L'Anti-mafia in... musica

L'Anti-mafia in... musica

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Quando all’inizio degli anni Novanta la mafia uccise i giudici Falcone e Borsellino, Palermo e l’Italia tutta si destarono da un sonno omertoso durato troppo a lungo
quello dell’illusione che la mafia probabilmente c’era ma che in fondo non era una questione che ci riguardava.
Poi però Cosa Nostra, sentitasi minacciata da i due uomini di legge e dai loro ideali di giustizia, fece la voce grossa, aprì la bocca del suo vulcano e sputò fuoco e morte su Palermo e sulla dignità della Sicilia. Ma ormai era troppo tardi, quelle morti avevano scosso l’animo della gente.

I Palermitani a migliaia scesero in piazza, molti cantanti aderirono alle manifestazioni contro la mafia, cantarono nel capoluogo invitando i giovani a non lasciarsi piegare dall’illegalità e a non alimentare direttamente o indirettamente il potere dei mafiosi. Furono diverse le canzoni composte sull’onda emotiva del momento.

Una delle più significative è a firma di Jovanotti, s’intitola Cuore, trasmessa dalle radio ma, per scelta del cantante, mai commercializzata.
Il brano del rapper di Cortona è una fedele istantanea di quel momento storico: “Migliaia di ragazzi in piazza a Palermo / un saluto alla bara del giudice Falcone/ hanno bisogno di una risposta / hanno bisogno di protezione / i ragazzi sono stanchi dei boss al potere / i ragazzi non possono stare a vedere/ la terra sulla quale crescerà il loro frutto/ bruciata/ e ogni loro ideale distrutto / i ragazzi denunciano chiunque acconsenta/ col proprio silenzio a una azione violenta…


Nel 1992 il cantautore Luca Carboni in Alzando gli occhi al cielo ha esplicitato il suo punto di vista sugli uomini di mafia e sullo stato di sofferenza e di umiliazione di chi è costretto a subire i loro soprusi. Ecco come ha tratteggiato gli uomini di Cosa Nostra:
Forse hanno yacht sdraiati sopra i mari / sotto a cieli pienissimi di stelle /con loro donne con il culo al sole / e il sale sulla pelle. / O forse sono molto concentrati / e stan studiando nuove strategie /nuove alleanze […] Ma se per caso alzan gli occhi al cielo / con un cielo come questo / come fanno a non cagarsi sotto /a non sentire freddo / Come fanno i capi della mafia / a non pentirsi come fanno certi potenti / a non convertirsi /”.
Poi Carboni s’immedesima con chi la mafia la subisce:“Loro lo sanno quanto male fanno / loro lo sanno quanto è solo un uomo /e sanno bene quanta paura / c'è dentro ad ogni cuore. / E sanno bene come ci si arrende / come si arrende e come ci si stanca / di sognare di cambiare il mondo . […] Qui non c'è nessuno / che sa chi imbroglia e chi è imbrogliato / nessuno che sa chi fa i soldi e chi il drogato . / E allora alzando gli occhi al cielo / sentendosi sempre più soli / per sempre gli uomini si chiederanno / come si fa... come si fa...”
Altri artisti invece, hanno preferito trattare l’argomento mafia da un differente punto di vista, quello della scorta e in genere delle forze dell’ordine che rischiano la vita perché quella è la loro missione, perché quello è il lavoro che hanno scelto.

Per la bandiera[i] degli Stadio offre una visione tanto realistica quanto suggestiva della vita di un uomo della scorta: “Io sono qui per la legge / o meglio noi siamo la scorta / […] questo mestiere mi ha scelto / almeno ho un lavoro sicuro / perché ho una moglie ed un figlio /e devo pensare al futuro, almeno finché ne avrò ... […] Conosco il bene ed il male / distinguere il bianco dal nero / e se ogni tanto ho paura / è perché mi sento straniero /in un paese che guarda / che e' complice od impotente / che tace e piega la testa / e' triste morire per niente […] Sento uno strappo di tuono […] sassi ed asfalto nel cielo di fuoco rosso e lamiera / non sento male e' un istante / ma ora il futuro e' chimera / e tutto questo per niente /solo per una bandiera ...”


Nel 1994 un non cantante, l’attore brillante Giorgio Faletti, che allora di mestiere faceva il comico mentre attualmente è uno dei più importanti scrittori di gialli del nostro paese, si presentò al festival di Sanremo con una delle più belle canzoni che il teatro Ariston abbia tenuto a battesimo: Signor tenente.
Il brano di Faletti conquistò subito pubblico e critica per il suo testo dal contenuto carico di pathos e di crudo realismo e per la sua arguta struttura metrica ideata per ottenere una resa notevole in termini di comunicazione. “Minchia signor tenente che siamo usciti dalla centrale/ Ed in costante contatto radio/ Abbiamo preso la provinciale […] faceva un caldo che se bruciava […] C'era l'asfalto che tremolava e che sbiadiva tutto lo sfondo / Ed è così tutti sudati che abbiam saputo di quel fattaccio / Di quei ragazzi morti ammazzati / Gettati in aria come uno straccio caduti a terra come persone/ Che han fatto a pezzi con l'esplosivo/ Che se non serve per cose buone / Può diventar così cattivo che dopo quasi non resta niente […] E siamo qui con queste divise / Che tante volte ci vanno strette / Specie da quando sono derise da un umorismo di barzellette / E siamo stanchi di sopportare quel che succede in questo paese / Dove ci tocca farci ammazzare per poco più di un milione al mese / E c'è una cosa qui nella gola / una che proprio non ci va giù / E farla scendere è una parola/ se chi ci ammazza prende di più / Di quel che prende la brava gente…”.

Anche il cantautore romano Antonello Venditti ha voluto mettere in musica il suo no a Cosa Nostra pubblicando il brano Eroi minori, omaggio agli uomini caduti per mano di mafia, ma soprattutto inno di speranza per una Palermo per troppo tempo umiliata e infangata dalla Piovra mafiosa. “…E se la strada un giorno ti sembrerà più dura / è mano nella mano che si vince la paura / è solo nel ricordo, è solo col coraggio di tanti grandi eroi minori / e s' alza il canto e noi non siamo soli […] La voglia di cantare / la voglia di cambiare / a volte può finire sai / ma tutti insieme non finiremo mai. / Sole caldo e sangue rosso sull'asfalto/ è il cuore di Palermo che adesso vola in alto / è il cuore dei ragazzi / di tutti questi santi di cui ti scordi sempre il nome / e s' alza il canto e nasce una canzone…”

A tracciare un resoconto su quanto è avvenuto dagli anni Novanta al Duemila nel sistema giudiziario e a raccontare di quanto sia complesso certe volte dover fare i conti con l’illogicità del sistema legislativo, ci ha pensato il cantautore Raf, con una canzone del 2001 intitolata Assolti.
Ora siamo nel futuro / il futuro che avanza/più veloce e ricco dove tutto non È mai abbastanza / agevole per i forti / per i deboli più duro / vuoto nella sostanza / un futuro che non ha memoria e perciò non impara niente dalla storia/ che qualcuno ancora crede una bugia / l’ olocausto per milioni di innocenti l'atroce agonia. Ma quanto sia frustrante combattere la mafia?! / E a cosa sono mai serviti centinaia di capi d'accusa evidenti! / Tanto loro imperturbabili nei volti, sanno che il verdetto arriverà puntuale, prima o poi a dichiararli.... assolti...
Parole dure ma cariche di verità quelle cantate da Raf, versi pieni di amarezza, un monito a questa società che dimentica con estrema facilità i momenti bui della storia, quasi come se non fossero mai accaduti.
L’impegno sociale del cantante ed il valore letterario del testo di Assolti sono stati riconosciuti ufficialmente nel 2002 quando è stato insignito del premio letterario Mariposa, la cui targa gli è stata consegnata dal procuratore Piero Grasso. “Sono veramente felice – ha dichiarato Raf - perché questo dimostra a tutti coloro che ritengono che la musica pop ed il valore dei suoi contenuti non possano coesistere, che si sbagliano di grosso. […] Ho scritto questa canzone pensando a tutti quei morti caduti per inseguire il rispetto dei valori umani. Dopo una strage siamo tutti pronti a scendere in piazza per urlare la nostra rabbia, il nostro dolore, quando poi il tempo passa, tutto perde la sua importanza, l’attenzione cala, quasi a voler dimenticare il sacrificio di vite innocenti, di eroi immolati nella lotta alla mafia. Ma perché questa società si comporta come un disco rotto, incappando sempre negli stessi sbagli senza mai imparare da questi?”[ii]

Lo scorso anno Fabrizio Moro è giunto al successo con Pensa, canzone dedicata a Falcone e Borsellino e a tutti gli eroi morti per la libertà. Il giovane cantautore romano con questo brano invita l’ascoltatore a tenere conto della propria coscienza e a riflettere prima di sparare a zero sul prossimo o di scegliere l’abbraccio mortale dell’illegalità.
Già, perché l’antimafia non può essere solo prerogativa di alcuni. L’antimafia non è un mestiere come qualcuno vuole farci credere ma è una scelta di vita che possiamo fare tutti, ognuno nel proprio campo, a prescindere dal nostro colore politico e dalle bandiere partitiche. Mafia non è solo crivellare di piombo qualcuno, è anche mettergli i bastoni fra le ruote, è tentare di denigrarlo solo perché si teme, in prospettiva, per il nostro orticello.
E forse qualche sedicente paladino della giustizia resterà sbigottito nell’apprendere che è atteggiamento mafioso anche usare il proprio potere mediatico, politico, istituzionale, professionale, con livore e come fosse un’arma, per il semplice gusto di accaparrarsi un po’ di pubblicità in più o per cercare di tirare a lucido la propria palese mediocrità spacciandola per capacità intellettuale. “La mafia- ha dichiarato Giovanni Falcone- è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine”. Magari però, se la smettessimo di considerare come prassi atteggiamenti di illegalità diffusa, un giorno potremmo anche iniziare a vedere il vero epilogo di questo incubo.


[i] 1992, tratta dall’album Stabiliamo un contatto.
[ii]Intervista realizzata da Giusy La Piana per il quotidiano la Repubblica e pubblicata il 22 novembre 2002, pag 12.





Nella foto, Giusy La Piana