Diario di Guttuso è un programma televisivo da me realizzato nel 1982 per la sede regionale siciliana della Terza Rete ed è firmato, com’era mia consuetudine negli anni giovanili, con quel vezzeggiativo dialettale che ancora oggi i miei amici usano per chiamarmi: Peppuccio.
Guttuso lo conoscevo personalmente da quasi dieci anni, ma la sua figura mitica mi era stata familiare fin da ragazzino, essendo io nato e vissuto proprio in una via intitolata a Gioacchino Guttuso, agrimensore e poeta, padre di Renato, in un quartiere di Bagheria, lo stesso paese della provincia palermitana che aveva dato i natali al grande artista autore della Crocifissione, della Fuga dall’Etna, della Vucciria e di tanti altri capolavori della pittura italiana contemporanea.
Il primo ricordo visivo del volto di Renato Guttuso risale a quando avevo circa otto anni. Avevo appena scoperto che cos’era una biblioteca comunale e che il mio paese ne possedeva una nel giardino retrostante il Palazzo Municipale, a due passi da un antico busto di Dante Alighieri.
Il bibliotecario, Castrense Civello, poeta e scrittore, mi guardò con occhio sbalordito, non capiva perché mai volessi leggere La ciociara di Moravia.
Inutilmente gli spiegai che ne avevo sentito parlare a proposito di un importante film che ne era stato tratto ma che non avevo visto.
Civello ribattè che non era lettura adatta alla mia età ed in cambio mi diede due opere di Kipling: Capitani coraggiosi e Kim.
Prima di andar via mi aggirai in quel magazzino ingombro di libri accatastati in attesa di collocazione e mi ritrovai dinanzi ad una parete su cui erano appese in bella mostra due autentiche camicie garibaldine, con tanto di sciabole e di bandiera rossa, cimeli appartenuti ad eroici “picciotti” bagarioti.
Sotto di esse, abbandonati su una sedia notai un quadro raffigurante forme astratte di fichi d’india ed un pannello fotografico in bianco e nero che mostrava il viso sudato e vagamente sorridente di un uomo elegante, colto nell’atto di firmare cartoncini e foglietti che una folla di mani offrivano al suo passaggio: era Guttuso, ritratto nel corso di una cerimonia pubblica a Bagheria.
Il ritratto, l’avrei appreso qualche anno dopo, era di Mimmo Pintacuda, mio futuro maestro di fotografia.
Negli anni successivi, vivendo la vita di paese, seppi molte cose sul conto del famoso pittore.
Tante verità e , naturale in provincia, tante fantasie.
I pruriti dell’arte erano vivissimi nell’animo dei miei concittadini e la figura di Renato era una presenza immanente nell’attività di ogni cenacolo intellettuale.
Nella sezione del Partito Comunista, accanto ai ritratti di Stalin, Lenin, Gramsci e Togliatti, campeggiava maestosa una riproduzione pittorica del bellissimo quadro di Guttuso La Battaglia di Ponte Ammiraglio, eseguita dai fratelli Ducato.
Renato l’aveva siglata di proprio pugno in omaggio all’arte che quegli artigiani avevano ereditato dal padre, indimenticato pittore di carretti la cui bottega Guttuso aveva frequentato da bambino.
La cassa del più importante bar del paese (il bar “Aurora”, n.d.r.) era sovrastata dall’immagine di una donna che fuma con aria pensosa mentre alle sue spalle emerge una folla di giovani impegnati in un ballo sfrenato.
Era l’ingrandimento di un particolare tratto da Ragazzi che ballano il boogie-woogie, un’altra opera del maestro. La cui firma guardavamo ogni qualvolta si andava a pagare il caffè o il gelato essendo collocata giusto all’altezza di spalla del cassiere.
Non c’era recital di poesie di Ignazio Buttitta, esibizioni canore di Rosa Balistreri e Ciccio Busacca, iniziative culturali di ogni genere, in cui non si finiva di parlare di Renato Guttuso.
Continua…..
Tratto da : Guida Turistica di Bagheria, Gente, natura, architettura, turismo, tradizioni popolari, edita dalla Pro Loco di Bagheria