L'omicidio di Salvatore Calabrese, conosciuto in paese, con il soprannome 'il torinese' per via della sua permanenza nel capoluogo piemontese, era stato consumato nel dicembre del 2011, in contrada 'Valle Corvo', 'arroccata' tra le colline che sovrastano Casteldaccia.
All'inizio ci fù grande preoccupazione tra gli investigatori che quell'omicidio potesse essere un segnale di una nuova guerra di mafia, ma presto i contorni della vicenda si chiarirono: nel maggio successivo pochi mesi dal delitto, scavando nei rapporti e nelle amicizie del Calabrese e con riscontri dai tabulati telefonici, venne arrestato, con l'accusa di omicidio volontario e premeditato, Giovanni Fiorista
Fu poi lo stesso Fiorsta a confessare e a spiegare agli inquirenti il perchè dell'omicidio: con Calabrese aveva ideato una truffa, la richiesta di un prestito ad una finanziaria, che aveva fruttato poco più di un migliaio di euro, ma il Calabrese trovava sempre un pretesto per non dare al Fiorista la sua 'parte', circa 600 euro.
Il Fiorista lo aveva allora attirato in una trappola, proponendogli di andare a vedere una villa nel territorio di Casteldaccia per fare un altro affare.
Colà giunto lo aveva minacciato con una pistola chiedendogli ancora una volta il pagamento di quanto era stato pattuito, ma il Calabrese, pensando che il complice non avrebbe mai sparato, lo avrebbe anche provocato.
A questo punto il Fiorista aveva perso il lume della ragione e gli aveva esploso contro tre colpi da distanza ravvicinata uccidendolo. A segnalare la presenza del corpo un contadino del luogo.
In primo grado Giovanni Fiorista, pur avendo scelto il rito abbreviato per godere di qualche sconto di pena era stato condannato all'ergastolo: adesso la prima sezione d'appello presieduta da Giancarlo Trizzino, ha in parte accolto le tesi del difensore, avv. Salvatore Ruta, 'riducendo' la pena a trenta anni.