Attualità

Questa riflessione la vorrei cominciare, riportando una mia personale esperienza:

Nel Gennaio 2008 intrapresi rapporti lavorativi con l'ATO Ambiente CL2 con sede a Gela (CL), che si conclusero nel settembre 2013.

Premetto che l'ATO CL 2 è stato indubbiamente uno dei più efficienti dell'intera Sicilia; il presidente è stato per molti anni l'ingegnere Liardo, vicino politicamente all'allora sindaco di Gela, tal Rosario Crocetta...

Per esempio, Liardo ebbe la lungimiranza di far investire tanti fondi POR (europei) sulla discarica di c.da Timpazzo, che nonostante il periodo di crisi portò negli anni fiumi di denaro proprio all'ATO CL 2, oltre al fatto di essersi sempre attenuto correttamente al Codice degli Appalti (D. Lgs. 163/2006) per la raccolta dei rifiuti nei comuni che facevano parte dell'ATO CL 2.

Era, se non ricordo male, l'autunno del 2009...mi trovavo in via Pozzillo, sotto la sede dell'ATO CL2 di Gela, e vidi uno spettacolo che diventerà familiare anche a Bagheria: un materassone gonfiabile dei Vigili del Fuoco e sul tetto un gruppo di persone che minacciava di buttarsi giù...
Cosa era successo?
L'ATO ambiente CL2 aveva BANDITO una gara di appalto triennale per la raccolta dei rifiuti (differenziati e non) in tutto il comprensorio dell'ATO CL2, con una base d'Asta di € 22.000.000,00 (credo, vado a memoria), rispettando rigorosamente il Codice degli Appalti, non solo per il suo rigore morale, ma anche perché la gara veniva pagata con fondi POR europei, e la Comunità Europea dava come condizione per l'erogazione delle somme che si rispettassero le norme sugli appalti in maniera puntigliosa e rigorosa.

Apro una parentesi e faccio una considerazione generale, valida per il servizio di raccolta rifiuti, e per i servizi dati in appalto in genere.

altUn appalto di qualche mese ha un importo a base d'asta abbastanza basso, e al di sotto di certe soglie, l'amministrazione si può permettere di dare un affidamento diretto, ovviamente a Ditte di “fiducia”, o aprire una procedura negoziata, invitando cinque soggetti economici che presentano un'offerta, ed appaltare al massimo ribasso; naturalmente anche in questo caso è facile “pilotare” la vittoria di qualche amico... anche perchè spesso manca chi controlla

Invece appaltare un servizio per tre o cinque anni, comporta un importo a base d'asta alto, ed in alcuni casi altissimo, imponendo, ai sensi di legge, delle procedure molto più complicate, restrittive e soprattutto CONTROLLATE e VIGILATE., ma questa seconda via consente però all'impresa appaltatrice di diluire in un tempo lungo i costi fissi, facendo sì che il costo unitario, ad esempio mensile, si riduca sensibilmente.

Per fare un esempio, uso numeri a caso, per far capire il senso delle mie affermazioni:
Appalti diretti per un servizio X (es. raccolta rifiuti dai cassonetti) di € 100.000,00 con cadenza mensile, comportano controlli quasi nulli ed una spesa in tre anni di € 3.600.000,00.

Un unico appalto triennale per lo stesso servizio X può arrivare, con i ribassi d'asta, anche a € 2.000.000,00, comportando controlli serrati e minuziosi, ma una spesa mensile di € 55.555,00, cioè a poco più della metà.

Inoltre la norma impone che il soggetto ammesso alla gara d'appalto deve possedere la cosiddetta “Capacità economica – finanziaria”, che consiste nella dimostrazione di avere fatturato nei tre anni precedenti alla gara d'appalto, almeno il doppio dell'importo a base d'asta per l'erogazione di servizi analoghi.
Tornando all'esempio di prima, per partecipare alla gara occorre che una ditta dimostri di aver fatturato nei tre anni precedenti la somma di € 4.000.000,00 in servizi di raccolta rifiuti in altri comuni o ATO italiani.
In questo modo quasi nessuna ditta locale è in grado di partecipare alla gara di appalto.

Nel caso di Gela l'unica Ditta che si poté presentare alla gara era di Rovigo (ahi! La memoria), ed i dipendenti delle ditte locali minacciavano di gettarsi dal tetto, perchè dicevano che non avrebbero lavorato.
Fecero ricorso e la gara venne annullata per un vizio di forma...
Alla fine, l'ATO CL2 cedette alle pressioni e l'appalto venne frazionato; i costi unitari lievitarono, ma gli imprenditori locali, ed i dipendenti si quietarono.

La Comunità Europea non erogò i fondi POR, ma per fortuna c'era la miniera d'oro, cioè la discarica di Timpazzo, di proprietà dell'ATO CL2 che permise di pagare questi appalti frazionati, però molto più onerosi.

Se Liardo avesse avuto l'idea di imporre alla Ditta aggiudicataria di assumere la forza lavoro locale, cosa che conviene sempre, forse i dipendenti non avrebbero più minacciato di gettarsi. E le pressioni sarebbero state di altro tipo, chissà...

Da questo semplice aneddoto si comprende che appaltare per un periodo lungo (tre o cinque anni) non conviene nè ai politici, nè agli imprenditori locali, ma conviene solo alla popolazione, ma quelli rompono e piagnucolano sempre, chissà perchè...

Un'amministrazione sana deve avere molto coraggio per riuscire a portare a termine una gara d'appalto triennale secondo le procedure europee, perchè significa scontentare alcuni soggetti, a favore della popolazione.

Gli amici delle "palicedde a caldo" ci resterebbero MOLTO male...ed anche i loro avvocati...

altIn conclusione:

La soluzione più funzionale, economica ed efficace per la raccolta dei rifiuti è sicuramente quella di un'unica gara d'appalto per un periodo minimo triennale, facendo obbligo alla ditta che vince la gara di assumere il personale locale attualmente impegnato a questa mansione.

Il tutto con buona pace degli imprenditori locali, che difficilmente avrebbero le caratteristiche richieste per partecipare alla gara, a meno di riunirsi in ATI (Associazione Temporanea di Imprese).

Ma nonostante sia semplice per chiunque emettere proclami e promesse elettorali, nella realtà dei fatti non è una cosa semplice da realizzare, specialmente a Bagheria.
Occorrerebbe una Amministrazione che fosse contemporaneamente:
1- Onesta e libera da qualunque condizionamento, legame o vincolo con gli imprenditori locali (onesti e non);
2- Capace, sicura di se e tecnicamente preparata per riuscire a svolgere una gara del genere senza sbagliare una virgola a cui qualche bravo avvocato possa appellarsi per fare ricorso;
3- Coraggiosa e che non abbia paura di fare VERAMENTE l'interesse di tutti a scapito dei “pochi.”

Mi chiedo con amarezza e delusione quando a Bagheria vedrà la luce una Amministrazione così...

Salvatore Parlatore
 

Il termine ultimo che era stata fissato per i comuni, Bagheria tra questi, che scaricano i loro rifiuti a Bellolampo era il 15 febbraio: la Regione si era impegnata entro quel terminie a trovare soluzioni alternative, cosa che non è avvenuta, per cui è stata prorogato l’ordinanza che permette di smaltire nell’impianto palermitano i rifiuti di ottanta paesi.

In ogni caso si tratta di una soluzione che assegna a Palazzo d’Orleans appena 15 giorni di tempo in più per trovare soluzioni alternative all’impianto di smaltimento di Bellolampo. Dal primo marzo oltre 80 paesi non avranno più dove scaricare le loro 350 tonnellate al giorno di immondizia.

Ieri l’assessore Vania Contrafatto ha ottenuto dal sindaco Leoluca Orlando e dai vertici della Rap (l’azienda palermitana che gestisce l’impianto) altri 15 giorni di tempo prima di chiudere i cancelli.

L’ordinanza che scadeva domenica quindi è stata prorogata fino al 28 febbraio: «Abbiamo valutato che dal punto di vista ambientale questo aumento dei rifiuti smaltiti a Bellolampo è sostenibile. Abbiamo avuto la disponibilità della Rap e abbiamo preso una decisione in tempi strettissimi».

Restare su Palermo è una boccata d’ossigeno per tutti i paesi a ovest e ad est della città: da Bagheria a  Capaci sino a Piana degli Albanesi.

Nel 1983 ad aprile, allorchè la società SIBAR di Croceverde Giardini di tale Prestifilippo, iniziò i lavori per distruggere uno dei luoghi più suggestivi della nostra costa, l'attuale sindaco di Bagheria Patrizio Cinque, come si suol dire, era ancora nella mente di Dio.

Lo scempio fu perpetrato nell'indifferenza o peggio nella complicità di chi avrebbe dovuto vigilare.

A settembre sempre del 1983 una soffiata, informata e autorevole, alla Guardia di Finanza portò, dopo una ricognizione effettuata dai finanzieri in elicottero, alla 'scoperta' del mostro sull'arco azzuro che era visibile solo dal mare, e scattarono la verbalizzazione e il sequestro dell'immondo scheletro di cemento.

Immediatamente presentai al sindaco e all'amministrazione del tempo una interrogazione sull'argomento, la cui copia ancora conservo, ottenendo la solita risposta evasiva, e cioè, in sostanza, nessuno aveva visto niente.

Niente delle tonnellate di ciaca sbancata, niente delle centinaia di metri cubi di cemento calato sulle fondazioni, niente delle decine di camion cha avevano fatto la spola con il cantiere, avevano visto nè le autorità politiche, nè i Vigili urbani, nè i residenti del luogo che non rivendicarono alcun diritto nè protestarano minimamente.

Quindici anni orsono, allorchè una decina di ex amministratori venimmo chiamati come testimoni al processo che si celebrava nell'aula bunker di Pagliarelli sull'omicidio del senatore Ignazio Mineo, (per dichiarare quanto sapevamo di questa vicenda che un pentito portava come causa della eliminazione del senatore), assistemmo ad una scena mortificante che qualcuno ancora ricorderà: sulla decina di persone che erano saliti sul banco dei testimoni, ex sindaci, ex assessori ed ex consiglieri comunali, nessuno, dicesi nessuno, ricordava nulla.

Dopo aver detto il proprio nome e cognome e la carica al tempo ricoperta, si trincerarono tutti  dietro il "Non ricordo".

Fummo gli ultimi ad essere chiamati, e non appena prendemmo posto e declinammo le generalità, il presidente del Tribunale ci anticipò con una battuta:"Neanche Lei naturalmente ricorda niente! gli gelammo il sorrisetto stampato in faccia: "No Presidente, io ricordo tutto, perfettamente", e ricostruimmo la storia così come la conoscevamo e l'avevamo vissuta.

Ci vollero venti anni perchè, sindaco Pino Fricano, si riuscisse ad ottenere il finanziamento per la demolizione dell'ecomostro, che ci aveva fatto, dopo gli anni dei Baci Perugina, una ben diversa pubblicità nel resto del mondo, e solo con l' amministrazione di Biagio Sciortino e grazie all'impegno e alla tenacia dell'assessore Pietro Pagano, l'ecomostro fu demolito e l'area messa in sicurezza.

Grandi squilli di trombe e rulli di tamburi, grandi scene di giubilo per l'ecomostro abbattuto e la legalità ripristinata: tenete a mente le date, perchè tutto questo è avvenuto nel mese di marzo del 2010 o del 2011.

A Sciortino subentra Lo Meo e quest'ultimo lascia trascorrere ben tre anni nell'inverecondo tentativo, rivelatosi vano, di trovare una transazione con i proprietari che si ricordarono all'improvviso di essere titolari di un diritto di passaggio di qualche vecchio e sconnesso viottolo e che ora rivendicavano diritti,  dimenticati quando c'era l'andirivieni dei camion mafiosi, ma diritti da tutelare con le unghie e con i denti ora, quando il bene era diventato pubblico e doveva passare a piedi qualche curioso o appassionato della natura.

Un dettaglio anche il fatto che con denaro pubblico fosse stata riqualificata un'area contigua alle loro ' villette'. 

Vincenzo Lo Meo se ne va, dopo tre anni di giravolte su se stesso, senza aver concluso niente, e l'Arco azzurro riconquistato resta comunque inaccessibile.

Ancora oggi, 12 febbraio 2015 il comune per entrare dentro una proprietà propria, cioè pubblica, deve mettersi d'accordo con i proprietari privati perchè aprano con le loro chiavi il cancello.

Arriva finalmente Patrizio Cinque, che nel mese di settembre 2014, se non ricordiamo male,  proclama "Nuntio vobis gaudium magnum": Transazione è fatta, l'Arco azzurro, a condizioni, e cioè giustamente vigilato e con la sola apertura diurna, a giorni sarà fruibile dai bagheresi oltre che da turisti e visitatori.

Sono trascorsi cinque mesi: "U viristi cchiù o straniu ?" recita un criptico ma intuitivo proverbio bagherese.

P.S. Stessa storia, precisa, identica, potrebbe essere raccontata per il parco di Monte Catalfano, un tempo discarica comunale in mano ai mafiosi. 

Angelo Gargano

Gentile Direttore, apprendo dagli organi di stampa locale che il Sindaco di Bagheria, Patrizio Cinque, con riferimento alla gara d'appalto del 07/11/2014 avente ad oggetto “procedura aperta per l’appalto del servizio di parziale raccolta dei rifiuti solidi urbani per mesi quattro”, avrebbe affermato testualmente nel corso della pubblica adunanza del 30/01/2015, che “Nel settore dei rifiuti ci sono troppe infiltrazioni delle organizzazioni mafiose per questo non vogliamo affidare il servizio all’esterno. Per un appalto di appena 4 mesi ci sono stati dei condizionamenti e abbiamo deciso di annullare la gara d’appalto, dopo avere denunciato tutto ai carabinieri. Chissà cosa succederebbe se decidessimo di appaltare l’intero servizio che muove una somma complessiva di circa 8 milioni e mezzo di euro” 

La Ecogestioni, di cui sono il direttore responsabile commerciale e direttore tecnico., è stata una delle aziende che ha partecipato alla suddetta gara pubblica e ancora oggi non ha ricevuto nessuna notizia ufficiale dal Comune sull'asserito annullamento della stessa e sulle motivazioni che avrebbero condotto ad una simile determinazione.

Ebbene, una volta informata la Cittadinanza del presunto annullamento della gara a causa di dette illecite interferenze, sarebbe stato altrettanto doveroso da parte del Primo Cittadino chiarire altresì quali sarebbero i condizionamenti da Lui lamentati e gli autori degli stessi.

Di contro, la criticità dell'affermazione del Sindaco non fa altro che gettare ingiuste ombre su di un intero comparto produttivo, a discapito degli imprenditori che in quel settore svolgono la propria attività in modo onesto e coraggioso.

D'altro lato, la scelta di procedere ad affidamenti diretti in luogo della gara d'appalto per lo svolgimento del servizio di raccolta di rifiuti si rivela certamente assai infelice, nella misura in cui, rinunciandosi ad un procedimento di evidenza pubblica e di massima partecipazione e concorrenza, finisce per porsi in contrasto con le regole di trasparenza ed imparzialità dell'azione della Pubblica amministrazione.

Col ricorso sistematico all'affidamento diretto si penalizzano non solo le imprese sane del settore (ed i loro dipendenti), che si vedono tagliate fuori senza alcuna plausibile spiegazione, ma anche i cittadini, costretti in definitiva a farsi carico di un servizio a costi predeterminati non soggetti a ribasso e non sempre allineati ai valori di mercato.

Di contro, il ricorso alla gara pubblica, da cui rifugge l'Amministrazione bagherese, consente di selezionare soggetti dotati di adeguata capacità tecnica, economica e di affidabilità, ed al contempo fornisce tutti gli strumenti per smascherare gli autori di eventuali illeciti condizionamenti e per escludere le imprese che di simili condizionamenti si rendano responsabili, senza precludere il buon fine della procedura di affidamento del servizio.

Certo è che la soluzione per combattere illecite interferenze non può consistere nella estromissione indiscriminata dei concorrenti sani, facendo ricorso ad affidamenti diretti in favore di ditte più accreditate di altre presso la sua Amministrazione.

Il Sindaco deve farsi garante della massima trasparenza, imparzialità e parità di trattamento nell'affidamento del servizio, nel rispetto del principio di legalità, che non può essere surrogato da scelte affidate al personale gradimento dell'amministratore di turno.

Michele Raspanti, direttore responsabile ECOGESTIONI

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