Cronaca

Nella serata del 17 novembre i Carabinieri della Compagnia di Bagheria (PA), in via Lo Re, hanno tratto in arresto per tentato furto aggravato in concorso, i seguenti soggetti:

- Angelo Grella , nato a Palermo, classe 1976, residente a Bagheria;

- Andrea Aiello, nato a Palermo, classe 1984, residente a Bagheria;

- Giuseppe Gagliano, nato a Bagheria, classe 1968, ivi residente.

I tre, dopo essere stati sorpresi dai Carabinieri mentre erano intenti a forzare le portiere di una Fiat Punto, parcheggiata nella pubblica via, hanno tentato di darsi alla fuga a piedi, venendo bloccati dai militari al termine di un breve inseguimento.

L’Autorità Giudiziaria ha disposto la traduzione degli arrestati presso le proprie abitazioni in regime di arresti domiciliari e il rito per direttissima presso il Tribunale di Termini Imerese, conclusosi con la convalida dell’arresto e la conferma della misura cautelare degli arresti domiciliari.

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  Grella Angelo                                                      Aiello Andrea                                           Gagliano Giuseppe

Trema la mafia di Bagheria e quella d'oltreoceano. Tremano i clan di una grossa fetta della provincia palermitana. Quelli che per anni hanno offerto protezione a Bernardo Provenzano. Quelli che hanno imposto il pizzo a tappeto e hanno sporcato di sangue le strade. Quelli che hanno fatto affari con i narcos della Cosa nostra canadese.

Si è pentito Sergio Flamia, braccio destro del capomafia bagherese Gino Di Salvo. Dell'importanza del suo pentimento, avvenuto quasi in contemporanea con quello di Giovanna Galatolo, figlia del boss dell'Acquasanta, si è discusso nel corso delle riunioni della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo siciliano. Una ventina di giorni fa, superata la soglia dei cinquant'anni, Flamia ha deciso di saltare il fosso.

Trasferito in una località protetta ha iniziato a raccontare i segreti della mafia di cui è stato protagonista. Nel 2008 era già a disposizione dei vecchi padrini. Erano sue le case dove il capomafia Giuseppe Scaduto incontrava i mafiosi di Palermo che si erano messi in testa di riconvocare la commissione provinciale di Cosa nostra. Cinque anni dopo, nel maggio 2013, la scalata di Flamia era ultimata. C'era lui al fianco di Di Salvo. Braccio operativo del capo, come Carmelo Bartolone. Tra i due, però, Flamia era quello che godeva di maggiore rispetto. Forte com'era di un piccolo esercito che imponeva il pizzo a tappeto.

Flamia è stato al fianco degli ultimi tre capimafia di Bagheria. Prima di Scaduto, arrestato nel 2008, il cui posto venne preso da Antonino Zarcone, giovane e rampante capo della famiglia di Altavilla Milicia. Anche lui finirà in manette nel 2011, aprendo una stagione di crisi. A quel punto sarebbe toccato all'anziano Di Salvo. Dall'inchiesta dei carabinieri del Comando provinciale di Palermo e del Ros, che nel maggio scorso portò in carcere ventuno persone, su richiesta del procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dei sostituti Francesca Mazzocco e Caterina Malagoli, venne fuori lo spaccato di una mafia arroccata nelle tradizioni (dalla punciuta durante il rito di affiliazione alla presentazione dei nuovi picciotti agli anziani), ma che guardava al futuro investendo fiumi di denaro - la gran parte arriva dal traffico di stupefacenti - nell'apertura di imprese edili, supermercati, agenzie di scommesse e locali notturni.

Una mafia imprenditrice di cui Flamia conosce i segreti. I suoi metodi violenti erano temuti. “… mettigli una bella briglia...”, diceva parlando dei nuovi affiliati. Per chi non pagava il pizzo non bisognava avere pietà: “Questa la prendo e te la faccio ingoiare... se non porti ventimila euro di acconto... ah?… hai finito perché mi hai preso troppo per il culo... ed io questa (la pistola ndr) la prendo e te la faccio ingoiare... grandissimo cornuto e indegno che sei... ”.

Flamia conosce anche i rapporti perversi fra la mafia e la politica. Un avviso di garanzia è stato notificato a Giuseppe Scrivano, sindaco di Alimena, che nell'ottobre 2012 si era candidato alle regionali nella lista Musumeci presidente e poi alle politiche con la Lega Nord.

Le sue dichiarazioni serviranno soprattutto per fare luce sulla guerra di mafia esplosa di recente nel bagherese. All'indomani del blitz di maggio i carabinieri del Ros scoprirono i corpi di Juan Ramon Fernandez e Fernando Pimentel, crivellati di colpi, bruciati e abbandonati nelle campagne di Casteldaccia.

La faida canadese era ed è sbarcata in Sicilia. Fernandez era l'ambasciatore a Toronto di don Vito Rizzuto, leader del clan nato come costola di due famiglie newyorkesi (Bonanno-Gambino), ed erede di Nicolò Rizzuto, l'anziano patriarca partito da Cattolica Eraclea per diventare un potente boss a Montreal. Il dominio dei Rizzuto negli ultimi anni è stato messo in discussione da Raynald Desjardins.

Quando Rizzuto è stato scarcerato, nell'ottobre 2012, la guerra è esplosa più feroce che mai. Fernandez si è trovato in mezzo al conflitto e non ha saputo o voluto scegliere con chi schierarsi. Da una parte il suo padrino, don Vito Rizzuto, e dall'altro Raynald Desjardins che assieme a Fernandez, nel corso della stessa cerimonia, era stato affiliato alla famiglia mafiosa canadese.

Una volta arrivato in Sicilia, Ramon Fernandez si è creato una schiera di picciotti e si è messo in affari con la droga. Con il benestare dei boss locali, naturalmente. A cominciare da Sergio Flamia, che lo spagnolo chiamava “il capo”. Flamia potrebbe sapere chi sono i mandanti del delitto. Un altro pentito, Giuseppe Salvatore Carbone, ha fatto ritrovare i corpi e arrestare i presunti killer, i fratelli Pietro e Salvatore Scaduto.

Flamia potrebbe aprire uno squarcio di verità sul livello superiore. D'altra parte, due giorni dopo la scomparsa, sua era la frase sibillina: “Vedi che sempre i migliori amici hanno portato a morire”. E forse sa pure perché Carmelo Bartolone prima ha deciso di scappare dalla Sicilia e poi di consegnarsi al posto di polizia di un ospedale.

tratto da livesicilia.it

La notizia sta lasciando tutti  increduli e sbigottiti: il tenente dei Vigili, Salvatore Bartolone, è morto questa notte all'improvviso. 

Stando alle prime sommarie e frammentarie notizie che ci sono pervenute pare che Salvo Bartolone abbia avvertito mal di testa intorno alle 23 di domenica sera, ma a  niente sono valsi i soccorsi ricevuti dai familiari, dal fratello Angelo in particolare presso la cui abitazione si trovava e con il quale aveva appena finito di guardare uno spettacolo sportivo in televisione.

Nulla hanno potuto fare nulla neanche i sanitari del 118, peraltro tempestivamente intervenuti, che per oltre mezz'ora hanno tentato di rianimarlo.

Salvo Bartolone, che aveva 48 anni, era fratello del consigliere comunale Angelo Bartolone e del dipendente comunale Pippo Bartolone, impiegato presso il comune di Bagheria all'Ufficio statistica; lascia la moglie e due figlie di 20 e 16 anni,

Salvo Bartolone era stato assunto nel corpo dei vigili urbani di Bagheria nel 1988, dove aveva percorso l'intera carriera.

Era anche un grande appassionato di calcio: per un lungo periodo aveva ricoperto il ruolo di dirigente all'interno del Bagheria calcio, dove particolarmente attento al vivaio, sotto la sua ala erano cresciuti tanti giovani che si erano successivamente affermati.

In queste ore il sindaco, l'intera giunta e i consiglieri comunali si stanno stringendo attorno alla famiglia di Salvo.

Ai fratelli, Angelo e Pippo, alla moglie Cecilia Ventimiglia, alle figlie Agnese e Maria e agli altri familiari i sensi del nostro più profondo cordoglio e l'abbraccio partecipe in questo momento di strazio e di dolore da parte di bagherianews  e di Angelo Gargano in particolare.

I funerali si svolgeranno martedì alle ore 15.30 presso la Chiesa Madrice

Nella foto Salvo Bartolone tiene in mano una coppa.

 

E’ accaduto nella mattinata di ieri a Bagheria (PA), nella via Ignazio Lanza di Trabia, quando i Carabinieri della locale Stazione, nel corso di un controllo condotto unitamente a personale ENEL, traeva in arresto per il reato di furto aggravato O. g., nato a palermo classe 1978, del luogo, titolare di una rivendita di prodotti ortofrutticoli.

Il furbo commerciante aveva alterato il contatore Enel dell’allaccio della citata attività commerciale, posizionandovi un magnete che consentiva un abbattimento dei consumi pari a circa il 90%.

Il danno totale, in corso di quantificazione, mentre il magnete è stato sottoposto a sequestro penale.

L’A.G., disponeva la traduzione dell’arrestato presso la propria abitazione in regime di arresti domiciliari, in attesa del rito direttissimo conclusosi nella mattinata odierna con la convalida dell’arresto. Il commerciante è stato, inoltre, sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla P.G., pertanto rimesso in libertà.

 

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