Chiarite due vicende di pizzo e di violenze ai danni di un imprenditore e di un dipendente comunale a Bagheria

Chiarite due vicende di pizzo e di violenze ai danni di un imprenditore e di un dipendente comunale a Bagheria

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Ha cominciato a pagare in lire (3 milioni al mese) alla "famiglia" mafiosa di Bagheria, l'imprenditore bagherese del settore dell'impiantistica elettrica, D.T., di recente scomparso, che, pur ricevendo in un certo periodo, aiuti dalla mafia per vincere delle gare di appalto, si è poi ritrovato ad avere 'soci' i boss mafiosi bagheresi che lo hanno, con le loro continue ed esose richieste, ridotto in una situazione drammatica.

Vent'anni di minacce e soprusi a a cui  l'imprenditore bagherese ha deciso di ribellarsi dopo che gli stavano sottraendo l'ultimo bene immobile, un agriturismo, che gli restava. Per accontentare le richieste dei boss l'uomo è finito sul lastrico e ha dovuto chiudere l'attività.

E' una delle storie delle vittime del racket scoperte dai carabinieri di Palermo che hanno eseguito 22 provvedimenti cautelari (la maggior parte dei destinatari  comunque già detenuti) a carico di capimafia ed estortori dei clan bagheresi. La vittima ha scelto di denunciare dopo anni di silenzio. Con lui altri 35 commercianti e imprenditori: una ribellione che segna una svolta nella lotta a Cosa nostra.

Il dipendente comunale era un professionista che si occupava di vicende urbanistiche e venne di fatto sequestrato in casa con il domestico per costringerlo a fare quello che gli chiedevano i mafiosi.

L'indagine, coordinata dalla Dda di Palermo, è il seguito di un'altra operazione messa a segno contro le cosche della cittadina alle porte del capoluogo, per anni feudo e rifugio, in latitanza, del padrino di Corleone Bernardo Provenzano.