Cronaca

E' un groviglio di interessi opachi e di illegalità in cui uomini in divisa , imprenditori e privati cittadini stringono accordi illeciti  per aggirare le norme e per violare il territorio , quel territorio che la Regione ha chiamato i forrestali, peraltro  in gran numero,   a proteggere.

Proprio le guardie forestali sono quelle che nel nostro territorio di Bagheria Santa Flavia e Altavilla sono quelli che "unni virinu eunni sbirinu".

Indagini iniziate con grandi squilli di tromba e finite in una bolla di sapone, e cose gravi che balzano sotto gli occhi di tutti, coperte e tollerate.

Oggi La Repubblica e il Giornale di Sicilia pubblicano stralci delle intercettazioni dell'indagine che ha portato all'arresto in carcere di Pietro Rammacca e Rosario Spataro, rispettivamente di 50 e di 49 anni; mentre ai domiciliari sono andati i loro colleghi Domenico Bruno e Giovanni Fontana. Ai domiciliari anche un imprenditore di Ventimiglia Rosario Azzarello.

Nell'indagine sono finiti anche il comandante del Distaccamento e il suo vice che la Procura ha chiesto di allontanare dal servizio.

Questo uno stralcio di una intercettazione tra Pietro Rammacca e Rosario Spataro, con il soldi ancora freschi estorti ad un costruttore di Bagheria: "Tieni quà - dice Spataro - questi però li dobbiamo dividere" e poi aggiungeva (...) "lui voleva tirare per due - trecento! Gli ho detto , ma che minchia devi fare, ti devi fare sputare in faccia? prendi 500 eruo e glieli regali".

Ed ancora un imprenditore che riferendosi alle guardie diceva:" Sono troppo manciatari: Sono sproporzionati: "Non hanno fondo, non hanno dignità, non hanno limite".

Ed Azzrello che spiega al suo interlocutore: " Non è che puoi fare mangiare solo il piccolo , poi il grande dice, minchia quà un lavoro del genere, io niente?"

L'indagine coordinata dai sotituti Caterina Malagoli e Alessandro Picchi, ha disvelato un gran numero di abusi edilizi. 

La Procura per altri cinquere imputati aveva chiesto l'arresto che il GIP non ha concesso.

Indagati a piede libero sono infatti Giovanni Coffaro, 51 anni di Villabate e Filippo Azzarello di 49, di Ventimiglia

Era stata chiesta, ma non è stata concessa la sospensione dal servizio di pubblico ufficiale per Pietro Riccobono, ispettore di 52 anni e Luigi Salvatore Matranga, 55 anni,  commissario del Distaccamento di Bagheria.

Indagato anche Rosario Abbate per avere realizzato opere abusive con la copertura di Pietro RammaccaMaurizio Monastero che avrebbe gestito con Rammacca un giro di scommesse clandestine.

Ed ancora Giovanni Cicala e Carmelo Francesco Cascino, rispettivamente proprietario e direttore dei lavori di una abitazione, e che avrebbero versato duemila euro a Rammacca e Spataro..

Salvatore Testa che avrebbe dato cinquemila euro a Rammacca, Bruno e Coffaro.

Gaspare Calò, ispettore del corpo, perchè avrebbero omesso di  denunciare tre colleghi.

Tommaso D'India, Vincenzo e Francesco Lima, che si sarebbero rivolti a Riccobono, Spataro, Matranga e Fontana, per convincerli a non denunciare opere opere abusive realizzate dai fratelli Lima.

RIPORTIAMO  LE  INTERCETTAZIONI  COSI'  COME  PUBBLICATE   DA  LIVESICILIA

Tutto inizia a bordo di una Bmw X3. L'imprenditore Rosario Azzarello parla con un amico. Un tale Giacomino. Sulla macchina gli agenti della sezione Criminalità organizzata della Squadra mobile hanno piazzato una microspia. Più che una conversazione viene fuori quella che i magistrati definiscono “la chiave di lettura dell'intera vicenda che ritrae una situazione di diffusa illegalità”.

Una vicenda in cui, scrive il giudice per le indagini preliminari Angela Gerardi, emerge lo “scarso se non inesistente senso del dovere e indegno esercizio del potere che interessa alcuni componenti dell'ufficio del distaccamento di Bagheria del corpo forestale responsabili del costante mercimonio della funzione pubblica (Pietro Rammacca, Rosario Spataro, Giovanni Coffaro, Giovanni Fontana e Domenico Bruno), di irresponsabile comportamento da parte di altri (Pietro Riccobono, Gaspare Calò e il comandante Luigi Matranga) nell'ambito di un quadro complessivo estremamente sconfortante”.

Tutto parte, dunque, dalla conversazione del 10 aprile 2011, quando Rosario Azzarello spiega il meccanismo all'amico: “... al grosso gli dai la pastella più grossa, il piccolo fa finta che non sa niente... lo sanno tutti e due che hanno mangiato e non si infamano l'uno con l'altro”. E così che Azzarello ha potuto prelevare abusivamente del materiale inerte in campagna per la sua impresa edile senza doverlo comprare in una cava regolare.

Poi, Giacomino fa riferimento ad un soggetto in particolare. Lo chiama il “baarioto”: “... perché quel cornuto di baarioto... minchia questo è pericoloso... cerca sempre di mangiare... ma sono sproporzionati questi che vengono ogni tanto da te... . “... troppo, troppo non hanno fondo, non hanno dignità - rincara la dose Azzarello - niente non hanno limite... e chi viene da te Pietro o Giovanni?”.

Identificati dalle indagini in Pietro Rammacca e Giovanni Coffaro.

Le richieste dei forestali sarebbero state pressanti. “... che ti pare che dovrei lavorare per loro... mio fratello a Natale era incazzato e non gli ha dato niente”, dice Azzarello.

Giacomino conosce bene, però, il rapporto costi-benefici. “... se tu fai calcoli... mi fai dire cinquecento euro l'anno, per loro, mille euro, ma deve essere proprio a fare il porco, ma non di più, o Dio, di queste mille euro quanto te ne fanno risparmiare volendo, volendo è così se poi ti fottono lo stesso è un altro discorso...”. Meglio pagare per stare tranquilli e non fare la fine di un imprenditore. Azzarello: “Tu lo sai che a Catalano gli devono fare levare tutto il rifiuto dalla strada?... i soldini doveva uscire hai capito?... prendeva venti mila euro...”. Se si paga si evitano guai e si ottiene il via libera per prelevare indisturbati il materiale che serve nei cantieri. “... io siccome volevo andare là alla Traversa (contrada Traversa a Ventimiglia di Sicilia ndr), ho detto se lui... lo capisci, passava non passava, se eri là nella zona... va...”, spiega Azzarello a Pietro Rammacca che risponde: “... ci puoi andare tanto noi siamo qua”. Lo informa, dunque, dei suo spostamenti.

Altro episodio è quello che riguarda Giovanni Cicala che ad Altavilla Milicia avrebbe costruito una villetta abusiva. Si sarebbe messo d'accordo con Pietro Rammacca e Rosario Spataro, solo che ha ricevuto in cantiere la visita inaspettata di Pietro Riccobono e Giovanni Coffaro. Cicala: “Io ti posso dire che gli ho dato 2000 euro per voi. Hai capito Piè”. Ramacca: “... lascia perdere questo discorso, lui se lo è negato”.

Poi rivolgendosi al collega Spataro aggiunge: “... minchia, per telefono mi fa per voi io a lui...”.

Nel corso dell'inaspettato controllo uno degli operai, Carmelo Francesco Cascino, ha chiamato Ramacca perché l'agente Riccobono “dice che deve mettere i sigilli”.

E così Rammacca contatta Riccobono. “Minchia, io vedi che con te mi sono messo sempre a disposizione e tu lo sai... non è che io ti ho detto mai... ti ho detto mai no, ti dico sempre fai tu”.e Riccobono di rimando: “Lo so pure io, mi sono messo sempre a disposizione con te e tu lo sai bene”.

I due si rinfacciano le omissioni commesse in passato: “Minchia io mi sono inghiottito l'altra volta la piscina, quello che è venuto Camillo, mi sono inghiottito... pure io mi sono messo a disposizione con te e lo sai bene...”.

La situazione sembrava essersi risolta ed invece precipita poche ore dopo quando una pattuglia del distaccamento della Forestale notifica a Cicala una convocazione in ufficio per l'indomani.

Cicala è furente. “... ora la bomba la faccio saltare io, Pietro (Rammacca ndr)... perché ora faccio nomi e cognomi”.

Rammacca tranquillizza Cascino. Avrebbe parlato con i suo colleghi per sistemare i verbali: “... vedono di dargli una mano magari alcune cose le mettono o per meglio dire fanno i verbali dove si dice che che diciamo che è tutto finito”.

L'8 novembre Luigi Matranga e Gaspare Calò vanno a mettere i sigilli alla casa di Cicala. E in macchina si dicono convinti che ci sia del marcio sotto.

Matranga. “Perché lui Rammacca ha chiamato Spataro ieri sera e gli avrà detto, minchia andiamoci a ridare di nuovo i soldi che questi ci denunciano”.

Denuncia mai presentata. “Tutti sapevano che la casa di Ciacala era abusiva, avevano pure apposto i sigilli al cantiere, ma - scrive il Gip - i lavori sono stati regolarmente portati a termine”.

La casa è stata completata.

Altro episodio riguarda un immobile costruito a Bagheria. Nel cantiere abusivo si fanno vivi Rammacca e Spataro. Cosa si sono detti lo spiega lo stesso Rammacca al collega: “Tieni qua, questi li dobbiamo dividere, però dice 'dimmi che devo fare perché vedo che il tuo collega è incazzato con me', gli ho detto ma fai a lui un regalo ' e dimmelo tu, gli do duecento euro? A chi devi fare ridere con duecento euro Aiello ma prendi cinquecento euro e glieli regali. Gli ho detto noi siamo per aiutare il povero anche perché noi gli ho detto con gli stipendi non possiamo campare più”.

Ad un certo punto Matranga parlando con Calò dimostra, secondo l'accusa, di avere intuito il gioco sporco dei colleghi. In particolare di Rammacca: “Io l'ho capito questo discorso da quando lui si prendeva a quello, suo compare, se lo portava in servizio, si prendeva la macchina... era per fare tutte queste cose qua. Lui si fermava sui posti con la macchina di servizio”. Poi il comandante del distaccamento di Bagheria del Corpo forestale della Regione concludeva: “... fino a quando non c'è qualcuno a cui gli gonfia la minchia e lo denuncia vero”. "Nonostante i proclami Matranga - si legge nell'ordinanza - non ha mai presentato una denuncia né ha mai segnalato i comportamenti dei suoi subordinati”.


 

Bocche cucite stamattina al comune tra i consiglieri dopo gli arresti di ieri che hanno riguardato Antonino Di Bella, sorvegliante del Coinres e Diego Lo Paro, dipendente del comune di Bagheria, che ha sempre curato gli aspetti amministrativi legati alla raccolta e smaltimento riifuti prima e dopo il Coinres.No comment è la risposta che danno la gran parte.

Però emerge lo sconcerto ma anche la preoccupazione per le accuse e le considerazioni contenute nel comunicato dei Carabinieri e che fanno pensare che la vicenda sia tutt'alto che chiusa.

Nel comunicato dei Carabinieri  da noi pubblicato integralmente si dice che "......Le indagini sono ancora in corso per delineare le ulteriori responsabilità, sia interne che esterne al COINRES, e gli accertamenti fin qui effettuati hanno fatto emergere e che attualmente coinvolgono a vario titolo oltre venti persone."... :

ed ancora con riferimento a Di Bella " si rendeva autore di una numerosa serie di reati, che potevano trovare esecuzione grazie alla influenza della locale consorteria mafiosa e che finivano anche con il condizionare le determinazioni dell’Amministrazione comunale."

Abbiamo chiesto al sindaco Lo  Meo una dichiarazione, e  questo è quello che ci ha risposto: "Da un punto di vista umano è una cosa che mi è dispiaciuta; nei quasi due anni in cui sono stato sindaco, sono stati intensificati i controlli su fogli di presenze e sugli straordinari, sui consumi di carburante, ed in una sola occasione , se non ricordo male, si è fatto ricorso alla pala meccanica noleggiata in emergenza da privati.

"E' possibile - ha proseguito il sindaco- che le accuse rivolte a Di Bella e Lo Paro, si riferiscano a periodi precedenti il mio mandato. Con Di Bella, per motivi attinenti il mio ruolo, ero spesso in contatto  e ne apprezzavo l'impegno e la disponibilità anche al di fuori dei normali orari di lavoro. E' un bene però che siano arrivate le indagini dei Carabinieri, ai quali va la nostra riconoscenza per il lavoro che fanno.

L'obiettivo della politica - conclude Lo Meo - dovrà essere quello di trovare l'unità sulle soluzioni da adottare per rimettere ordine nel settore della raccolta dei rifiuti e per garantire ai cittadini una città pulita ed una riduzione della Tarsu".

E  Bartolo Di Salvo, che sul tema della moralizzazione e dell'efficienza del Coinres è stato quello che con più rigore, coerenza e  lungimiranza si è battuto sin dall'autunno del 2007 ( assunzione dei Temporary) ci dice: E' giusto che la Procura faccia chiarezza su quanto accaduto all'interno del Consorzio rifiuti per sradicare la malapianta del malaffare.Plaudo alle forze dell'ordine per l'impegno che stanno dimostrando in questa direzione.".

Il Partito Democratico riunirà questo pomeriggio i propri organi direttivi per prendere una posizione ufficiale

Avrebbero taglieggiato numerosi imprenditori compiacenti, adottando modalità estorsive tipiche dell'organizzazione mafiosa, pur indossando una divisa.

E' questa l'accusa contenuta nell'ordinanza di custodia cautelare che la Squadra mobile di Palermo ha notifcato a cinque persone, un imprenditore edile e quattro appartenenti al Corpo Forestale della Regione Siciliana in servizio presso il distaccamento di Bagheria.

Cinque persone sono state arrestate dalla sezione criminalità organizzata della Squadra mobile di Palermo. Si tratta di quattro agenti del Corpo forestale della Regione siciliana, impiegati nel distaccamento di Bagheria: Pietro Rammacca, 50 anni, e Rosario Spataro, di 49, sono in cella; Domenico Bruno, 49 anni, e Giovanni Fontana, di 51, ai domiciliari.

Arresti in casa anche per un imprenditore edile di Ventimiglia di Sicilia, Rosario Azzarello.

Nel provvedimento, emesso dal Gip Angela Gerardi su richiesta  del procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dei pubblici ministeri Alessandro Picchi e Caterina Malagoli.
 

Si ipotizzano i reati di corruzione, induzione indebita a dare o promettere utilità, omessa denuncia ed abuso d'ufficio.

L'operazione scaturisce da una indagine più complessa svolta tra il 2011 ed il 2012 dalla Squadra Mobile di Palermo in collaborazione con quella di Agrigento relativa agli assetti mafiosi dell'area orientale della provincia.

In una vicenda che presentava le caratteristiche classiche dell'estorsione è emerso il coinvolgimento di un rappresentante del Corpo Forestale.

Le indagini hanno fatto emergere come un gruppo di appartenenti al distaccamento di Bagheria avrebbe acquisito benefici economici personali, attraverso pratiche di fatto estorsive.

Gli investigatori avrebbero accertato numerosi episodi di corruzione che tendevano a favorire imprenditori compiacenti.

Secondo gli inquirenti l'attività illecita sarebbe stata pianificata con modalità tipiche delle organizzazioni criminali, con notevoli pressioni di carattere psicologico.

Le indagini hanno infine registrato come gli imprenditori considerassero gli operatori della forestale " avidi" e “senza dignità”.

Non si accontentavano del regalo per le festività, ma avrebbero preteso tangenti più sostanziose.

Spesso, però, erano gli stessi imprenditori a rivolgersi agli agenti per evitare i controlli.

Ecco perché le indagini sembrano destinate a coinvolgere altre persone.

 

da gds.it

I Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo hanno concluso nel mattino una significativa operazione antimafia, convenzionalmente denominata “BAGHDAD”, che, con l’esecuzione di 2 provvedimenti cautelari, ha reciso il canale di infiltrazione del mandamento mafioso di Bagheria nel C.O.In.R.E.S di Bagheria.

Le misure sono state richieste dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo ed emesse dal Giudice per le indagini preliminari, e fanno riferimento a gravi fatti di estorsione e truffa, consumati in un contesto chiaramente mafioso.

L’operazione è il frutto di una prolungata attività investigativa avviata, dal 2009, dalla Compagnia Carabinieri di Bagheria, prendendo le mosse dall’operazione PERSEO, portata a segno il 16 dicembre 2008 sempre dai carabinieri, che decapitava la nuova cupola: in particolare, era stato accertato che cosa nostra si stava riorganizzando per ricostituire la cd commissione provinciale e, dunque, per tornare a disporre di un organismo deliberativo centrale in grado di assumere decisioni di rilievo anche per i fatti più gravi.

In tale contesto le indagini hanno posto in luce la figura di Antonino DI BELLA cl. 55, detto Nino, pluri-pregiudicato, quale persona stabilmente inserita nel contesto mafioso bagherese.

Sulla base di queste premesse, gli investigatori hanno avviato una complessa indagine, attraverso intercettazioni telefoniche, ambientali e di colloqui in carcere, video-sorveglianze e servizi di osservazione, all’esito della quale è risultato che il DI BELLA -in servizio, con la qualifica di mero sorvegliante, presso il C.O.In.R.E.S. di Bagheria, ma in realtà vero dominus del consorzio - con la connivenza di dirigenti pubblici infedeli, tra i quali in particolare il responsabile amministrativo del C.O.In.R.E.S. di Bagheria Diego LO PARO cl. 49, si rendeva autore di una numerosa serie di reati, che potevano trovare esecuzione grazie alla influenza della locale consorteria mafiosa e che finivano anche con il condizionare le determinazioni dell’Amministrazione comunale.

Sono stati così realizzati, da parte degli indagati, svariati profitti illeciti, in danno dell’ente pubblico, che hanno certamente influito sul successivo dissesto economico.

Non va dimenticato in proposito che l’instabilità economica del consorzio, da cinque anni pressoché permanente, ha determinato allarme sociale, seri problemi di ordine pubblico e frequenti emergenze sanitarie, per la mancata raccolta dei rifiuti, che hanno messo in pericolo l’incolumità e la salute pubblica dei cittadini, turbando gravemente la vita della comunità.

E’ emerso, ancora una volta, come il sistema dello smaltimento di rifiuti, fonte di ingenti guadagni nonché di posti di lavoro da distribuire, costituisca oggetto di infiltrazione da parte dell’associazione mafiosa, che è solita trarne alimento per il consolidamento dei propri interessi.

Nel dettaglio è stato accertato che DI BELLA, forte della appartenenza alla famiglia mafiosa, era riuscito a sfruttare il consorzio per il soddisfacimento dei proprio interessi, tutt’altro che pubblici, e a svolgere opera di condizionamento sulla sua complessiva gestione.

E’ stato in particolare dimostrato che il DI BELLA, con la complicità del dirigente amministrativo del CO.In.R.E.S, LO PARO Diego (che gli consentiva la perpetrazione di qualsiasi illecito nell’ambito del consorzio) riusciva a condizionare le ditte in rapporti contrattuali con il consorzio, pretendendo somme di denaro a titolo di estorsione , come è avvenuto ai danni di un imprenditore del luogo, titolare di mezzi dati in locazione al consorzio, al quale sono state chieste somme di denaro, evocando la classica raccolta di fondi per il mantenimento dei detenuti mafiosi.

E’ emersa anche una truffa in danno del COINRES, attuata attraverso il noleggio di un mezzo meccanico, di fatto appartenente allo stesso DI BELLA, pur intestato a prestanome, per il cui utilizzo si è fatto risultare un numero maggiore di giorni lavorativi rispetto a quelli in cui il mezzo veniva realmente impiegato.

Sono stati così quantificati profitti illeciti, ammontanti a circa seicento euro al giorno, per un totale pari a diverse centinaia di migliaia di euro, considerato che il meccanismo fraudolento è andato avanti per anni.

Ed ancora, è stato accertato l’assoggettamento del titolare di un distributore di carburante di Bagheria -presso cui il Co.In.R.E.S., in virtù di una convenzione, riforniva i propri mezzi e quelli dei suoi dipendenti[1]- al quale veniva imposto di rifornire di carburante, a spese del consorzio, terzi estranei, tra i quali propri parenti e amici, adottando a copertura una contabilità parallela, utilizzando fittizi buoni di benzina, ovvero sottraendoli dalla fornitura del mezzi cui erano destinato e “gonfiando” a tale scopo le bolle di consegna.

Il medesimo sistema è stato utilizzato dal DI BELLA anche per rifornire il mezzo meccanico nella sua disponibilità (utilizzato per le truffe di cui si è detto) le cui spese, a norma di contratto, dovevano essere a carico della ditta fornitrice.

Infine, in diversi casi, sono stati alterati i fogli di presenza dello stesso DI BELLA e di dipendenti da lui favoriti per consentire la percezione di emolumenti per ore lavorative non svolte.

Non v’è dubbio che la facilità, con cui i due arrestati ed i loro complici hanno potuto sistematicamente operare, all’interno del consorzio, per realizzare i propri illeciti proventi, sia stata consentita proprio dalla capacità intimidatrice che derivava dal loro conclamato riferimento a “cosa nostra”.

Le indagini sono ancora in corso per delineare le ulteriori responsabilità, sia interne che esterne al COINRES, che gli accertamenti fin qui effettuati hanno fatto emergere e che attualmente coinvolgono a vario titolo oltre venti persone, nonché per ricostruire nella sua interezza il contesto mafioso nel quale sono stati consumati gli specifici fatti illeciti oggetto del provvedimento.

 

Questi gli arrestati:

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DI BELLA Gioacchino Antonino    -          LO PARO Diego

nato a Bagheria il 05.12.1955        -          nato a Palermo il 12.12.1949.

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