Attualità

Il Museo Guttuso riaprirà presto”, queste le parole del sindaco Patrizio Cinque, alla fine del Consiglio Comunale di ieri, 10 dicembre 2014,

Il Museo dedicato al Maestro Renato Guttuso è rientrato in un piano che impone al Comune di Bagheria, visto il dissesto finanziario, un risparmio sui servizi.

Non possiamo chiedere ai cittadini di fare sacrifici per mantenere un Museo che fino ad oggi non ha funzionato come doveva e che costava all’ente 480.000 euro l’anno, con un’entrata di soli 20.000 euro”.

Ed infatti gli interventi in aula dei consiglieri del MoVimento Cinque Stelle si sono indirizzati proprio sugli sprechi e sui punti oscuri legati alla gestione del Museo Guttuso.
Il consigliere Giusy Chiello ci ha spiegato come la cattiva gestione del Museo non sia proprio una novità e ci fa notare come già da tempi non sospetti si parlava nelle testate giornalistiche di una concentrazione di potere sempre nelle medesime mani, ci parla di cultura per la politica ed auspica ad una politica per la cultura.

Il consigliere Marco Maggiore, a fronte dei numerosi interventi di opposizione che decantavano le lodi delle numerose mostre presenti al museo, ci ha messo di fronte al grande sperpero di una mostra costata 140 mila euro, realizzata da un'associazione di cui oggi non si sa nulla, quell'anno il museo ha visto appena nove mila visitatori. Ha confrontato questi dati con una mostra dello stesso anno tenutasi a Rimini costata 15 mila euro, il museo di Rimini quell'anno ha avuto otre cento mila visitatori.

Il consigliere Filippo Castelli ci ha raccontato come l'accordo transattivo che regola la donazione dei quadri di Guttuso, già donati in vita al Comune di Bagheria dal maestro stesso, sia particolarmente aggressivo e restrittivo nei confronti dell'Ente.

Il consigliere Sergio Giuliana ci porta la voce di un inglese in visita al Museo Guttuso, un inglese che chiede al suo premier di non dare soldi all'Europa perchè in Europa i soldi poi finiscono in musei come il nostro.

Il consigliere Romina Aiello invece si fa portavoce di due artisti che tra il 2002 e il 2012 hanno donato opere al Comune di Bagheria col presupposto di vederle esposte al Museo ma non le hanno mai viste e nonostante le numerose richieste di spiegazioni non hanno mai ricevuto risposta. Il consigliere ha esortato la giunta a verificare i fatti in questione al fine di poter dare risposta all'erede di Pellitteri ed al fotografo Bellia esortando l'assessore Balistreri a far rispettare i patti allora presi dalle precedenti amministrazioni con queste persone, pur bagheresi e degne di nota e rispetto tanto quanto il maestro Guttuso.

Anche il consigliere Francesco Paladino si fa portavoce di un altro artista bagherese, Giovanni Bartolone, che ha donato alla galleria cittadina ne 1971 sette delle sue opere, mentre il figlio durante una mostra ha notato la strana assenza di uno di questi.

Il consigliere Francesco D'Anna esorta alla collaborazione per il bene comune invitando i consiglieri di opposizione ad evitare le continue illazioni che sempre si susseguono durante i consigli comunali.

Mentre il consigliere Alba Aiello ci ha ricordato la barzelletta del museo chiuso per disinfestazione mentre all'interno si celebrava un matrimonio.
Definire allegra una simile gestione è quasi un complimento e ripartire da zero appare quasi un obbligo.

“L’obiettivo per la rivalutazione del Museo –dichiara l’Assessore Rosanna Balistreri- è quello di trovare una figura manageriale esperta nell’ambito culturale, tramite un bando di concorso, che riesca a gestire il bene facendo profitto, e magari dando la possibilità anche a giovani laureati di lavorare all’interno di un museo prestigioso, come il nostro. Il nostro museo dovrà essere conosciuto in tutto il mondo e i turisti dovranno aumentare di molto. Si tratta di un progetto, inoltre, che riguarda la valorizzazione artistico-culturale dei beni monumentali e non della città di Bagheria”

“Riapriremo il Museo Guttuso con una riduzione dei costi. –Conclude il sindaco Patrizio Cinque- Non appena saranno pronti gli atti, il personale ASU comincerà a lavorare a Villa Cattolica, e questa scelta porterà ad un risparmio sui costi del Museo Guttuso. Sarà, inoltre, istituito un ufficio cultura, che riguarderà non solo il Museo Guttuso, ma la gestione di tutti i beni culturali della città di Bagheria”.

La politica per la cultura comincerà presto a dare i suoi frutti.

 

COMUNICATO   STAMPA   DEL  MOVIMENTO  5  STELLA  BAGHERIA

 

La storia riferitaci da una persona assolutamente sana di mente con ricordi e riferimenti lucidi e circostanziati, si può solo definire assurda, incredibile, paradossale. Siamo adusi a ripetere che queste cose accadono nella terra di Pirandello, ma quà siamo di fronte anche a un giallo che non sappiamo se e come si potrà risolvere, ma che una conclusione dovrà assolutamente averla, perchè i morti da soli non camminano. La storia che ci è stata raccontata dalla signora Giuseppina Caruso nasce nel cimitero di Bagheria, venuto a febbraio alla ribalta per i noti motivi, e si alimenta tra le pieghe di una burocrazia che sembra rimandare all'epoca zarista.

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Allora signora Caruso ci racconti...

"Il 3 Novembre sono venuta al cimitero a portare i fiori presso la tomba di mia madre. Quando a febbraio erano accaduti quei fatti incresciosi che mezzo mondo conosce, ero già venuta a controllare mia madre, che è morta nel 2007, e mia sorella. Li ho ritrovati nel posto dove erano stati seppelliti. Sono tornata poi ad agosto ed ancora il 3 novembre perchè durante la ricorrenza dei defunti non ero a Bagheria.

E cosa ha trovato ?

Quando sono venuta lo scorso mese, non appena mi sono fermata davanti il loculo di mia madre, ho alzato gli occhi e ho visto la foto di un altro signore e mi sono chiesta cosa ci facesse lì, e in quell'attimo lì per lì  ho pensato di aver sbagliato loculo. Il loculo dove avrebbe dovuto esserci mia madre mostrava chiaramente manomessa la lastra di ardesia dove era appiccicata un'altra foto di tale signor Lanza.

Quale è stata la sua prima reazione ?

Ho gridato, ho chiamato mio marito che era rimasto dentro la macchina sul viale. Mio marito mi ha detto di stare calma e siamo andati in portineria a chiedere spiegazioni al responsabile: il signor Bartolo Di Matteo. Il quale ci ha riferito che avevano bruciato la stanza con i documenti e rubati i computer. Non erano, quindi, in grado di dirci nulla su mia madre. Ho chiesto ulteriori spiegazioni perchè era assurdo che non sapessero nulla visto che mia madre da lì era stata portata via di recente"

E' sicuro che all'interno del loculo ci fosse questo signor Lanza?

"Si è sicuro, il sindaco stesso in seguito alle mie denunce farà aprire quel loculo e la bara è stata"identificata". Ho chiamato i carabinieri, ai quali il signor Di Matteo ha spiegato le stesse cose dette a me. Mi hanno detto di presentare una denuncia. Il maresciallo Pace mi ha suggerito di parlare con la dottoressa Laura Picciurro quale interessata del cimitero. Sono andata al comune dalla dottoressa Picciurro alla quale ho spiegato la situazione. Mi ha detto: "signora, ma non penso sia possibile che una figlia si scordi dove è sepolta la madre", perchè i carabinieri mi avevano detto che forse mi ero sbagliata. La dottoressa mi ha chiesto il numero di telefono, assicurandomi che avrebbe fatto le opportune indagini.

Ed invece accade un primo colpo di scena...

Quando stavo per uscire dall'ufficio  della dr.ssa abbiamo incontrato il signor Di Matteo che, con le braccia alzate, gesticolava verso  me e mio marito dicendoci che non dovevamo chiamare i carabinieri e, invece, dovevamo andare al cimitero che mia madre era lì.

E' rimasta sopresa ....

Ovviamente, ed ho interrogato con gli occhi mio marito, domandandomi se per caso mia madre non fosse stata riportata al suo posto, e siamo tornati al cimitero. Ma una volta arrivata ho constatato che la situazione era la stessa: mia madre non era nel suo loculo. Mi sono chiesta cosa volesse dire il signor Di Matteo, che intanto si stava avvicinando con quattro operai del cimitero.

"Rimbambiti - ci urlava- non vi ricordate neanche dov' è messa vostra madre, camminate con me, rimbambiti, che ve lo faccio vedere io dov'è vostra madre". E ci porta in un altro loculo nel corridoio dall'altra parte  della strada, ad una ventina di metri di distanza, sempre al loculo n° 180 dove c'era  la fotografia di mia mamma. 

Un particolare però l'ha colpita ?

Sì certo: io al responsabile del cimitero avevo sempre detto che era scomparsa mia madre ma  non avevo mai detto, al signor Di Matteo chi è mia madre, quando è morta. Chi gli ha dato la sua foto? Questo è il mio tormento: come l'ha saputo? L'ho invitato ad aprire il loculo per verificare se mia madre fosse lì. per me andava bene lo stesso l'importante era aver ritrovato le spoglie di mia madre. Peraltro, la foto non era quella che c'era prima. Il signor Di Matteo mi ha detto che non avrebbe aperto il loculo. "Gli porti i fiori lì a sua madre"- continuava a ripetermi.

Ho chiamato nuovamente i carabinieri che sono ritornati. Il signor Di Matteo ha detto loro che mi ero sbagliata e che mia madre era lì. I carabinieri hanno invitato il signor Di Matteo ad aprire il loculo, ma lui si è rifiutato e quando i militari gli hanno chiesto cosa dovessi fare per ottenere l'apertura del loculo per una verifica, lui ha risposto che non lo sapeva. Uno dei carabinieri mi ha invitato a ritornare dalla Picciurro ed esporre la situazione.

altE Lei ritorna ancora al comune in piazza Indipendenza...

La mattina seguente, alle nove, mi sono recata al Comune ma il portiere mi ha detto che la dottoressa Picciurro era impegnata. Io ho risposto che avrei aspettato finchè non si fosse liberata. Attorno alle 10. 30 è sceso un signore dicendo che l'impegno della Picciurro andava per le lunghe visto che stava parlando col signor Di Matteo. Io ho pensato che si stessero mettendo d'accordo. Attorno a mezzogiorno sono salita e mentre ero sulle scale ho visto il signor Di Matteo inflilarsi in una stanza e chiudersi lì. Appena entro nell'ufficio della dottoressa mi sento dire: "Signora lei si è sbagliata, sua madre è stata sempre lì".

Ho chiesto quando avesse fatto le sue indagini. "Io ho fatto le mie indagini - mi risponde - quella che si sbaglia è lei il posto di sua madre è stato sempre la". A questo punto ho chiesto che mi venisse rilasciato un foglio autorizzativo per poter aprire il loculo. "Se lo può scordare"- mi risponde la dottoressa Picciurro. Me ne sono andata arrabbiata. Mi sono recata dai carabinieri ai quali ho raccontato tutto, e che mi hanno fatto presentare un'altra denuncia

A questo punto della storia cosa succede? 

"Sono andata a protocollare un foglio con il quale chiedevo di poter aprire il loculo di mia madre. Dopo dieci giorni, non avendo ricevuto alcuna risposta, sono andata ancora dalla dottoressa Picciurro, che non ci ha fatto nemmeno entrare. Ci ha fatto dire da un impiegato che avrei dovuto aspettare una sua comunicazione a casa: "ma io il consenso non glielo dò" era la risposta. Non ricevendo alcuna risposta da questa dottoressa sono andata in cerca del sindaco Patrizio Cinque. Mi ha ricevuta, molto cordialmente e mi ha invitato a recarmi al cimitero la mattina seguente: "Però non entri- mi ha raccomandato - entrerà quando verrò io con due assessori. Apriremo il loculo".

Cosa accadde al cimitero? 

L'indomani mi reco al cimitero, arriva anche il sindaco al quale non volevano dare il consenso per aprire il loculo. C'era un impiegato perchè il signor Di Matteo si era messo in malattia.  Il sindaco ha chiamato la dottoressa Picciurro dicendo che siccome è il primo cittadino aveva diritto ad aprire il loculo. Ottenuto il consenso abbiamo aperto la tomba e ci siamo accorti che  la bara non era quella di mia madre, ma era una bara vecchia di 30 anni, con altro nome, ed a confermarlo c'è stato anche il signor Mineo dell'Agenzia di pompe funebri che aveva fatto il fumerale di mia madre, e che non ha riconosciuto la bara come propria. Mi sono messa a piangere, avevo sperato fosse li. Il sindaco ha pensato di aprire il loculo dove era sepolta mia madre prima. Ma all'interno c'era il signor Lanza, che aveva avuto quel loculo, come poi abbiamo appreso, dall'assistenza sociale..

Cosa ha fatto il sindaco?

Il sindaco ha chiamato i carabinieri e gli ha spiegato tutto. Hanno fatto le foto, io mi sono recata al Comando per presentare un'altra denuncia

Sua madre però non si trova

"No, non si trova. Il signor Antonino Mineo, che ha fatto i funerali di mia madre, mi ha detto che ci sono 20 loculi che da temporanei sono diventati definitivi, però non sanno chi sono e chi non sono. Mi ha poi spiegato che bisognava aprirli uno per uno e controllare. Ma per fare ciò occorre un autorizzazione che non ci hanno voluto dare. Mio marito, allora, ha telefonato al sindaco il quale ha spiegato che non poteva essere rilasciata la relativa autorizzazione "perchè i registri sono sequestrati dai carabinieri"
 

Quale è l'appello che vuole fare...

"Io chiedo una sola cosa: che intanto mi venga data la possibilità di cercare mia madre, che si facciano le ricerche; io da quel 3 novembre non vivo più, non dormo, penso continuamente  a mia madre ed il pensiero che sia buttata da qualche parte, non mi dà pace. Io ho il diritto di sapere dove è andata a finire la bara con le spoglie di mia madre. Non stiamo parlando di fatti di trenta, quaranta anni fa, parliamo di fatti recenti; qualcuno sa sicuramente quello che è accaduto ed ha il dovere di parlare. Io non mi fermerò di fronte a nulla, sin quando non conoscerò la verità'".

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N.B. Abbiamo chiesto ai protagonisti di questa vicenda che vengono tirati in ballo dalla signora Caruso una loro versione di fatti: la dr.ssa Laura Picciurro, responsabile del settore ci ha risposto che sin quando c'è una indagine dei Carabinieri in corso non intende fare alcuna dichiarazione, mentre Bartolo Di Matteo è in malattia ed al telefonino di servizio non ha mai risposto alle nostre chiamate. Restiamo naturalmente disponibili ad ospitare la loro ricostruzione dei fatti.  angelo gargano, direttore responsabile di bagherianews.com

 

Il Tribunale di Termini Imerese, sez. penale presieduta dal dr.Pitarresi, ha assolto dalla accusa di abuso di ufficio, gli ex presidenti del Coinres Gianni Granata e Raffaele Loddo, oltre all'ex direttore generale del Consorzio Riccardo Incagnone, con la motivazione che il fatto non costituisce reato. In poche parole sono state rispettate le leggi e le norme derivanti  da accordi e da contratti che regolavano la materia.

L'accusa si riferiva ai trasferimenti operati all'esordio all'attività del Consorzio di personale LSU, comunale e proveniente da gestori privati che avevano operato nel settore del servizio raccolta e smaltimento rifiuti.

Gianni Granata aveva ricoperto l'incarico di presidente del Coinres dal 2004 alla primavera del 2006; successivamente la presidenza era stata ricoperta dall'assessore provinciale all'ambiente Raffaele Loddo.

Il dr. Gianni Granata non ha sinora rilasciato alcuna dichiarazione a commento dell'assoluzione.

Prendiamo atto con particolare compiacimento che la pubblicazione sul nostro sito della riflessione, ripresa dal Quotidiano 'La Repubblica,'  di padre Francesco Michele Stabile, mossa dal rifiuto delle autorità religiose di consentire la somministrazione del Sacramento della Cresima in Cattedrale al figlio del boss Giuseppe Graviano, tra i mandanti dell'assassinio dell'oggi Beato, Pino Puglisi, sta suscitando un confronto di grande valore su temi etico-religiosi. Dopo l'intervento di Tommaso Impellitteri pubblichiamo il contributo del prof. Manlio Schiavo.

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Muovendo dalle opportune, puntuali e sagge riflessioni del nostro stimato presbitero Francesco Stabile, sicuramente condivisibili, nello spirito e nella lettera, a proposito del divieto di celebrare in Cattedrale il sacramento della Cresima del figlio di Giuseppe Graviano, l’amico Tommaso Impellitteri, a sua volta, ha sentito l’urgenza di proporre alcune sue considerazioni, cercando, insieme, di pro-vocare e di sollecitare un più ampio confronto, sia sul piano individuale, sia - e certamente, sarebbe più stimolante e fruttuoso - a livello delle diverse comunità di questa chiesa locale.

Sostenendo con convinzione questa sua proposta e raccogliendo, a mia volta, gli stimoli di quelle riflessioni, provo ad offrire un mio modesto contributo, che riguarderà, da una parte, l’aspetto individuale dell’espressione della fede, dall’altra, il risvolto comunitario; muovendo, però, da una premessa fondamentale alla quale sono sicuro di poter associare anche l’amico Tommaso: “Ci sentiamo corresponsabili, ciascuno per i suoi limiti e le sue omissioni e controtestimonianze, di quanto nella chiesa non corrisponde al suo dover essere ed ai contenuti essenziali della sua missione. Una corresponsabilità che segna lo spirito di questa nostra iniziativa e che ci apre all’ascolto ed alla collaborazione… Non professori che danno lezione ma discepoli che hanno sempre da imparare dal Vangelo e dalla storia e che sono più propensi a porre domande che a esprimere certezze o giudizi inappellabili” (dal Documento di un Gruppo di Cattolici di base di Brindisi, Novembre 2014).

- L’aspetto individuale dell’espressione della fede

Fermo restando il rispetto assoluto per il cammino di fede che questo giovane sta percorrendo, ma proprio per questo, vorrei sottolineare quanto, anche a parer mio, siano (sarebbero, sarebbero stati e….saranno?) necessari e indispensabili atteggiamenti coerenti e consequenziali, per tradurre la fede in gesti “vitali”, in un’assunzione consapevole di responsabilità, atteso che: “ La fede cristiana è in Qualcuno che (di per sé) è invisibile. La fede, tuttavia, chiede di essere mostrata (cfr. 2Pt 3,15), di avere una forma. Dio non si vede ma i credenti si vedono e «con-formano» la vita al Cristo, diventando segno e strumento del legame che Dio ha voluto porre tra la sua vita e la nostra (cfr. LG 8). Le leggi e le strutture della Chiesa, le parole e i gesti della liturgia, le norme e le pratiche della vita hanno senso se (e perché) sono il luogo in cui si vede e si vive la fede. L’intera vita dovrebbe essere segno della salvezza operata da Dio..”.
( M. Ronconi, teologo).

Una fede che si “richiude” nel culto, nelle devozioni o nei devozionismi, nei cerimoniali, che non trova poi “incarnazione” nei fatti e nelle scelte, si autocondanna all’insignificanza e alla vacuità. Il rituale non è uno strumento che produce un effetto automatico secondo una concezione magica, un’immaginazione magica, contro la quale Gesù ha lottato e che ha denunciato: “Gesù fu un laico, non fu un prete, un funzionario, un amministratore di rituali, mai, mai, mai!” ( J. M. Castillo, teologo).

La condizione fondamentale di una fede “adulta” (anche di un cresimando) non trova il suo centro nei rituali religiosi, ma nel comportamento etico orientato verso la misericordia, verso la giustizia, verso il bene. «Lo specchio del comportamento etico non è la propria coscienza, ma il volto di coloro che vivono con me. Quando questo volto esprime pace, speranza, gioia e felicità, perché il mio comportamento genera tutto questo, allora è evidente che il mio comportamento è eticamente corretto» (J. M. Castillo, teologo).
La condizione fondamentale di una fede “adulta”, inoltre, non comporta “né buonismo, né intransigentismo, ma la fatica di dire che il peccato è una ferita, una contraddizione alla vita umana, all’umanizzazione prima che a Dio; e, nello stesso tempo, occorre far regnare la misericordia, perché la giustizia di Dio non sta accanto alla sua misericordia, ma la contiene in sé stessa. Senza questa immanenza della misericordia alla giustizia, il Vangelo non può essere gioia e il cristiano non può avere il profumo del Vangelo” ( E. Bianchi, Priore di Bose).

Certamente non possiamo nasconderci come il cammino di fede che questo giovane sta percorrendo possa essere reso ancora più problematico per gli eventuali “condizionamenti” culturali, ambientali, familiari ben noti. Ma, proprio per questo, non possiamo non sottolineare come la “buona notizia” di Gesù inaugura un nuovo tipo di relazione, incompatibile con i rapporti di potere e di obbedienza e di tradizione: “Sono venuto, infatti, a dividere l’uomo da suo padre e la figlia da su madre e la nuora da sua suocera” (Mt 10,35).
« L’adesione a Gesù sarà causa di divisione. La sequela a Gesù richiede individui pienamente liberi. Il discepolo, se vuole seguire il suo maestro, deve rendersi indipendente da tutto quel che gli impedisce piena libertà di movimento, compresi quei rapporti familiari che proprio per la loro costrizione vengono chiamati “vincoli”, “legami”: “Chi vuol bene al padre o la madre più di me non è degno di me; chi vuol bene al figlio o la figlia più di me non è degno di me” (Mt 10,37).

Gesù non viene a distruggere la famiglia, ma a vivificarla. Per accedere a quella pienezza di vita e di libertà alla quale ogni individuo viene chiamato da Dio, occorre che la famiglia venga liberata da quei ricatti affettivi che impediscono ai suoi componenti di crescere…. Ma se il rifiuto di ogni forma di dominio ha l’effetto di disgregare la famiglia tenuta insieme dagli obblighi del sangue, dai ricatti affettivi e dalla pressione della parentela, poi riesce a vivificare i suoi componenti con un amore nuovo, libero e liberante. ( A. Maggi, teologo).

- L’aspetto comunitario dell’espressione della “fede”

I cristiani non possono essere degli individui isolati, dove ognuno vive il proprio rapporto esclusivo con Dio. Il messaggio di Gesù non è mai per un individuo, per un singolo, ma sempre per un gruppo di persone che lo accoglie e lo accetta. Gesù è venuto a chiedere ad una comunità di mettere in pratica questo messaggio, che è condizionato o potenziato dalla crescita di una comunità animata dal suo Spirito, che fa muovere tutte le cose e che è sempre aperto al nuovo. E’ in questo gruppo che si possono manifestare le dinamiche della donazione e dell’accoglienza degli altri. Un gruppo che accoglie questo messaggio è il lievito che trasforma la società. Solo una comunità può incidere in maniera forte nella società; e, soprattutto, se uno dei suoi membri viene a patire difficoltà a causa di questo messaggio, deve trovare alle sue spalle la ricchezza della comunità che può prendersi cura di lui.

Perché la comunità che è presieduta dall’ amore incondizionato, centrata sulla “buona notizia” di Gesù, si esprime attraverso il servizio. Mediante gesti concreti i discepoli dimostrano la qualità di amore che distingue la comunità cristiana. L'amore che Gesù richiede è una volontà comunitaria di bene che si sforzi continuamente di cancellare le situazioni di egoismo, di indifferenza, di ingiustizia, di prepotenza, di prevaricazione, sia sul piano individuale, sia sul piano politico-sociale, con la concretezza, l’audacia e la novità delle scelte, del linguaggio, dei gesti. “Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo”.

Come comunità, siamo (siamo stati e…saremo?) fedeli in maniera autentica e coerente a questo messaggio? O corriamo (abbiamo corso e…correremo?) il rischio di scivolare nelle dinamiche rigide dell’istituzione?
« Qual è la lampadina di allarme che stiamo scivolando in una istituzione rigida? Quando di fronte a una novità si sente quella oscena espressione che è tipica di tutte le comunità religiose: “perché cambiare? Si è sempre fatto così!” La comunità che diventa istituzione è quella che diventa ostile, refrattaria e sospettosa di fronte alle novità. Non importa che ormai queste regole siano un peso, “si sono sempre fatte così”. Le regole ci vogliono, le strutture ci vogliono, ma sempre a disposizione delle persone» ( A. Maggi, teologo).

E non avvertiamo (abbiamo avvertito e….avvertiremo?) il rischio di svuotare la fede del suo proprium e imbalsamarla nella sua funzione sociale, riducendola solo ad un bell’abito identitario, che ci dà tanta sicurezza?

E questo “svuotamento”, diciamolo pure, non avviene (è avvenuto e…avverrà?) « anche grazie agli interessi di bottega e/o alle pigrizie di comodo di una chiesa e di un clero più inclini a tradurre la fede nella comoda e compensativa religiosità popolare che impegnati alla difficile e scomoda testimonianza» ? (don Aldo Antonelli).

E perché, come in questa occasione, non aprire un confronto ampio e libero, della libertà propria di “figli” di Dio, di “fratelli” nella fede, senza reticenze, senza la paura della ricerca della verità, senza autoritarismi, senza soggezioni, ma come cristiani “adulti”, per riscoprire, individualmente e comunitariamente, la propria identità al Vangelo e cercare insieme mezzi e modi per “incarnarlo” nel nostro presente, hic et nunc ?

"Una struttura istituzionale non muore per i suoi errori ma solo quando non soddisfa più alcun bisogno. E non vi è dubbio che la fede cristiana è in crisi, soprattutto presso i giovani, perché questi non sanno a che cosa serve essere credente. Non parliamo del cristianesimo come agente sociale e religione civile o della chiesa come “ong”, ma della fede in Gesù Cristo…. a favore dell’uomo e della vita. E l’autenticità della fede in Gesù di Nazareth è parte fondamentale della identità del cristiano…

Se nella fede viene meno la relazione e la centralità dell’uomo viene meno anche l’identità. Dobbiamo trovare un nuovo equilibrio, altrimenti anche l’edificio morale della Chiesa rischia di cadere come un castello di carta, di perdere freschezza e il profumo del Vangelo. La proposta evangelica deve essere più semplice, profonda, irradiante. E’ da questa proposta che poi vengono le conseguenze morali .

Il ritorno al Vangelo è il ritorno a Gesù Cristo che chiede di essere liberato da tante catene devozionali, da un cristianesimo ridotto a religione che divide tra sacro e profano, che piace tanto ai cristiani senza Cristo, liberato da liturgie…vissute per precetto, per affermare il primato dell’uomo e della vita, della coscienza e della libertà religiosa, per mettersi sulle spalle il fratello che ti è accanto, con le sue debolezze e i suoi bisogni.

Oggi c’è bisogno di segni, di gesti e non più di parole " (dal Documento di un Gruppo di Cattolici di base di Brindisi, Novembre 2014).

Manlio Schiavo
 

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