Cronaca






Un’attività svolta congiuntamente dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri e dal G.I.C.O. della Guardia di Finanza di Palermo ha portato al sequestro di beni per un valore complessivo di circa 850 mila euro, in esecuzione di un provvedimento emesso dal Tribunale di Palermo – Sezione Misure di prevenzione su richiesta della locale Procura della Repubblica.

Il sequestro, finalizzato alla confisca, è stato eseguito nei confronti di:
- PECORARO Maurizio, nato a Palermo il 07.05.1964, (in atto libero, tratto in arresto nel dicembre del 2011 nell’operazione denominata “PEDRO”);

Il provvedimento evidenzia la figura di Pecoraro Maurizio quale custode della cassa del della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, retta in quel momento da Di Giovanni Tommaso.

La complessa attività investigativa, svolta attraverso minuziosi accertamenti patrimoniali sui beni sospettati di essere nella effettiva disponibilità del predetto, ha consentito di individuare un ingente patrimonio illecitamente accumulato in diversi anni di malaffare.

Attività commerciali, immobili e conti correnti sono stati passati al setaccio dagli investigatori e, alla luce della evidente sproporzione tra il loro valore e i redditi dichiarati, sottoposti a sequestro.

L’odierno provvedimento di sequestro ha interessato i seguenti beni:
1. Ditta individuale con relativo complesso beni aziendali denominata “LE BIBITE DI ALE 91”, con sede a Palermo in via Ettore Ximenes, 19 (quartiere Borgo Vecchio), avente attività di somministrazione di alimenti e bevande;
2. Nr. 3 appartamenti siti in Palermo, di cui uno in via E. Ximenes, e due in vicolo Scalici;
3. Nr. 1 magazzino sito a Palermo in vicolo Scalici;
4. Nr. 12 rapporti bancari;
5. Nr. 4 veicoli di cui; una Smart; una Fiat 500 ; due Honda SH 30.

Come sempre in questi casi sono le parole dell'uomo di Chiesa, padre Massimiliano Purpura concelebrante assieme a padre Filippo Custode, che cercano di lenire il cuore e la mente devastati dal dolore di familiari, amici, conoscenti, colleghi di lavoro di Giovanni Sorce, con il richiamo al necessario perdono e ad una superiore volontà divina che noi dobbiamo comunque accettare; ed ha una parola anche per l'altra famiglia distrutta, quella dell'assassino, moglie e tre figli, che patiranno anche loro duramente ed a lungo , le conseguenze del gesto folle del loro congiunto.

Piena è la Chiesa, pieno il sagrato delle Anime Sante per un funerale di un operaio, di un figlio del popolo: mancano le figure politiche e istituzionali, anche se è stato proclamato il lutto cittadino; sono facce del popolo la quasi totalità di quanti partecipano alla cerimonia, facce dure, scavate dal sole, di chi è aduso a lavorare all'aperto in qualsiasi circostanza e condizione di tempo, cavatori e muratori soprattutto.

C'è anche una nutrita rappresentanza dei dipendenti degli edili in cassa integrazione delle imprese confiscate ad Aiello e tanti conoscenti che Giovanni  lo incontravano nel tratto tra casa sua e il Bar Carmelo, il sabato o la domenica.

Il solo assessore Alessandro Tomasello in rappresentanza dell'amministrazione, ma ci sono  il comandante della Polizia municipale Salvatore Pilato e la dr.ssa Maria Russo, vicecommissario della Polizia di Stato a rendere testimonianza di vicinanza alla famiglia.

Una persona bella e schietta Giovanni Sorci, con la famiglia al centro dei suoi affetti e dei suoi interessi ed un levoro che gli piaceva e che sapeva fare, stando a quanto ci diceva un ragioniere delle cave Buttitta ormai in pensione e che lo conosceva bene; i cavatori sono state e sono persone speciali, perchè parlano di pietra e amano la pietra come se fossero elementi vivi e umani, la leggono come si può leggere un libro, individuano in un fronte di  cava linee di faglia e minerali componenti in base al colore e alla consistenza della roccia.

Gente di poche parole abituata al lavoro duro, abituata ai rischi e agli imprevisti delle cave; ma questo rischio, un lucido assassino che all'improvviso si presenta armato e spara ai colleghi come  se fossero dei bersagli di cartone, spegnendo in pochi istanti due vite, Giovanni Sorce e Gianluca Grimaldi non l'avevano messo nel conto

I Carabinieri della Stazione di Ficarazzi nella notte di sabato scorso, hanno tratto in arresto in flagranza di reato due persone con l’accusa di furto aggravato in concorso.

Obiettivo dei due, successivamente identificati in ESPOSTO BERTINO Giuseppe, palermitano classe 1985, residente a Ficarazzi e COMPARETTO Domenico, palermitano classe 1990, residente a Ficarazzi, erano le auto, parcheggiate sulla statale S.S. 113, dei clienti  di “Villa Cavarretta”.

L’attività, che si inserisce nell’ambito dei servizi straordinari di controllo del territorio disposti dal Comando Provinciale di Palermo per fronteggiare il fenomeno dei reati predatori e vandalici, nonché del degrado urbano e sociale nei comuni di Ficarazzi e Bagheria, era nata qualche giorno prima, quando i Carabinieri di Ficarazzi erano stati allertati da alcuni utenti della discoteca che, all’uscita dal locale, in particolare durante il fine settimana, avevano avuto la triste sorpresa di riscontrare la forzatura di finestrini e sportelli delle proprie auto, ed il furto degli effetti personali.

Sabato notte, al contrario, la sorpresa è toccata ai due ladri, immediatamente bloccati dai militari che, appostati in prossimità del parcheggio, sono entrati in azione ai primi movimenti sospetti dei due che, dopo aver scassinato un finestrino, avevano appena asportato il frontalino di un’autoradio, un giubbotto ed un caricabatterie.

La refurtiva, del valore di circa 400 euro, è stata restituita al legittimo proprietario, peraltro ignaro ed ancora all’interno della discoteca, mentre gli arrestati.

I due su disposizione dell’Autorità Giudiziaria sono stati tradotti presso il Tribunale di Termini Imerese per la celebrazione del rito direttissimo, conclusosi con la convalida degli arresti e la sottoposizione all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

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 Comparetto Domenico                                Esposto Bertino Giuseppe

Non riesce a darsi pace Giacomino Tomasello, cognato della vittima: " l'assassino è andato nella cava - ripete come a se stesso - con la fredda lucidità e determinazione di uccidere mio cognato; io posso capire lo stato di disagio e anche di disperazione di un lavoratore licenziato, ma come pare gli era stato offerto di venire a lavorare nella cava Buttitta di Bagheria, perchè non ha accettato? non trovo spiegazione".

I familiari di Giovanni Sorci si stringono intorno alla moglie e ai figli, Giuseppina, 30 anni, sposata con due figli ed Emanuele, 28 anni, che lavora anche lui nella cava Buttitta di Altofonte, cercando di trovare una parola di conforto che possa servire a dare un senso a questa morte assurda.

Nella palazzina di via S. Di Pasquale arrivano in continuzione parenti e conoscenti che ripetono sempre la stessa frase:"E' assurdo che si possa morire così". Peraltro Giovanni nel racconto anche dei vicini viene descritto come lavoratore abile che si era conquistato con i sacrifici e la professionalità la responsabilità di capocantiere.

Arrivano anche le troupe televisive delle tv  nazionali Canale 5, le reti Rai, fanno qualche ripresa esterna e parlano con qualcuno dei parenti: il fatto ha avuto una forte risonanza mediatica anche in relazione alle inchieste delle ultime settimane che hanno riguardato la gestione dei beni sequestrati o confiscati: ieri l'avv. Gaetano Cappellano Seminara. amministratore dei beni sequestrati a Totò Buttitta ha raggiunto il luogo del dramma; ed incredibilmente la gestione dei beni di Totò Buttitta, da quello che si è letto sui giornali, è tra quelle più chiaccherate per le consulenze e gli incarichi che sarebbero stati affidati a familiari degli amministratori giudiziari.

Al vicino Bar Carmelo si parla solo di lui, di Giovanni, che al bar era solito andare solo al sabato mattino o la domenica quando era libero dal lavoro; si ricorda la sua dedizione alla famiglia  e la sua passione per cavalli.

Uno dei familiari sta ora sequendo la lunga e mesta trafila: autopsia presso l'istituto di Medicina Legale e poi, ancora non si sa quando, i funerali.

La dinamica di quanto accaduto è già stata ricostruita per larga parte anche nei dettagli. La Russa, assunto da tre anni in cava, dopo diversi mesi di mobilità era stato licenziato, e le difficile condizioni economiche, avevano esasperato il suo stato d'animo ad un punto che nessuno poteva sospettare;  ed è per questo che è entrato nella cava e negli uffici senza alcuna difficoltà e senza suscitare alcun sospetto.

Quando Francesco La Russa è entrato intorno alle 13 negli uffici della cava di Giardinello c'erano oltre al ragioniere, il bagherese Pino Buttitta, unico sopravvissuto alla furia omicida, il direttore tecnico,  il geologo Gianluca Grimaldi, che lascia la moglie e una bambina di tre anni, e che già da otto anni lavorava nella gestione del patrimonio sequestrato delle cave di Buttitta e Giovanni Sorci, il capocantiere. La discussione ha assunto subito toni accesi e La Russa in rapida sequenza dopo avere estratto la pistola che si era portato dietro, a riprova che il folle progetto era già dentro la sua testa, ha esploso quattro o cinque colpi che non hanno dato scampo a Grimaldi e Sorci..

Il ragioniere si è sentito male ed è crollato per terra, e sarà successivamente trasportato al 118 in Ospedale, e sarà lui a raccontare alla Polizia le fasi del duplice omicidio.

L'assassino fugge e se ne va in campagna, ma viene presto rintracciato e arrestato dalla Polizia, e riferisce subito le circostanze che lo hanno portato a quel momento di follia, facendo anche ritrovare la pistola usata, una calibro 9.

nella foto ripresa dal Giornale di Sicilia a sx Gianluca Grimaldi a dx Giovanni Sorci

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