Cronaca

Sarà il carcere di Opera a Milano, dotato di un centro medico attrezzato per diagnosi e terapie,  ad occuparsi dell'assistenza dell'ex tycoon della sanità siciliana Michele Aiello, che pur soffrendo di una grave patologia, il favismo, non è però in pericolo di vita.

E' questa la sentenza assunta, dopo una serie di controverse perizie mediche e di rinvii, dal Tribunale di sorveglianza di Palermo, presieduto da Alberto Bellet.

Da ieri Aiello ha lasciato la propria casa di Bagheria, dove aveva scontato un anno di pena ai domiciliari, per raggiungere  Milano.

Si ricorderà che la sentenza del tribunale di sorveglianza dell'Aquila, di assegnare per un anno Aiello agli arresti domiciliari, le cui condizioni erano state giudicate incompatibili con il regime di vita carceraria, e che quindi nel carcere di Sulmona non avrebbe potuto avere adeguata assistenza, aveva creato un certo sconcerto nell'opinione pubblica, ed era stata oggetto di polemici commenti anche da parte di alcuni autorevoli magistrati, che avevano avuto un ruolo nelle indagini su Michele Aiello.

La questione era esplosa dal punto di vista mediatico quando il conduttore Massimo Giletti aveva polemizzato duramente durante la trasmissione 'Domenica in' con i giudici che avevano concesso i domiciliari, chiedendo l'intervento del ministro di Grazia e giustizia. 

Da quella denuncia erano partita due inchieste, una del Ministero di grazia e giustizia  e una del DAP (Dipartimento amministrazione penitenziaria), che avevano portato al traferimento del direttore del carcere di Sulmone,  a Pescara.

Adesso la competenza sulla permanenza o meno ai domiciliari di Aiello, era passata sotto la competenza del Tribunale di Palermo.

Aiello condannato a 14 anni nel processo "Talpe in procura", e difeso dall'avv. Sergio Monaco, anche durante la fase di arresto preventivo aveva goduto dei domiciliari, e sempre per la sua grave patologia.

Sono poco più di una decina i ragazzini dai 10 ai 15 anni, maschi e femmine, che ormai si stanno facendo conoscere per i vandalismi, i danneggiamenti e gli scherzi di cattivo gusto che mettono in atto anche in pieno giorno.

Il loro territorio privilegiato è quello del quartiere Verdone, a ridosso delle vie D.co Sciortino, Via Diaz, via Fricano, via Verdone: durante il pomeriggio fanno degli scherzi, diciamo così innocenti, del tipo di rubare le chiavi delle auto o delle moto che qualche residente ha lasciato imprudentemente inserite nel cruscotto, magari davanti casa propria e poi le buttano a qualche decina di metri di distanza.

Al calar delle tenebre, allargano il raggio di azione, e compiono veri e propri atti di vandalismo e danneggiamenti: rompono specchietti retrovisori, lunotti, fari e frecce di auto, imbrattano con le vernici case, muri e quant'altro capita loro a tiro.

Ieri hanno chiuso dentro i locali del sindacato il responsabile della Cisl, avendo trovato le chiavi appese all'esterno della porta di ingresso ( e per fortuna non si sono portate via le chiavi), e subito dopo hanno invece rubato la chiave dall'auto di un anziano che l'aveva appunto lasciata inserita.

Il poveraccio ha dovuto sudare le tradizionali sette camicie per potere rientrare a casa.

Nella ricerca, che ha dato peraltro esito infruttoso, della chiave dell'auto del pensionato, sono state ritrovate proprio in vicinanza della sede della Cisl, diverse altre chiavi di moto.

Pertanto se qualcuno le avesse avuto sottratte in quella zona, le potrà ritrovare presso gli uffici della Cisl, dove vengono custodite.

La banda è ormai nota alla Polizia e i soggetti sono già stati identificati: ma quando ne acciuffano qualcuno, considerata l'età, non sono punibili, e vengono pertanto riaffidati ai genitori.

Pare che qualcuno abbia situazioni difficili in famiglia, ma altri sono ragazzi come si suol dire "assolutamente normali" che per divertirsi e combattere la noia debbono fare i teppisti. 

la foto di copertina è tratta dal web

Dall'alba i Carabinieri del Gruppo di Monreale  stanno conducendo una vasta operazione antimafia nell'area occidentale della Provicnia di Palermo. 

Più di 300 sono i Carabinieri impiegati, supportati dall'alto da due elicotteri, che hanno proceduto all'arresto di una quarantina di persone.

Le indagini, coordinate dalla DDA di Palermo e avviate nel 2010, documentano la costiutuzione del nuovo "Mandamento di Camporeale", nato dall'unione degli 'storici' mandamaneti di 'San Giuseppe Iato' e 'Partinico'.

Un super mandamento capace di imporsi con la forza sulle altre articolazioni mafiose palermitane.

Antonino Sciortino, Salvatore Mulè, Giuseppe Speciale, Giuseppe Libranti, Francesco Lo Cascio,

Giuseppe Lombardo, Giuseppe Marfia, Francesco Matranga, Giuseppe Micalizzi, Francesco Vassallo,

Giuseppe Antonio Vassallo, Salvatore Tocco, Vincenzo Madonia, Christian Madonia, Antonio Badagliacca,

Davide Buffa, Francesco Sorrentino, Salvatore Romano, Santo Porpora, Domenico Billeci,

Carmelo La Ciura, Onofrio Buzzatta, Vincenzo La Corte, Ignazio Grimaudo, Giovanni Rusticano,

Salvatore Lombardo classe 1922, Giuseppe Abbate, Antonino Giambrone, Angelo Cangialosi, Giacomo Tinervia,

Sergio Damiani, Calogero Caruso, Valica Buzila, Giovanni Longo e Sebastiano Bussa, Salvatore Prestigiacomo, Giuseppe Lo Voi. 

Più tardi gli aggiornamenti.

Guarda il video dei Carabinieri (livesicilia)

Fonte Ufficio Provinciale Stampa dei Carabinieri

Il capitolo più corposo nelle indagini che i Carabinieri della Compagnia di Bagheria, guidati dal maggiore Francesco Tocci, è volto a disegnare il ruolo di Antonino Di Bella, per tutti Nino, praticamente il dominus del Coinres, che cura la raccolta rifiuti in 22 comuni da Bagheria a Lercara, che in virtù del rapporto con la famiglia mafiosa di Bagheria, avrebbe anche condizionato la politica, al punto da portare i Carabinieri a fare nei loro rapporti una pesante affermazione che riportiamo:

Il condizionamento dell’ente pubblico da parte di Di Bella scrivono infatti i carabinieri - si è potuto realizzare grazie, innanzitutto, all’influenza che egli, quale rappresentante della famiglia mafiosa di Bagheria, ha potuto esercitare sull’allora primo cittadino di Bagheria, Biagio Sciortino (che non è indagato, ndr), il quale a sua volta, faceva dipendere ogni sua decisione sul Coinres dall’odierno indagato”.

E’ una considerazione che getta una luce inquietante su quanto accaduto al Coinres dal luglio del 2008 ad oggi, vale a dire dal tempo della prima di una lunga serie di “emergenze rifiuti”, che tanto danno hanno fatto alla città e ai cittadini, e che probabilmente però avevano una regia molto abile.

Negli stralci di intercettazione pubblicate sul periodico S oggi in edicola, c'è uno spaccato della commistione tra mafia, politica e gestione del Coinres.

A cominciare dalla figura di Nino Di Bella i cui rapporti con Pino Scaduto erano già noti agli inquirenti; il suo nome è presente nelle carte dell’indagine ‘ Perseo’e la sua ‘posizione’ era stata pur tuttavia archiviata. 

Alcuni punti fermi comunque erano stati acquisiti.

Era di Nino Di Bella lo scooter che Pinuzzo Scaduto, capo della famiglia mafiosa di Bagheria, utilizzava per andare a Palermo per incontrare altri mafiosi poi arrestati nella stessa operazione, Benedetto Capizzi, Giovanni D’Agati e Salvatore Adelfio, con l’accusa di volere ricostituire la cupola mafiosa.

Pare che il Di Bella facesse anche da staffetta al boss bagherese e che fungesse da intermediario con i mafiosi di Ficarazzi.

Sono le intercettazioni effettuate nel novembre del 2009 nel carcere di Cuneo dove è ristretto Scaduto e le dichiarazioni rese nel marzo del 2011 da Onofrio Prestigiacomo, anche lui arrestato nell’operazione ‘Perseo’, a fare però  riaccendere i riflettori su Di Bella.

alt nella foto Diego Lo Paro e Nino Di Bella

Ecco alcuni stralci delle dichiarazioni di Prestigiacomo su Di Bella.

“E’ stato sempre vicino a Scaduto ( condannato a dieci anni nel processo nato dal blitz Perseo ndr)... ed era una persona di fiducia come uomo d’onore”, fa mettere a verbale Prestigiacomo.

“…..Dopo la scarcerazione di Scaduto, Di Bella si rimette di nuovo vicino allo Scaduto... camminavano sempre insieme... Scaduto mi diceva certe cose, me le mandava a dire con Di Bella….e metteva a disposizione diciamo anche il furgone della nettezza urbana e lo accompagnava in certi appuntamenti ….

….”Certe volte gli prendeva appuntamenti con certe persone e glieli andava a fare nel deposito della nettezza urbana... me l’ha detto pure Andrea Carbone... che ci si vedeva e metteva a disposizione anche diciamo il furgone della nettezza urbana, lo là Carbone, Michele Modica, certe volte pure Emanuele Cicala... che lavorando là diciamo il Di Bella gli metteva a disposizione a Scaduto per farsi appuntamenti là”.

Quello che però viene fuori è  il mutamento di atteggiamento e di giudizio del boss Pino Scaduto, in carcere a Cuneo, nei confronti del Di Bella, probabilmente dovuto alla gestione degli aiuti alle famiglie dei mafiosi incarcerati.

Il 20 marzo 2009 la sala colloqui del carcere di Cuneo è imbottita di microspie, che fedelmente registrano.

Giuseppe Scaduto si sfoga con il figlio Paolo. Imputa ( sbagliando dicono i CC. N.d.r.) alla figlia Caterina, la responsabilità del suo arresto: “Per questo non mi lasciavano notte e giorno... notte...notte e giorno li avevo di sopra... gli ha detto pure a chi dovevano stare di sopra... si è fatta sbirra... anzi com’è che non ha consumato pure a questo?”.

Nel momento in cui pronuncia quest’ultima frase, si legge nei verbali, Scaduto punta il dito contro l’esterno del carcere.

Non è stato difficile scoprire che in quei giorni in un albergo di Cuneo avevano alloggiato Gioacchino Di Salvo e Pasquale Di Bella, soci in affari.

Il mese successivo Scaduto parla con la sorella Maria e il cognato Mariano Liga e rincara la dose: “ Quello che ci ha a lato è più cornuto di lui... mi ha venduto con il maresciallo... e quel cornuto lo sa... sì che una volta gli ha detto che lui mi accompagnava a Palermo”.

È il primo indizio che riporta a Di Bella, che nel frattempo ha conquistato la fiducia del sindaco Biagio Sciortino e si pone come vero garante del funzionamento ( per quello che si può definire funzionamento) del Coinres a Bagheria.

La frase di Scaduto- “quello che c’ha a lato” - era riferita – secondo i carabinieri - al fatto che il sorvegliante del Coinres e suo figlio Paolo erano divenuti inseparabili.

Dalle intercettazioni emerge anche il ruolo che Di Bella avrebbe avuto nel sostegno economico di Scaduto mentre quest’ultimo si trova in carcere: è questa la chiave di lettura che i Carabinieri fanno di una intercettazione in cui Di Bella spiega al figlio di Scaduto, Paolo.

“Perché in questo momento ci dobbiamo dare una mano... tuo padre ci manda a dire che non ci dobbiamo fare i fatti suoi che ci devono pensare i tuoi cugini per darci i soldi dell’avvocato… io non mi sono mischiato per questo problema
proprio... mi sto facendo i fatti miei ora dobbiamo vedere cosa devono risolvere... ma in questo momento noi dobbiamo….
cercare uno di aiutarlo di tirarlo fuori da là dentro... noialtri lo possiamo campare a lui là dentro... a lui personalmente a lui solo... gli altri la minchia”.

Ma Di Bella non sa che l’ opinione di Scaduto nei suoi confronti è radicalmente mutata, tant’è che parlando in carcere con il figlio Paolo, Pinuzzo Scaduto si lascia andare:

A quel cornuto pure glielo devi dire... allo spazzino... gli devi dire cornuto pure tu... nella stessa barca siete tutti... e senza onore e dignità gli dici ‘e poi te lo dice lui se c’hai campato o non c’hai campato’ gli dici ‘il muletto che ti andavi a prendere là sotto per l’immondizia... e ti fottevi i piccioli di chi era?... e ti fottevi i piccioli di là’ gli dici ‘tutte cose sa non ti preoccupare’”.

Peraltro Di Bella pare che si prodighi per pagare oltre che le spese legali anche il saldo di un ponteggio acquistato dallo Scaduto per il figlio, come si evincerebbe da questi scampoli di conversazione con il dirigente amministrativo Diego Lo Paro nel novembre del 2009 :

“Ora era l’orario siccome ho fretta che devo andare là... che quelli devono andare a Palermo dall’avvocato...
ormai ho preso questo impegno”.

Ed ancora. “E per questo sto facendo questo discorso qua Diego... perché era un impegno che
aveva preso lui... di un ponte di suo figlio... tredicimila euro... era giunto a undicimila... e con novemila euro me la sto vedendo di l'astracu... gli devo dare duemila euro..ma glieli sto scottando.

Un altro capitolo gli inquirenti lo dedicano ai condizionamenti che debbono subire i fornitori del Coinres: in un caso c’è un autotrasportatore che avrebbe ammesso di avere avuto richiesti 1000 euro da Di Bella.

O il riferimento in un colloquio con Lo Paro ad un imprenditore che noleggia mezzi per la raccolta del quale dice: “Nino sempre ai piccioli pensa... però con una cassettina se l’è vista di l'astraco... fagli prendere questi altri piccioli che io... ci andiamo a fare....hai capito?... ci penso io…”

C’è n’è anche per il rifornitore di carburante per i mezzi del Coinres:

“...Mi faccio dare i piccioli ogni mese e gli faccio finire il babbio che giù mi sta facendo fondere ora... già mi sta scassando la minchia Filippo”.

Sarebbero stati accertati anche episodi di intimidazione nei confronti di alcuni fornitori, in particolare una bottiglia di benzina lasciata appesa allo specchietto retrovisore di un mezzo che veniva noleggiato al Coinres.

nella foto di copertina  il maggiore Francesco Tocci, comandante della Compagnia dei CC di Bagheria
 

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