di quella seduta (poco meno di 60 euro per consigliere) ai familiari delle vittime; complessivamente più o meno 1300/1500 euro.
Bel gesto, più di valore simbolico che di sostanza, però importante per testimoniare una vicinanza non banale e non formale al dramma che aveva colpito le popolazioni d'Abruzzo.
Parecchio tempo dopo, per puro caso, chiedemmo al dipendente responsabile, quanto avesse mandato il comune di Bagheria alle vittime del terremoto, frutto della sensibilità d'animo dei nostri consiglieri comunali.
L'impiegato comunale ci guardava stranito, non capiva di cosa stavamo parlando. Abbiamo cercato di spiegarci, ricordando quel voto del consiglio che destinava il gettone di presenza ai terremotati
L'impiegato ci disse:"Che io sappia nessun consigliere è venuto a firmare la delega per trattenere il gettone di presenza di quella seduta per destinarlo ai terremotati. Può darsi che l'abbiano data ad un altro collega."
Rapida ricerca negli uffici: non salta fuori neanche una delega alla rinuncia del gettone a favore dei terremotati da parte di alcun consigliere.
Per farla breve: nessun consigliere aveva fatto seguire all'impegno assunto solennemente con un voto in consiglio, il "trascurabile"dettaglio di dare seguito, come sarebbe stato necessario, con un atto formale alla rinuncia al gettone decisa in aula.
Qualcuno tra i consiglieri più giovani, magari non sapeva che avrebbe dovuto fare l'atto formale di rinuncia per "perfezionare" quel voto che era una semplice manifestazione di volontà, qualche altro lo avrà veramente dimenticato, alcuni però hanno fatto i furbi.
E ad fare i furbi su queste cose c'è solo da vergognarsi.
Un fatto piccolo, piccolissimo, un peccato veniale in fondo.
Perché lo raccontiamo allora?
Perché un fatto così piccolo, ci dice invece moltissimo sul modo di rispettare la propria parola e della forbice che passa tra le declamazioni in consiglio "coram populo" e i comportamenti concreti, non da parte di tutti naturalmente, ma di una buona parte dei rappresentanti del popolo.
Pronti a scusarci con chi ci dimostrerà che ci siamo sbagliati.