Cronaca

Sono venuti in oltre duecento alla cerimonia laica dell'addio estremo a Beppe Zaso: dagli amici di sempre, ai compagni, alcuni ormai avanti negli anni, via via incontrati nel suo percorso politico, ai militanti di Legambiente, ai politici che più di recente lo hanno conosciuto e apprezzato, come Pino Apprendi e Antonello Cracolici.

Una cerimonia spartana e senza fronzoli, come la bara di semplice legno grezzo senza orpelli e fronzoli, che coinvolge i presenti in una sorta di replay di una esistenza in cui tutti si ritrovano e si riconoscono in quelli che sono stati gli ambiti di impegno di Zaso, dal partito, a Legambiente, al sindacato.

Accanto alla moglie, alla figlia e all'anziana madre si stringono un pò tutti, dai familiari, agli amici, ai compagni di cento battaglie ambientaliste, e non solo.

C'è un ecumenismo di presenze che rispecchia in qualche modo la figura dello scomparso, militante di partito sì, ma sempre aperto al confronto: ci sono gli amici da una vita, da Gianni Scannavino che introdurrà con la voce rotta dall'emozione e che ricorderà di Beppe al di là del suo impegno e della sua sincerità, le lunghe discussioni e le grandi battaglie a risiko che finivano all'alba  a Padre Francesco Michele Stabile che di Zaso sottolinea la sua aspirazione verso il cambiamento e legge un brano dell'Apocalisse;  dal segretario del Circolo cittadino del PD, Orazio Amenta che ringrazia la famiglia per aver voluto celebrare questo rito laico dentro la sezione del P.D., a volerne sottolineare, sino ed oltre la morte, l'appartenenza a quella sinistra con la quale pure spesso Beppe Zaso aveva con grande schiettezza polemizzato, e richiama la sua intuizione sul parco a Monte Catalfano per cui si battè coraggiosamente, a Ciccio Zizzo che ricorda le polemiche ambientaliste contro  le 'spadare' delle piccole flottiglie pescherecce, seguito  da un confronto acceso sul tema a un congresso ad Ancona del Sindacato pesca, dal quale dibattito ognuno trasse preziosa materia di insegnamento.

Sono stati oltre una decina gli interventi ognuno con la propria testimonianza, di aneddoti, storie ed episodi.

Emanuele Tornatore che legge un brano su 'Gli indifferentidi Antonio Gramsci, il cui volto tratto da una vecchia tessera del Partito comunista, era l'immagine facebook di Zaso, brano che fotografa perfettamente la sua figura.

L'intervento che forse rende meglio il clima è stato quello della figlia Tatiana: sorridendo ricorda qualcosa del padre: l'amore e l'attaccamento alla famiglia, a lei naturalmente ed al nipotino Riccardo, il suo essere giocoso in casa come un eterno bambino, e la malattia che nella fase finale incise profondamente sul suo carattere e le sue abitudini.

E parla come se lo avesse ancora davanti suo padre, curioso, pronto a dispensare consigli, nozioni ed informazioni sul tema che più gli stava a cuore, come pronto ad approfondire su Internet questioni poco note o controverse, ed a stampare, scherza Tatiana, lui ambientalista, il tutto rigorosamente a colori.

E poi ancora  Nino Morreale, Totò D'amico con cui di recente si era ritrovato, Luigi Tanghetti che teneva ben in vista la bandiera gialla di Legambiente.

Poi la salma ritorna a Palermo per l'ultimo estremo passaggio, la cremazione.

Andranno a processo con il rito ordinario quattro degli indagati della cosiddetta Operazione 'Bucatino' dal nome del ristorante che sarebbe stato nella disponibilità di due degli arrestati: i De Santis,  Giovanni e Maurizio, padre e figlio.

Ma anche tre degli altri quattro, che pure avevano chiesto il rito abbreviato, saranno costretti a seguire il rito ordinario, avendo rinunciato al rito breve perchè il GUP Lorenzo Iannelli ha rigettato la loro richiesta di sentire diverse persone tra cui le vittime.

Gli imputati, otto complessivamente, erano stati arrestati nell'aprile dello scorso anno con l'accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso: tra gli arrestati alcuni appartenenti al Mandamento di Bagheria, Umberto e Francesco Centineo, padre e figlio, Giuseppe Pietro Flamia (nella foto), cugino del pentito Sergio Rosario Flamia, oltre a Francesco Pitarresi, Francesco Li Candri e Rita Salerno, moglie di Maurizio De Santis.

La vicenda era partita dal furto di un carico di elettrodomestici per un valora di circa 170.000 euro di una ditta di trasporti bagherese, i cui titolari, Carla Binaghi e Aurelio D'Amico, che si erano rivolti ad alcuni degli imputati, per essere 'assistiti' nel recupero del maltolto, erano stati invece essi stessi diventati bersaglio di  una pesante richiesta estorsiva che aveva visto, non solo minacce, ma  anche pestaggi e aggressioni ai presunti responsabili del furto, due dipendenti della ditta di trasporto, ed ai titolari stessi ridottisi in balìa della banda di estorsori.

Nel processo che si svolgerà è stata accolta la richiesta di costituzione di parte civile oltre che dalla coppia titolare della ditta di autotrasporti, anche di diverse associazioni e organizzazioni di categoria, dalla Confcommercio alla Confesercenti, dalla FAI a Confindustria Sicilia, e poi Addio Pizzo, Solidaria, SOS impresa, Centro Pio La Torre.

 

Avevano preso di mira le filiali degli Istituti di Credito dei piccoli centri nelle zone collinari della provincia di Palermo, ritenendoli obiettivi da rapinare con maggio facilità e minori rischi, ma non avevano fatto i conti con i Carabinieri.

PATTI Mario 27enne e BARBARO Claudio 26enne, entrambi di Palermo, sono stati tratti in arresto dai militari delle Stazioni Carabinieri di Baucina e Ciminna che hanno eseguito un’Ordinanza di Custodia cautelare in Carcere del G.I.P. di Termini Imerese per i reati di rapina e tentata rapina.

Le indagini condotte dai Carabinieri della Stazione di Baucina, e coordinate dalla Procura della Repubblica di Termini Imerse, nella persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa Annadomenica GALLUCCI, hanno permesso di accertare che i due soggetti, già noti alle Forze dell’Ordine per aver commesso in passato analoghi reati, erano dediti a compiere rapine che pianificavano ed eseguivano in danno dei piccoli Istituti di Credito nei giorni di maggior afflusso di contanti.

I fatti risalgono al 24 ottobre scorso, quando i due soggetti misero a segno un colpo ai danni della filiale della Banca Carige di Baucina. PATTI Mario e BARBARO Claudio erano riusciti a darsi alla fuga con un bottino di 10.000 €. Solo tre giorni dopo, i due tentarono nuovamente un altro colpo ai danni della filiale dell’Unicredit di Ciminna. In quell’occasione, la rapina era andata a male per una casualità, infatti, poco prima il cassiere aveva depositato il denaro in cassaforte.

Nonostante i due avessero pianificato la loro attività, scegliendo percorsi alternativi, al fine di non essere ripresi da telecamere di sorveglianza e di non essere intercettati dai posti di blocco, i Carabinieri sono riusciti a raccogliere sufficienti indizi per intraprendere un’attività d’indagine tecnica, che ha permesso di acquisire gravi indizi di colpevolezza a carico dei due indagati, responsabili anche di un terza rapina, ovvero quella messa a segno il 4 novembre 2014 ai danni della filiale della Banca Monte dei Paschi di Siena di San Giovanni Gemini, per la quale all’epoca dei fatti furono già arrestati in flagranza di reato dai militari dell’Arma.

 

Durante i normali controlli all’interno del porto, svolti insieme ai funzionari doganali, i finanzieri del Gruppo della Guardia di Finanza di Palermo, hanno individuato e sequestrato una partita di merce proveniente da Napoli, consistente in n. 400 congegni di ritenzione per cinture di sicurezza non omologati e destinata ad una ditta facente capo ad una cittadina cinese residente nel capoluogo siciliano.

Il controllo è stato quindi esteso al negozio ed al magazzino della ditta, sita nei pressi della stazione ferroviaria di Palermo dove sono stati rinvenuti e sequestrati ulteriori 28.059 pezzi di materiale di vario genere (tra cui materiali elettrici, utensili da cucina, batterie, telecomandi, giocattoli, occhiali da lettura, radio, lettori mp3). 

Si tratta di prodotti per i quali non è stata rispettata la normativa sulla sicurezza e quindi potenzialmente pericolosi per la salute.

Il soggetto responsabile è stato segnalato al Prefetto ed alla Camera di Commercio di Palermo, in quanto dovrà pagare sanzioni amministrative per l’importo massimo di 56.000 €uro

Grazie al tempestivo intervento delle Fiamme Gialle palermitane e dei funzionari doganali in servizio al porto, è stato impedito che i beni venissero immessi sul mercato, evitando così sia di alimentare un’economia illegale che danneggia gli operatori onesti, e di ingannare i cittadini, causando, talvolta, danno alla salute degli stessi.

 

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