Un giorno d’estate c’era stata una pubblica riunione al Municipio, con l’intervento del senatore Tasca Lanza ed il suo attachè Sasà Bosco, a proposito di una questione agrumaria.
Eravamo in molti e scendendo dal Municipio ci raggruppammo sotto la tenda ospitale di Fanuzzu:
là fu decisa, per ingannare gli ozi estivi, la creazione del papà di tutti i giornali: “U capurali”.
Seduta stante, Peppino Verdone con due rapidi tocchi ritrasse le sembianze del Capurali, quel vecchio caratteristico che pure aveva indossato la camicia rossa.
Ne ucirono circa dieci numeri, ma bastarono per accendere in tutti il desiderio di un organo paesano che s’interessasse delle cose nostre e portasse la sua parola allegra e pungente in tutte le manifestazioni della nostra vita. Ne fu anima Peppino Verdone che col “Capurali” portò a Bagheria tutto l’impeto della sua anima attiva, impetuosa, battagliera.
Le invidiuzze e le suscettibilità personali procacciarono nientemeno che un primo processo al “Capurali” il quale dalle grandi prigioni tirò l’ultimo numero, lamentando la cruda sorte che gli era toccata.
E poiché di sopra ho accennato ai “numeri unici festivi” è bene dirne qualche parola. Ispirati quasi sempre da Peppino Verdone, valoroso caricaturista, costituirono dapprima un numero elegante della festa primaverile, non risparmiando alcuno dalle frecciate, a volte pungenti ma sempre ben assestate.
Poi si allargarono a ben altre vedute, e tutte le volte che divenne necessario il pubblico interessamento, spuntò un numero unico,propugnatore di idee coraggiosamente democratiche.
Continua...
Scritto di Salvatore Scordato, tratto dalla "Guida illustrata di Bagheria e Solunto del 1911"