Attualità

Dopo un contenzioso, durato diversi anni, è arrivata a conclusione la vicenda legata al passaggio che consenta l’accesso ad un patrimonio naturalistico quale l'ARCO AZZURRO. L’arco rappresenta ciò che rimane dal crollo della volta di una grotta marina, in seguito all’abbassamento del livello del mare; questa struttura geologica è posta a 11 m s.l.m e collega le due sponde che un tempo costituivano le pareti della grotta sottomarina.

L'Arco Azzurro è stato simbolo negli anni '70 di una famosa azienda di cioccolatini che lo ha utilizzato per pubblicizzare il suo prodotto. Il sito, conosciuto in tutto il mondo, è stato oggetto recentemente di un intervento di consolidamento, oltre al fatto che si è proceduto alla demolizione di un immobile, costruito a ridosso dell’arco, appartenente ad un esponente di Cosa Nostra, realizzando una terrazza che si affaccia sull’arco. 

Nei prossimi, giorni dopo anni di controversie giuridiche con alcuni residenti della zona che ne impedivano l’accesso, si sottoscriverà la convenzione che pone fine ad anni di contenzioso. Per tale occasione invitiamo l’amministrazione ad adoperarsi nel più breve tempo possibile, affinchè l’accesso all’arco sia reso fruibile a coloro i quali avranno voglia di visitare il sito, senza accettare limiti che possano consentire l’accesso solo a pochi privilegiati.

Le caratteristiche del luogo, debitamente attrezzato, si prestano a poter offrire alla città un sito dove poter organizzare eventi culturali estivi di grande richiamo, nella meravigliosa cornice di un teatro all’aperto con vista sull’arco. A corredo del lavoro già svolto, si suggerisce la realizzazione di un opera, da inserire nel prossimo piano triennale opere pubbliche in corso di definizione, quale la realizzazione di un percorso naturalistico, che colleghi la zona lato mare di Mongerbino a Capo Zafferano, per poter dare ai nostri concittadini la possibilità di visitare le bellezze della nostra costa in quella che può essere definita una oasi naturale. Si ringrazia l’ufficio urbanistica per l’ottimo lavoro svolto e l’assistenza fornita alle varie amministrazioni che si sono susseguite per la definizione della vicenda.


         Il Consigliere Comunale
             Mimmo Di Stefano
 

Affrontare le proprie paure è sicuramente qualcosa che bisognerebbe fare sempre, non così ovvia e neanche tanto facile.

Quanto più evitiamo quello di cui abbiamo timore tanto più “nutriamo” le paure che sono alla base delle nostre insicurezze.

Schivare le situazioni che ci fanno stare in ansia è molto comodo infatti, perché così facendo abbiamo la sensazione di stare bene. Ma è solo un’illusione temporanea. Così facendo non risolveremo di certo i nostri problemi.

Alle volte certe paure possono essere così forti che poterle affrontare da soli risulta quasi impossibile, senza l’aiuto di una persona che in qualche modo ci sostenga.
Eppure, nelle maggior parte dei casi tutti noi disponiamo di ciò che ci serve per superare da soli le nostre ansie e le nostre insicurezze.

Semplicemente dovremmo avere maggiore fiducia in noi stessi, lasciar andare i pensieri negativi e dare maggiore libertà alla nostra parte più forte e creativa. Il terapeuta in questi casi, facilità il cambio di prospettiva, ci può aiutare a vedere le cose in modo nuovo e a indirizzarci bene nel percorso verso il benessere psicofisico.

Partendo quindi dall’assunto che per superare una paura devi conoscere ciò che ti fa paura è possibile affrontare le situazioni più difficili in modo graduale, partendo cioè da quelle che suscitano in noi un più basso livello di ansia e via via giocare al rialzo, fino ad affrontare le situazioni che comportano il massimo grado di ansia.

Con la tecnica dell’esposizione una persona affronta quindi gradualmente certe situazioni che vengono ordinate in modo gerarchico, cominciando da quelle che suscitano meno ansia e completando il percorso con quelle diciamo più toste. Nel trattamento delle fobie questa tecnica risulta molto efficace.

Immaginiamo che una persona abbia una estrema paura dell’ascensore, tanto da evitarne assolutamente la permanenza ed il suo utilizzo. Con l’esposizione è possibile aiutare la persona non solo a salire sull’ascensore, ma a diminuire l’ansia collegata e ad aumentare la durata dell’utilizzo. Così all’inizio l’ascensore servirà per salire un solo piano, partendo ad esempio dal piano terra verso il primo piano. Successivamente si potranno percorrere tutti i piani dell’edificio, fino all’ultimo.

Lavorando in questo modo le persone vengono aiutate attraverso un percorso che consente nuovi apprendimenti.

Dott. Francesco Greco
Tel. 392 2965686
http://www.consulenzapsicologicaonline.blogspot.it
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Il Dott. Francesco Greco, Psicologo e Psicoterapeuta, è specialista in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale. Svolge attività clinica per i disturbi d'ansia, depressione, disturbi dello sviluppo, consulenza di coppia e familiare a Bagheria (Pa).
 

Di li a poco ci immettiamo nel cammino, anzi nel “camino”. Questo si presenta sterrato, poi pietroso, poi in pendenza, poi saliamo a piedi (“ma sarà tutto così? ***zo!)

Cominciamo ad incontrare i pellegrini, quelle figure andanti sotto uno zaino diverranno familiari per giorni.
La salita ci porta con fatica al “Punto del perdono”, la via è un sigle track pieno di insidie e persino poco pedonabile; ci accorgiamo della pesantezza delle bici che con le borse posteriori piene in salita arrampano.
Poco prima di giungere alla vetta un tizio ci viene incontro e ci aiuta a spingere le bici, è un volontario del 'camino'. Sulla vetta conosciamo un uomo che ha fatto il camino, poi ha lasciato tutto e ora “viaggia” col suo camper aiutando i pellegrini, moderno templare a difesa dei nuovi pellegrini.
Strana gente si incontra nel camino.
Uomini e donne, vecchi e ragazzi.
Ognuno col suo fardello di vita, le sue esperienze, le sue motivazioni. La domanda più frequente è “ perché lo fai? ”
Io non lo so, so che dovevo farlo.
Ora le giustificazioni per averlo fatto sono tante, nel senso che tante cose ha portato fuori il camino, cose nascoste dentro, capacità non conosciute.
Ora i sogni stessi hanno dimensioni e spessori diversi.
La gente di fuori fa parte di me! Forse è questa la scoperta più grande. Che siamo tutti alla ricerca di qualcosa in questo mondo, in questa vita. E non c’è solo il giorno uguale ad un altro, il ciclo del lavoro, alzati vai lavora guadagna compra…discorsi del cazzo pure questi.
No, c’è altro!
C’è il fermarsi, il camminare per vie più dure, accanto a quelle più facili, lì accanto.
Salire e scendere invece di tagliare, di accorciare. Il camino contro la carrettiera; e scopri chi sei durante, nel vivere; le tentazioni sono più forti quando si soffre; il camino è sofferenza, e mentre cresce la voglia di riposarsi, di prendere fiato, tu devi andare, giorno dopo giorno, come nella vita.
Questo è il camino: è la vita; non è niente di più.
Solo che qui la vita la vedi nuda, senza fronzoli. La mangi, la respiri, la pedali.
Ecco perché l’ho fatto! È facile ora!
Ora so una cosa, che ho fatto una scelta, e in cambio ho ricevuto in dono più di quanto ho dato.
Proprio come chi ama veramente, e dall’amore viene nutrito di amore.
Si perde nel camino, si perde peso e si perdono le paure che ora si guardano col sudore in fronte.
Si impara nel camino, a guardare le frecce, a cercarle, come segni indicatori della giusta via.
È così, così è nella vita. Si cercano i segni per capire dove andare, cercando cercando la via.
E qui, cercando, impari a vedere di più, a fermarti, a respirare…a sentirti.

altAnche il fatto di averlo condiviso mi ha dato la possibilità di sperimentare la vita di coppia: nei momenti duri ogni risorsa era di entrambi. Condividerla era sedersi allo stesso tavolo e ricevere insieme e andare insieme.

Abbiamo valicato monti che immaginavamo insormontabili, invece, eccoci qui.
L’abbiamo fatto. E possiamo fare molto di più, ognuno con le sue vette da superare. Nello stesso cammino.
E ogni ostacolo è in realtà una prova ben diversa da quella che appare prima, durante, dopo sempre. È questo vivere il cammini; non è un mordi e fuggi: ti “devi” fermare e guardandoti intorno guardare te stesso nel mondo.
Potevo correre, farlo in molti meno giorni ma non avrei capito.
Potevo tagliare ma ….cosa avrei “visto”?

E non parlo di occhi ma del respiro corto dopo ogni salita, della forza che senti crescere dentro la persona che ami ogni volta che si supera un giorno; lo sguardo di chi lo fa a piedi, con i piedi gonfi, tagliati, lacerati, sanguinanti, eppure lì; il passo lento di chi resta senza acqua (cosa che capita solo a chi va a piedi) e ancora non trova “facile” aggrapparsi alla tua borraccia; “bevi cazzo, bevi, io posso resistere, io posso andare!”
Accettare il destino. Ne abbiamo paura sia che esso venga a riempirci le vele, sia esso un vento contrario.
Accettare è il camino. Imparare a sapere attendere la sua piena evoluzione.
Abbiamo sperimentato come la vita nasconda le sue sorprese nelle cose più strane: per stare bene non serve un divano in pelle, l’aria condizionata, …per vivere meglio ci è servito che una nuvola piccola piccola si frapponesse tra noi ed il sole di agosto nella meseta…e allora pedalare è stato “possibile”, perfino bello.
Abbiamo sperimentato che a sperare c’è più gusto nel vivere. Porsi positivamente, senza fronzoli new age o esaltazioni mistiche.
Il giorno a Pamplona Anna ci ha donato ciò che ci serviva, ma che noi nemmeno speravamo: un tetto, un abbraccio.
Il giorno dopo al Punto del Perdono, alla fine di una salita molto pesante coloro che ci hanno aiutato erano uomini liberi che a loro tempo hanno ricevuto dal camino e che ora a chi lo percorre si offrono, volontari del cuore.
Dal punto del Perdono inizia la discesa per Puente la Reina, laddove tutti i cammini diventano uno.
Il parroco ci vede in fila davanti all’albergue, è il primo che incontriamo, ci chiama e ci invita a seguirlo in chiesa dove ci appone il primo sellos della nostra carta del pellegrino. Ripartiamo carichi di emozione, andiamo, andiamo.

Il pranzo lo consumiamo in un paesino: nella piazzetta triangolare all’entrata ci buttiamo letteralmente a terra a riposare: Claudia dorme ed io riposo, diventerà una abitudine la siesta dall’una alle quattro; e poi il sole è troppo forte; riusciremo comunque ad avere ottime medie, senza correre…ecco, durante i primi giorni avevo la costante brama di arrivare, di mettere il minore spazio possibile tra me e Santiago; poi, grazie alla presenza di Claudia, ho rallentato, e alla smania di finire si è sostituito il desiderio di scoprire.

Nel tardo pomeriggio arriviamo a Estella, attraversiamo il fiume ed ammiriamo il fronte di una splendida Chiesa catalana; l’albergue nel paesino è pieno, ma ce né uno all’uscita; lo raggiungiamo e ci sistemiamo per la notte: siamo dentro un palazzotto per lo sport che durante la stagione estiva serve da albergue, con materassi a terra ma in perfetta pulizia.

altMangiamo nel piccolo ristorante dentro al palazzotto, gustando una ottima insalata (era proprio quello che il corpo desiderava). Fuori facciamo una passeggiata raccogliendo more; al ritorno in albergue conosciamo persone nuove: un uomo lumbard con una panza enorme che cinque anni prima aveva iniziato e non finito il camino con suo figlio, ora suo figlio è morto e lui è lì, nel camino, insieme a suo figlio. C’è pure un professore francese, ha problemi a camminare per una malformazione, trasmette una forza e una fascino non da poco, condividiamo le more e poche parole, a volte ne bastano davvero poche.

Secondo giorno di camino (Estella / Ventosa)

Ci alziamo presto svegliati da un concerto di musica classica in crescendo, il più bel risveglio del camino. Dopo una buona colazione, sistemate le borse in bici siamo pronti a partire. Di mattina c’è parecchio freddo. Siamo nei campi a vigna della Roja, in continuo leggero saliscendi, la strada è uno sterrato facile, senza buche…solo il vento e nuvole sempre più scure che ci lasciano col dubbio: terrà il sereno?
Visitiamo i vari paesi, fermandoci ogni tanto a rifocillarci. Bellissima la cattedrale di Viana. Conosciamo tanti pellegrini, con alcuni ci rivediamo lungo la strada, per molti altri il primo sarà l’unico incontro.

In discesa raggiungiamo la bellissima Logrono…il tempo peggiora…all’uscita della città ci fermiamo in un supermercato, Claudia entra a comprare qualcosa, quando esce mi trova seduto a terra col poncho antiacqua sotto un temporale. Pranziamo davanti al supermercato con Martin e Spiona, due bici-pellegrini spagnoli.
Partiamo appena smette di piovere, il tratto di strada che ci aspetta è bellissimo: il camino è un viale alberato pianeggiante a tratti asfaltato, con tanto di piante e laghetto.

Arriviamo così a Navarrete, dove riposiamo all’ombra di un portico medioevale. Il sello all’albergue è d’obbligo. Vorremo raggiungere Najera, ma il destino ha deciso altrimenti.

Ripartiamo e subito sentiamo arrivare un vento strano, freddoso e umido, la pioggia sta tornando. Siamo tra i vigneti, stanchi e dolenti, i segnali dicono che si può fare una deviazione per Ventosa. Andiamo lì. Claudia è allo stremo…uniamo le nostre forze e arriviamo nel minuscolo paesino che ha il nome del tempo che fa. Le mie gambe sono due pezzi di legno, non mi lamento e loro non possono gridare, se lo facessero mi manderebbero in un altro paese: gli ultimi km hanno portato me, i miei bagagli, Claudia ed i suoi bagagli…  

....CONTINUA

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Michelangelo Testa

 

 

 

Comincia a dare i primi frutti quella sinergia tra associazioni, privati cittadini o condomìni, con la pubblica amministrazione per curare il decoro degli spazi pubblici: ed occorre dire che le iniziative in questo seno si moltiplicano.

Da Aspra, dove i volontari di Associazione futura hanno ripulito l'area del parco giochi in piazza Padre Pio, a Bagheria, dove sta crescendo le disponibilità per la cura e la manutenzione del verde di aree pubbiche. Oggi protagonista di questo processo di rinascita è piazza Butera, già ripulita qualche giorno fa dagli attivisti del Partito democratico che hanno organizzato proprio in questa piazza le iniziative politiche e di intrattenimento legate alla Festa de L'Unità. 

A renderlo noto l'Ufficio stampa del comune che informa che con delibera di Giunta n. 41 del 26 settembre 2014 l’amministrazione comunale ha approvato un protocollo di intesta sottoscritto dal sindaco Patrizio Cinque e il presidente del Rotary club di Bagheria, Michele Abbate, che prevede la donazione da parte dello stesso di una struttura di gioco per bambini per la valorizzazione di piazza Butera.

Era già intendimento dell’amministrazione valorizzare la piazza, da dedicare prevalentemente ai bambini, avviando una serie di iniziative volte a rivalutare questo bene comune, intendimento anche del Club del Rotary bagherese che ha proposto la propria collaborazione all’amministrazione per migliorare piazza Butera quale centro di aggregazione e svago.

Il Rotary si occuperà invece della manutenzione annuale o straordinaria delle attrezzature ludiche donate garantendone la fruibilità.

L'assessore alla Cultura e Pubblica Istruzione, Rosanna Balistreri, ha dichiarato: “Ringrazio il Rotary cittadino per questa donazione, azioni come quella di questa associazione mostrano come la città tenga ai suoi spazi pubblici, soprattutto se si tratta di progetti rivolti all’infanzia. Siamo aperti a tutte le possibili sinergie attuabili per la valorizzazione di questa zona come di altre”.

 

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