Attualità

Negli anni '50 e '60 i 'palermitani' e i 'forestieri' venivano a mangiare a Bagheria, come in una sorta di religioso pellegrinaggio: da 'Don Ciccio', nei pressi della stazione ferroviaria, e 'nna 'Zza Maria' in via Paternò, con una distribuzione della clientela molto netta, e con un bacino di utenza in comune.

In entrambe queste trattorie  ci andava il popolino, per via dei costi contenuti e dei piatti di una cucina antica e popolare, però 'Don Ciccio' era molto frequentato anche dagli uomini del potere del tempo: prefetti, magistrati, politici importanti, esponenti dell'economia, registi e attori, mentre a 'Zza Maria era la trattoria-simbolo dell'intellighentia palermitana e oltre, di allora: docenti universitari, artisti, intellettuali, scrittori, poeti, pittori. Da tutto il mondo.

Presenze documentate dal maestro Carlo Puleo nelle sue bellissime foto.

A calamitare questa attenzione erano non solo la pasta con le sarde di 'Don Ciccio' e gli spiedini della 'Zza Maria', ma la centralità politica, economica e culturale che aveva Bagheria nel panorama regionale del tempo.

Ricca con gli agrumi, potente in politica ( fu inesauribile serbatoio  di voti per la D.C. pressocchè ininterrottamente per 50 anni), brillante e attrattiva nel campo della cultura con i 'gioielli' di famiglia, Guttuso e Buttitta e poi Scianna, aperta ad iniziative economiche che avrebbero potuto trasformarne la faccia e il futuro del paese, e ci riferiamo all'investimento turistico del club Mer e soleil presso la caletta che poi si chiamerà dei 'francesi', con l'Auto Bianchi e la Fiat che prima che a Termini vennero a cercare spazi a Bagheria, ma scapparono comi i succi addrumati appena naschiaru l'aria che tirava, e con la costruzione degli impianti Idos e e Sacos che assecondavano le vocazioni colturali del territorio; e con una mafia, non scordiamolo, nei fatti onnipotente

Oggi con la stella Michelin assegnata a Toni Lo Coco del ristorante 'I Pupi' di via Palagonìa, torniamo ad essere un pò come un tempo: consideriamo questa stella  un piccolo tassello che può contribuire alla nostra ripartenza.

Raffinata predisposizione dei piatti, armonia dei sapori, estro e creatività, forte legame con il territorio, locale dal design ricercato ed elegante, servizio attento e cortese, mai invadente: queste alcune delle motivazioni che hanno contribuito al prestigioso riconoscimento.

Se ci è permesso un suggerimento: una puntata da Toni Lo Coco per qualche occasione particolare  e importante  è veramente utile e gratificante farla: una tappa obbligata.

Tony Lo Coco, 40 anni, fin da bambino appassionato di cucina,  autodidatta, dopo anni di sacrifici e sperimentazioni, è riuscito a conquistare con “I Pupi”, aperto nel 2009, il palato dei gourmet più esigenti, ridando appunto lustro e prestigio alla gastronomia bagherese.

"Sono felicissimo, è una grande gioia ricevere la stella Michelin – ha dichiarato il giovane cuoco, palermitano di nascita e bagherese di adozione - Provo una grande emozione, che condivido con la mia famiglia e, in particolare, con mia moglie Laura, sorridente responsabile di sala del nostro locale, che in questi anni mi ha supportato con infinita abnegazione, confermando il fatto che dietro i successi di un uomo c‘è sempre una grande donna. Un pensiero affettuoso e un ringraziamento speciale vanno anche al mio staff di cucina, tutti giovani altamente qualificati, con cui sono riuscito a creare una squadra instancabile e molto affiatata, costantemente desiderosa di crescere e migliorarsi".

altE Laura Codogno collaboratrice del marito in cucina e soprattutto in sala: "Siamo felicissimi,  ci avevano chiamato la settimana scorsa per dirci che eravamo stati 'insigniti' di una stella, edi mantenere il riserbo sino ad oggi: questo è il riconoscimento per i nostri sacrifici e per la professionalità e la fantasia di Toni. Questo primo e tanto atteso traguardo ci dà  entusiamo e fiducia e ci spinge a guardare più avanti e più in alto, verso la seconda stella."

Le stelle assegnate durante la presentazione della Guida 2015, tenutasi all’Hotel Principe di Savoia di Milano, oltre che ai Pupi  sono andate anche a “Il Cappero”, di Crescenzo Scotti a Vulcano, “Il bavaglino” di Giuseppe Costa a Terrasini, che si vanno ad aggiungere a quelli che hanno avuto confermata la stella e che sono Bye Bye Blues a Palermo, Coria a Caltagirone (Ct), La Capinera a Taormina (Me), La Gazza Ladra di Modica (Rg), La Fenice (Rg). 

Due stelle per La Madia a Licata (Ag), Principe Cerami a Taormina (Me), Locanda Don Serafino (Rg), Duomo (Rg).

 

Da non credere ai propri occhi: in via Passo del carretto, all'altezza del civico 37, c'è una perdita di acqua che definire 'impressionante' è un eufemismo. Sembra di stare in campagna quando dai 'catusi' esce una zappa d'acqua.

La zappa/ora corrisponde a 43.000 litri di acqua, una portata quindi di circa 12 litri  al secondo, solo poco meno rispetto all'acqua che si perde ormai da venti giorni dalle tubazioni di via Passo del carretto, ad occhio il 10% dell'intera dotazione quotidiana del comune di Bagheria.

E questo da almeno venti giorni, venti lunghissimi giorni (certo quando l'acqua passa da quelle tubazioni) che un bene così prezioso si perde nei meandri delle fognature, e che per sovrappiù viene pagata dai contribuenti !

E' stata fatta, ci  dicevano le persone del luogo una ricognizione da parte di personale dell'APS e degli agenti della Polizia comunale, ma da venti giorni a questa parte non è stato preso alcun provvedimento se non quello di mettere una segnaletica di pericolo, e nel frattempo milioni di litri di acqua se ne sono andati a mare.

altCi si permetta di dire che è ridicolo e inconsistente il pretesto  che delle perdite di rete se ne deve occupare l'APS o l'ATO idrico, perchè se Bagheria, un comune di oltre 50.000 abitanti, sia pure in dissesto, non è in grado, mandando al diavolo l'ATO e l'APS, di riparare un guasto di questa natura e portata, allora diventa legittimo chiedersi a cosa serve più in questo paese diventato peggio del villaggio più sperduto del mondo, eleggere sindaco e consiglieri. In tutto il paese sono ormai decine le segnalazioni di perdite, per fortuna non della stessa consistenza, però vi chiediamo di crederci sulla parola: è immorale, oltre che economicamnte intollerabile, che almeno il 40% delle risorse idriche quotidiane si perda così come sta avvenendo da tempo a Bagheria.

Si intervenga subito ! non esiste che sindaco e assessori debbano badare ad altre cose; di fronte ad una emergenza del genere, che si lascia trascinare per venti giorni, tutti gli altri impegni perdono di significato.

Il quotidiano 'La Repubblica' nella pagine palermitane dell'edizione di oggi si occupa di una vicenda che lo stesso giornale aveva attenzionato una decina di giorni fa, e cioè la cosiddetta parentopoli nell'azienda Poste Italiane: niente di più di quanto non si sospettasse, e cioè che alle Poste, ma non solo naturalmente, (la stessa musica al 118 come in altre aziende pubbliche o semipubbliche),  si viene assunti per raccomandazione con una corsia preferenzale riservata ai familiari e amici dei politici e dei sindacalisti che operano nelle stesse aziende interessate.

Un affare di famiglia insomma, sistema che godeva un tempo di maggiore tolleranza quando ognuno coltivava la sua speranziella, ma diventato odioso e insopportabile oggi chè c'è una terribile fame di lavoro.

In più il giornale però aggiungeva nomi e cognomi di politici, sindacalisti e personaggi influenti che avevano 'piazzato'  alle Poste i loro protetti, scatenando l'indignazione dei lettori.

A dare una maggiore rilevanza mediatica alla denuncia de 'La Repubblica', arriva adesso la circostanza che un auto bruciata tra la notte di giovedì e venerdì a Bagheria è di proprietà di Alessandro Carollo, bagherese, già ispettore delle Poste, che avrebbe dato un contributo significativo con le sue dichiarazione alla Polizia per denunciare le illegalità delle assunzioni.

Secondo quanto scrive il quotidiano nell'articolo firmato da Emanuele Lauria, Carollo il venerdì successivo all'incendio della sua vettura avrebbe fatto mettere a verbale dai Carabinieri che gli chiedevano se nutrisse sospetti su chi avesse potuto fare un intimidazione così forte nei suoi confronti, che le probabili cause per l'incendio della sua auto potevano essere fatte risalire alle dichiarazioni da lui rese sulla questioni della parentopoli nelle Poste.

Ma non solo: Alessandro Carollo, secondo quanto scrive il quotidiano diretto da Ezio Mauro, lo scorso anno avrebbe dato un contributo non secondario collaborando con la Procura di Palermo nella indagine 'Lost Pay' che portò al sequestro di 72 agenzie di poste private e qualcuna anche a Bagheria, che mise nei guai Nunzio Giangrande titolare di 'Servizi postali' e Graziella Torrisi di 'Posta più' che avrebbero senza l'autorizzazione della Banca d'Italia, effettuato nelle loro agenzie servizi di pagamento bollettini.

A Carollo è arrivata la solidarietà dell'on Franco Ribaudo del PD, che era stato tra i primi a segnalare la parentopoli alle Poste, però il sottosegretario Antonelli Giacomelli in risposta ad una interrogazione presentata dal deputato Ivan Catalano, è sempre Repubblica che lo scrive, ha precisato che non c'è stato nei confronti del Carollo alcun comportamento 'fortemente penalizzante e vessatorio' da parte dell'azienda; ne sarebbe prova il fatto che il giudice del lavoro di Palermo ha già respinto i due ricorsi presentati da Carollo, nel frattempo trasferito dall'incarico di direttore che prima ricopriva, al servizio di filatelia. 

Insomma una storia che presenta aspetti  controversi e che sicuramente avrà degli sviluppi.

Chi ha un'età dai quaranta-cinquanta in sù ricorderà senz'altro cosa rappresentava la 'vigilia dei morti' per i bambini di un tempo: si andava a letto presto il 1° novembre in una attesa che era trepidante ma anche  un pò preoccupata per via  di quei morti che arrivano di notte, mettono sotto il letto quei giocattolini di un tempo, un piccolo tamburo colorato, un fuciletto o una pistola, una bambolina per le bambine e poi i frutti di Martorana e i pupi di zucchero che consumavamo magari di nascosto in quantità industriali e senza pensare allora ahimè, che di là a qualche decennio dopo avremmo reso  felici e ricchi i dentisti.

La preoccupazione della vigilia nasceva dal fatto che sia pure involontariamente i morti potessero farci il solletico ai piedi e magari svegliarci e farci prendere paura, cosa che per fortuna non avvenne mai.

E tutte le domande puerili per cercare di capire a che ora venissero questi benedetti morti e da dove entrassero e uscissero cadevano inevitabilmente nel vuoto. Erano le domande dei bambini di un tempo, ingenue sì, ma di chi viveva pienamente la propria infanzia senza precoci disvelamenti della verità che oggi pure i bambini di cinque anni conoscono; tant'è che si è sentito il bisogno di reinventarla quella sorta di vaga inquietudine provocata dagli esseri dell'aldilà, così da mettere in pista oggi qualcosa di più raffinato come Halloween

Il 2 novembre nel quartieri popolari era una esplosione di scariche di fucili e pistole, epici scontri di cavalieri e corsari con le spade, prime prove di corsa con piccole biciclette, e poi  insopportabile per gli adulti, rullio di tamburi, squilli di trombette, e suoni di pifferi e chitarrine varie. E assieme ai giocattoli, come dicevamo, frutta di martorana e pupi di zucchero.

altLa frutta di Martorana è un tipico dolce siciliano la cui bravura nella preparazione consiste  nella perfetta imitazione o riproduzione di frutti . Internamente è simile al marzapane ma notevolmente più dolce e saporito. La base della sua ricetta è esclusivamente la farina di mandorle e lo zucchero. È un prodotto inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf), ed è riconosciuto come prodotto agroalimentare tradizionale siciliano.

E già che eravamo su Wikipedia abbiamo appreso che deve il suo nome alla Chiesa di Santa Maria dell'Ammiraglio o della Martorana, eretta nel 1143 da Giorgio d'Antiochia, ammiraglio del re Normanno Ruggero II, nei pressi del vicino monastero benedettino, fondato dalla nobildonna Eloisa Martorana nel 1194, da cui prese il nome, e di quello di Santa Caterina nel centro storico di Palermo dove le suore lo preparavano e lo vendevano fino alla metà del 1900.

Secondo la tradizione, la frutta di Martorana è nata perché le suore del convento della Martorana, per sostituire i frutti raccolti dal loro giardino ne crearono di nuovi con mandorla e zucchero, per abbellire il convento per la visita del papa dell'epoca.
 

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