Il GRUGNUMANO – L’istruzione, la civiltà, la qualità di vita, la relazione con gli altri. Tutte cose che si tengono in piedi l’una con l’altra. Come in un castello di carta. Avvertenza: c’è un pizzico di rabbia e molta rassegnazione nelle parole che seguono. C’è anche il tentativo di definire il profilo antropologico di una categoria di soggetti (le persone sono un’altra cosa). Costoro li ho studiati nel loro vigliacco anonimato e li ho immaginati nella loro meschina soddisfazione, mentre mettono in atto la loro abominevole strafottenza. Sono arrivata a una conclusione: occorre una definizione. Allora, ho elencato, preso, scartato, ripreso - rovistando dentro un mucchio di etichette, definizioni, targhette - per poi, dopo aver tagliato, eliminato, abbandonato ogni altro tipo di marchio doc, sono rimasta con l’unico possibile, un neologismo: il grugnumano.
Chi è il grugnumano? (letteralmente, l’umano che grugnisce). E’ un incrocio, una variabile nemmeno tanto impazzita. Mi sto riferendo a quel fortemente insulso, indecorosamente ridicolo, fondamentalmente odioso, decisamente viscido, soggetto che dopo essersi guardato un po’ a destra, un po’ a sinistra, un po’ in basso, un po’ in alto abbandona il suo sacchetto della spazzatura sopra un angolo di marciapiede, davanti il portone di un’abitazione o lo lancia dall’auto con finta nonchalance. C’è una sottospecie, quello che lo abbandona sulla spiaggia, o all’entrata della stessa, mentre accaldato se ne va via. Come se fosse normalità. E poi c’è il grugnumano del giochino “dove cade, cade”, che piazza il sacchetto sul cofano dell’auto, se si arriva al cassonetto, bene; se cade prima, amen. La roulette russa del grugnumano. Il De Niro della discarica. E a Bagheria, guardando le strade, osservando le spiagge, specie e sottospecie di grugnumani sono lontane dall’essere in via d’estinzione. Chi è costui? Chi è questo furbetto dell’immondezzaio, questa carogna che semina carogne, questo bieco figuro che non trova di meglio per segnare il suo passaggio che lasciarsi dietro una scia di bucce di banana, bottiglie vuote, freddi maccheroni affogati nella salsa, assorbenti indecorosi e una fretta vigliacca per non farsi riconoscere? La scia schifosa di esseri schifosi. Il sondaggio, occorre il sondaggio. Ci appelliamo al Sindaco (che tanto al Comune i sondaggi non se li fanno mancare), perché tramite un appello popolare si possa chiedere alla popolazione: siete d’accordo nel definire colui che abbandona la spazzatura lontano dai cassonetti, o da ogni altro luogo deputato, un grugnumano? Lo vogliamo coniare questo neologismo lessicale? Pronunciati,
BAGHERIA! INDIGNATI! SVERGOGNATI! Perché da qualche parte bisogna partire, una linea di demarcazione occorre trovarla. O noi, o loro. Bisogna smetterla di definirci tutti cittadini, è la civiltà contro l’inciviltà che ora devono combattere, l’una contro l’altra, dietro barricate fatte di sacchi pieni di spazzatura. È il momento di dire che ci siamo noi e ci sono loro, bisogna denunciarli, additarli, cacciarli via dalla comunità. Perché non stiamo parlando di un sacchetto di spazzatura, stiamo parlando di una filosofia di vita. E mi appello anche ai collaborazionisti, quelli che vedono e girano la faccia, quelli che abbassano gli occhi; tu, che uomo sei se non hai il coraggio di affrontare un grugnumano? Il parallelo col maiale non riguarda l’idea del sudiciume che il suino richiama, ma fa riferimento a quella naturale incapacità di alzare la testa. E’ per l’ottusità del suono del suo grugnito. È per la testa ficcata dentro la mangiatoia. Non so se il grugnumano ha un sogno, forse ha quello di trasformare tutto in un enorme immondezzaio per rotolarcisi dentro, abbrutendosi e beandosi della sua dimensione sempre più grugnumanesca. Vuole che l’ambiente diventi sudicio all’inverosimile, un letamaio, in modo da trovare finalmente qualcosa di più zozzo del suo vuoto interiore. Questo vuole il grugnumano. Signori, è arrivato il giorno del giudizio: o noi o il grugnumano. (Questo è un esempio di – finta - invettiva rabbiosa scritta col sorriso sulle labbra. Ovviamente, il grugnumano non merita tanta indignazione, tanto disprezzo o – forse – sì? Che dire, solidarietà al grugnumano; che gli è già toccato in sorte il triste destino di essere un grugnumano).
LA FRASE – Questa settimana ero indecisa, e mi sono organizzata un sondaggio. Ero l’unica a votare, quindi era una questione a maggioranza assoluta. Volevo interpellare il popolo del web ma erano tutti impegnati a votare un sondaggio per stabilire se era il caso di effettuare un sondaggio… Insomma, una cosa complicata che non ho capito. Il filo conduttore, per le frasi, era il maiale. È una metafora? Sì. È tendenzioso questo discorso? Sì. Allude? Certamente. Allora, la prima (e mi piace tanto) è questa “Vedo un futuro roseo per l’umanità – sì, roseo come la pelle di un maiale all’entrata di un mattatoio.” (Giovanni Soriano, Malomondo, 2013). La seconda è “Il maiale è diventato sporco solo in seguito alle sue frequentazioni con l'uomo. Allo stato selvatico è un animale molto pulito.” (Pierre Loti, Quelques aspects du vertige mondial, 1917.). E anche questa non è male. La terza “La Costituzione è molto più avanzata dell'Italia e di noi italiani: è uno smoking indossato da un maiale.” (Marco Travaglio, su la Repubblica, 2008). Mi sembra perfetta, così italica, trasversale. Una fotografia. Non so scegliere. Mi sembrerebbe fare un torto a qualcuno.
SOMARI – Premesso che non sono io a cercare le notizie sulle condizione della scuola in Sicilia, ma sono loro - le notizie, intendo - ad arrivare sulle pagine dei giornali con una puntualità da lasciare allibiti, detto ciò, si può dire che la storia è sempre la stessa. Ed allora, perché ribadirla? Perché è l’istruzione è l’origine di ogni male e di ogni bene, tutto il resto è conseguenziale. Andiamo ai dati. La Sicilia ha i liceali più “somari” d’Italia. Almeno in Italiano. L’ultima Rilevazione nazionale degli apprendimenti 2013/2014 condotta dall’Invalsi ci consegna questo responso. La cronaca di questi giorni ci fa sapere che analizzando il rapporto, confezionato dall’istituto di Frascati, viene fuori che i giovani liceali siciliani stanno, in italiano, a un livello inferiore di coetanei che frequentano gli istituti tecnici e addirittura gli istituti professionali di altre realtà italiane. I ragazzi siciliani, la classe dirigente del futuro, non riescono ad andare in Italiano, oltre i 198 punti, contro una media nazionale che si attesta attorno ai 212 punti. I nostri liceali vengono superati dai quindicenni trentini che frequentano gli istituti tecnici – che in italiano totalizzano 212 punti – e sono quasi alla pari coi loro coetanei che frequentano i professionali in Valle d’Aosta, solo tre punti li separano 195 a 198. Detto che il problema non possono essere i ragazzi, il problema, evidentemente, sta nel sistema scolastico. Se mettiamo assieme tutte le notizie che evidenziano il degrado della scuola siciliana ne viene fuori un dossier che ci racconta che i nostri giovani viaggiano con una palla al piede, sono penalizzati da un gap. È il futuro che perde pezzi.
VERY GOOD – La scuola siciliana è agli ultimi posti di una scuola italiana che partorisce presidenti del consiglio e ministri con un livello di conoscenza della lingua (almeno, l’inglese) che potremmo definire, più che scolastica, de’ noantri. Oggi: l’intervento di Matteo Renzi, “in inglese” (una versione pataccata), alla 'Digital Venice Week': "Meucci is a very good Italian, but is 'olzo' a terribol history, bicos Meucci is de rial inventor of mo... telefon, I’m sorry with american people present here, but 'olzo' the congress of United Stets in tu tausand tu, in tu tausend way I didn’t rimeber, reconaisd the founder the inventor of telefon is Antonio Meucci. Antonio Meucci is incredibol man, a ginius..." Oh, yes!!! Ieri: Rutelli e il suo, ormai mitico, “Please visit Italy” (mentre promuove il turismo nel nostro Paese e il sito Italia.it). Ma se fate un giro sulla rete, trovate Berlusconi, trovate Fassino e altri e altri ancora. Tutti nel segno di Totò “Noio... volevam... volevàn savoir... l'indiriss...ja”. Purtroppo, in questo caso, non c’è nulla da ridere. Anche questo è un modo di misurare l’arretratezza di un Paese. Tutto il resto sono parole, in inglese o qualcosa che ci somiglia.
LO DICE LA RETE – Da un po’ circola sulla rete una frase “Se i politici rubano è perché hanno preso il cattivo esempio dai cittadini italiani, che chiedono la raccomandazione e pagano l’idraulico in nero per risparmiare”, l’avrebbe pronunciata Livia Turco. Le parole, che sono anche presenti sul blog di Beppe Grillo, non sono supportate da nessuna documentazione video/audio – almeno, io non l’ho trovata – ciò non ha impedito di trasformarle in qualcosa di virale, rilanciate dai social, commentate con dosi variabili di disprezzo ed indignazione; ora, la Turco è diventata, per la rete, quella che considera i cittadini di cattivo esempio per i politici. Quali riflessioni possiamo fare sulla vicenda? Che la rete è un grosso moltiplicatore di leggende metropolitane e il “si dice” diventa “è”; che l’affermazione seppur (probabilmente) mai pronunciata è considerata verosimile, nessuno che dica “non ci posso credere” e questo ci dà un’idea di quale sia l’attuale livello di credibilità della politica; che dopo l’uovo e la gallina, in futuro ci logoreremo le meningi cercando chi è il cattivo esempio di chi. Piccoli spaccati d’Italy.
Giusi Buttitta
Il 'grugnumano' di Giusi Buttitta
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