Sarà una espressione banale e abusata: ma con Andrea Zangara se ne è veramente andato un pezzo di storia di Bagheria, e non solo della politica ma dei rapporti interpersonali, umani e sociali di questa comunità. E' come se una cima robusta che ha connotato l'identità della nostra città si fosse spezzata.
Per quaranta anni, dal 1968 data in cui entrò in consiglio comunale e sino al 2008, data in cui non si ricandidò alle elezioni regionali, lasciando il passo al delfino Leonardo Passarello, è stato ininterrottamente il protagonista della politica bagherese, e non solo.
Se si chiedesse alle migliaia e migliaia di persone semplici o importanti che lo hanno conosciuto, quale è la prima cosa che ricordano di Andrea la risposta sarebbe sempre la stessa: la sua grande umanità, la sua capacità di entrare in sintonia con la gente, la sua giovialità, la sua innata capacità a coinvolgere emotivamente le persone, il suo sorriso, il suo ottimismo, lo spirito insomma con cui guardava alla vita.
Ricordo il professore Ettore Cittadini, luminare della ginecologia e barone universitario, che all'epoca frequentavo per motivi di lavoro, e che lo conobbe agli inizi degli anni '90, parlarmi con partecipe simpatia di Andrea, di cui era diventato amico; di questo politico che stravolgeva la "consecutio temporum" e le regole della sintassi e che al "se" abbinava invariabilmente il condizionale, ma così raffinato e lucido nei ragionamenti politici e così contagioso con il suo cameratismo, chiedermi un giorno: " Ma voi "baarioti"dove siete andati a scovarlo un personaggio così?"
Andrea era un figlio del popolo, e la sua "popolanità" è stata la vera chiave del suo successo politico e umano: e del popolo artigiano e lavoratore conosceva e interpretava i pregi e i difetti.
Carattere aperto, simpatico, accattivante, generoso; per la politica aveva una innata passione, e come un artigiano la coltivava, martellando, scolpendo, cesellando, e costruendo così giorno dopo giorno le basi di una vicenda politica che non ha avuto eguali a Bagheria.
Paziente e instancabile nelle interminabili riunioni di partito o delle assemblee elettive di cui ha fatto parte era sempre portato a rispettare esigenze e bisogni di tutti.
E tutti gli riconoscevano questo essere punto di riferimento e di equilibrio.
Andrea era generoso: saranno stati migliaia i bagheresi, ma non solo, a essersi rivolti a Lui per un favore e una cortesia.
Una licenza, un trasferimento, un finanziamento, un esame da superare all'università, un posto di lavoro, un ricovero in ospedale, uno sfratto, un intoppo burocratico in un ufficio qualunque, qualunque cosa dalla più banale alla più complessa, per tutto si andava da Andrea; e lui non sbatteva la porta in faccia a nessuno, ed a nessuno chiedeva la tessera o l'appartenenza di partito e per tutti allo stesso modo si prodigava.
Quando poteva, e un tempo poteva, aiutava tutti, senza eccezioni.Clientelismo? Certo.Discutibile organizzazione del consenso? Pure. Però era questo il sistema, e forse ancora lo è.
Conosceva Andrea, di Palermo e provincia, intorno agli anni '90, tutto il mondo della politica, mezzo mondo dell'università e della medicina, i "gran commis" della Regione e della Provincia, quasi tutte le famiglie bagheresi, artigiani, muratori , carpentieri, piccoli costruttori, contadini e braccianti uno per uno.
Riusciva ad essere sè stesso Andrea, e questa è stata la sua vera forza, in una mangiata in un cantiere in cui con gli operai a conclusione di un lavoro si arrostiva "sasizza" e "carne di crasto" e nei raffinati ristoranti romani, a cena con ministri, uomini di cultura ed esperti di diritto costituzionale che si chiamassero Tina Anselmi o Nicola Mancino, Renato Guttuso o Trombadori, Leopoldo Elia o Tommaso Morlino.
Quando c'erano le campagne elettorali, con Andrea scendeva in campo quella che si potrebbe, quella sì, definire una "gioiosa macchina da guerra", di cui lui era nel contempo soldato semplice, attendente, vivandiere, maresciallo e guida suprema.
Cominciava al mattino presto allo svincolo dell'autostrada, con tutti scambiava al volo una battuta e un saluto, poi continuava al mercatino e poi di pomeriggio nei quartieri, e a sera magari una pizza con gli amici e o una riunione politica.
Non si fermava mai, perché lo muoveva una passione forte e sincera.
Ed i successi arrivavano uno dopo l'altro.
Poi dopo lo scioglimento del 1993, che i suoi nemici interni di partito gli imputarono di non avere impedito, perchè ministro dell'Interno era allora un suo amico personale, Nicola Mancino, la magìa si dissolse: il partito della D.C. che si avviava a scomparire e quella Bagheria che tanto gli avevano dato e a cui tanto aveva dato, via via lo emarginarono e Andrea andò laddove lo portava il cuore e il suo fiuto politico che ancora una volta si rivelava giusto, e che gli garantiranno una terza stagione politica, dopo quella comunale, provinciale e quella nazionale, di grandi soddisfazioni con le tre elezioni consecutive all'Assemblea Regionale
Aveva quello che si potrebbe definire "istinto politico", che era quella capacità di analisi di uomini, e di eventi che nella situazioni politicamente più difficili e complicate gli consentiva con ragionamenti non banali di trovare la "quadra", come si direbbe oggi.
Andrea ha incarnato l'eterna, ma sempre efficace parabola del garzone di bottega che, senza avere avuto la possibilità di fare studi importanti, con la sua tenacia, con la sua intelligenza politica e con la sua capacità di capire e di leggere dentro l'animo umano è riuscito a raggiungere vette ad altri preclusa.
E questo, qualcuno dell'establishment non glielo perdonò mai, e fiorirono le cattiverie e le maldicenze che tanto lo ferivano.
Non basta un semplice articolo di ricordo per parlare di Andrea: tali e tante sono state le sfaccettature del suo essere uomo e politico.
Per quaranta anni dal 1968 al 2008, momento in cui lascia la carica di deputato regionale, è stato uno dei protagonisti indiscussi della storia politica di Bagheria.
A soli ventotto anni assieme ad un suo quasi coetaneo ed amico di corrente Filippo Buttitta entra in consiglio comunale: dicono in tanti che lo hanno conosciuto che la tragica scomparsa di Filippo Buttitta nella tragedia aerea di Punta Raisi del 1971 abbia privato Bagheria di una altra vera mente politica.
Erano i due "boys" più in gamba tra i seguaci dell'avvocato Gino Galioto.
Ma Andrea, stando ai risultati, ha mantenuto le promesse: ha percorso tutto intero quel "cursus honorum" cui un uomo che coltiva la passione politica possa ambire.
Consigliere, assessore, sindaco, nelle elezioni amministrative del 1984 raggiunse un risultato personale incredibile con oltre 3.300 voti di preferenza. Da solo valeva un intero partito.
Da una analisi del voto, sezione per sezione, capimmo che un terzo di quei voti li aveva avuti dall'elettorato comunista.
Poi prese il volo: consigliere e assessore alla Provincia, eletto e rieletto al Senato, e quando sembrò che si fosse avviata la parabola discendente, arriva il colpo di reni, il consenso non viene più tanto da Bagheria ma dall'intera provincia e viene letto all'Assemblea regionale siciliana per tre volte consecutivamente
E' stato l'esponente democristiano che godeva della benevolenza e dell'attenzione della sinistra di allora; era un punto di riferimento per larga parte dal partito comunista e dal partito socialista, per la sua tolleranza e la sua attenzione ai rpoblemi del mondo del lavoro, dei più deboli, e della cultura.
Aveva avuto frequentazioni di notevole peso culturale e politico: Moro, Donat Cattin, Tina Anselmi, Leopoldo Elia, Piersanti Mattarella e tantissimi altri, ai quali si approcciava con la modestia e talvolta l'imbarazzo di chi conosce i propri limiti, ma con quel suo asso nella manica che era quella carica di simpatia e anche di voglia di apprendere che dopo un po' gli aprivano tutte le porte e facevano di Andrea un personaggio in qualche modo anomalo nel mondo della politica ufficiale.
Aveva dalla sua la capacità di stare bene con muratori e braccianti e di affascinare persone colte, con le sue battute, i suoi aneddoti, ma anche con la sua tenacia, la sua tolleranza, il rispetto delle idee e delle posizioni degli altri.
Andrea aveva un sesto senso per le cose della politica e pur non avendo potuto studiare in gioventù, era capace di sedurre con il suo affabulare un uditorio di persone colte e politicamente navigate.
Su suoi scivoloni linguistici e lessicali, sui quali si accanivano i suoi detrattori ci scherzavamo su assieme, dall'"aquila fenicia", fantastica storpiatura di "araba fenice" a quel maledetto "se" che non abbinava mai all'imperfetto congiuntivo e noi là a ripetergli:" Andrea, pensa in siciliano e traduci in italiano; il siciliano non ha il condizionale tra i suoi tempi."
Non aveva potuto studiare Andrea, ma come tanti bagheresi che conosciamo, pur non avendo frequentato le aule universitarie hanno avuto un grande successo nelle attività commerciali e imprenditoriali, aveva una incredibile voglia di sapere e di apprendere.
"Rubava" all'interlocutore importante le espressioni e i riferimenti colti, magari "rileggendoli" in una sua personale interpretazione, ma coglieva al volo le opportunità di sapere e di conoscenza e di migliorarsi che nel corso del suo impegno politico via via si presentavano.
Lui interpretò al meglio quella Bagheria che portava dentro negli anni '80 una grande voglia di cambismento, poco incline però talvolta alle regole:
Fu a cavallo tra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta che il fenomeno dell'abusivismo edilizio stravolge il territorio e le regole e le coscienze. Un prezzo che paghiamo ancora oggi.
E non solo per l'assetto del territorio, ma soprattutto perché in quegli anni si sedimentò una coscienza collettiva che considerò la violazione delle norme qualcosa su cui si poteva apassare sopra.
Ed i risultati purtroppo li vediamo oggi.
E' anche vero che al tempo nessuna forza politica trovò il coraggio e la forza per opporsi a quella furia edificatoria che travolse tutto e tutti. Ma diverse sono stati però i ruoli e le responsabilità.
Quali furono le sue migliori intuizioni politiche, in poche parole il vero patrimono che ci lascia? due o tre essenzialmente: rappresentò negli anni in cui l'anticomunismo era un pregiudizio cieco e becero, una cerniera con il partito ; insomma era il democristiano più accreditato presso la sinistra socialista e comunista.
Contribui a far superare a Bagheria il cosiddetto fattore K, che di fatto precludeva ai comunisti l'accesso a ruoli di governo.
Per formazione politica innanzitutto: la frequentazione di uomini come Moro, Donat Cattin, e Piersanti Mattarella che circa a metà degli anni '70 preconizzarono la cosiddetta "terza fase" un passaggio politico che avrebbe dovuto vedere il partito comunista coinvolto a pieno titolo nel governo del paese.
Erano gli anni dei governi di solidarietà nazionale e dell'ipotesi del compromesso storico lanciato da Enrico Berlinguer
Avere compreso, assieme a Peppino Speciale e ad Antonio Gargano, che la cultura e le ville settecentesche- proprio come ha detto in TV il sindaco V. Lo Meo-potevano essere una leva e una risorsa per lo sviluppo.
Risalgono a quegli anni il rilancio e il decollo della Galleria d'arte moderna e contemporanea, e l'acquisto e l'avvio delle ristrutturazioni di una serie di ville settecentesche: oltte a Cattolica, l'acquisto della Certosa e di palazzo Aragona Cutò.
Il fatto di essere un artigiano, che degli artigiani conosceva i problemi, lo portò ad avere un ruolo di punta nella vicenda dell'area artigianale.
Dieci miliardi di allora di contributo per gli espropri e le urbanizzazioni in contrada Monaco incontrarono l'ostilità di una parte dell'establishment di allora, che accese il disco rosso.
Ricordiamo momenti drammatici in quei primi anni '80: Andrea subì un gravissimo attentato, gli bruciarono una casa di campagna a Trabia.
Ma malgrado questo non mollò.
Ci fu al tempo una riunione drammatica, tra gli esponenti delle forze politiche e in consiglio.
Andrea ribadì con coraggio e fermezza: "Io sono disposto, malgrado tutto, ad andare avanti, chiedo però che il consiglio, su questa questione marci unito e non mi lasci solo."
Così non fu: demagoghi e opportunisti trasversali agli schieramenti fomentarono i piccoli proprietari e la politica si divise.
Ad onor del vero va detto che neanche la sinistra di allora non ebbe il coraggio di fare una scelta forte, chiara e inequivocabile, che avrebbe disegnato un futuro completamente diverso per Bagheria.
Il progetto di area artigianale verrà sotterrato, il finanziamento andrà perduto, e se ne riparlerà come sappiamo trenta anni dopo.
Tutte luci nella storia politica di Andrea Zangara?. Certamente no.
Come annotavamo uell'essere autentico e sincero interprete di sentimenti popolari lo porterà sempre a cavallo degli anni '80 a incarnare quello spirito del baarioto "fattivo" e "rampante" che nel giro di un quindicennio cambierà radicalmente in peggio l'assetto urbanistico della città.
Furono gli anni della follia edificatoria: quando sindaci , politici, assessori, partiti e sindacati, autorità di polizia, carabinieri, tollerarono che nascessero a Bagheria come escrescenze sul territorio almeno sette-ottomila costruzioni abusive.
Il pretesto, e lo dicevamo anche noi comunisti, era l'assenza del piano regolatore generale: una balla.
Perché questo fu vero sino al 19.06.1976, quando l'assessore regionale, il repubblicano Tepedino, firmò il decreto di approvazione del Piano regolatore generale di Bagheria sia pure con significativi "stralci " (via Mattarella e il territorio di Aspra quelli più corposi).
Ma l'abusivismo anziché arrestarsi, riparti con maggiore vigore.
Andrea , come la gran parte dei politici di allora, cavalcò quella tigre. Ma in quegli anni, non solo Andrea, ma la politica tutta abdicò al suo ruolo di guida etica e si fece sopraffare dagli opportunismi di bottega
Perché? Due-Tre essenzialmente i motivi.
C'era una vera e propria fame di case: tra l'inizio degli anni '70 e la fine degli anni '80, il baarioto stava passando dal posto di casa di 50 mq. in cui viveva una intera famiglia, talvolta assieme agli animali, alle case più comode e civili.
Previsioni di Piano regolatore profondamente sbagliate:le varie zone C che prevedevano lotti minime di 400/500 o 800 mq, erano un sogno "svedese" in una città con poco territorio, in cu il valore della rendita fondiaria era elevatissimo.
La pressione sul mercato delle aree delle aree era fortissimo, anche perchè a Bagheria in quegli anni circolavano fiumi di denaro.
La ricchezza era in parte drogata nel senso letterale della parola: due raffinerie di eroina, giudiziariamente individuate nel nostro territorio, truffe miliardarie con lo "scafazzo" e con altre attività di trasformazione di prodotti agricoli ( si pensi all'IDA di Michelangelo Aiello), che consentirono repentini arricchimenti.
E i rivoli di denaro andavano anche nelle tasche del popolo.
Certo le responsabilità non furomo solo sue, in maniera percentualmente diversa furono un po' di tutti, anche perché il problema riguardò l'intera Sicilia.
Fenomeni dello stesso tipo coinvolsero anche città amministrate dalla sinistra come Vittoria e altre.
Caro Andrea, tu, umile ma sapiente artigiano del marmo, come ti piaceva definirti, operaio della politica svolta con identica passione e applicazione sia da semplice consigliere comunale che da senatore della Repubblica , hai lasciato un segno nella nostra comunità profondo, duraturo, indimenticabile.
Infine negli ultimi tre anni la malattia che sopportò con fierezza e dignità, e sino a aqualche settimana prima di andarsebne ancora a partecipare a convention e presenyazioni di di liste e candidati, perchè la passione era più forte del male, ma anche perchè come ci disse a gennaio di quest'anno al congresso del Partito democratico:"Questo è il mio mondo, solo quà riesco a dimenticare il male che mi porto dentro."
Caro Andrea, ci piace pensarti al cospetto del Padreterno salutare rispettosamente, e iniziare subito dopo uan interminabile discussione fatta di ricordi, di battute, di pensose riflessioni, alla fine della quale con la tua carica umana e di simpatia, riuscirai a farti aprire le porte del Paradiso.