Good News – Il 2014 potrebbe essere l’anno dell’inversione di rotta per il PIL italiano. Dopo anni di contrazioni e recessioni, -1,9 nel 2013 e -2,5 nel 2012, nel 2014 potremmo tornare a crescere, a ricollocarci stabilmente sul segno positivo (+). Ottimismo, ragazzi. In verità, poco c’entrano le manovre del governo, poco c’entra Renzi e ancor meno gli investimenti esteri; da questo punto di vista nulla è cambiato; tutto come prima. Ma il PIL crescerà. Almeno nei numeri, crescerà. E i numeri, sono numeri. Tanta fiducia è legata alla notizia che, in coerenza con le linee dettate da Eurostat, tutti i Paesi Ue, compresa l'Italia, inseriranno nel 2014 una stima nei conti, e quindi nel Pil, delle attività illegali. Attività come: traffico di sostanze stupefacenti, servizi della prostituzione e contrabbando; contribuiranno alla determinazione del Prodotto Interno Lordo. L’Istat sembra abbia ammesso le difficoltà per la determinazione del dato, ma così sarà. Speriamo di non sottostimarci. Già l'Istat inserisce nel PIL il sommerso economico, ora aggiungerà l’emerso criminale. Questo ci rende fiduciosi per due motivi: il primo è, ovviamente, legato alla risalita e all’uscita dalla recessione – almeno, contabilmente; il secondo riguarda il fatto che dovendo tutti i paesi europei inserire la loro quota di “Criminal PIL”, si potranno fare dei raffronti e se proprio non saremo i primi in valore assoluto, potremo riporre fondate speranze di primeggiare nella speciale classifica del PIL criminale. Sarà anche un “PIL drogato”, ma che ci mettiamo a sottilizzare? A cercare il PIL nell’uovo?
Ganzo ‘sto Ganso – Che poi, rimanendo sulla storia del PIL, il rischio di essere sottovalutati è forte. Spesso non si conoscono le nostre potenzialità e non ce le riconoscono gli altri. Una vergogna. Prendete il presidente della squadra di calcio brasiliana del San Paolo, tale Carlos Miguel Aidar. Qualcuno mette in giro la notizia che il Napoli è interessato a un giocatore del San Paolo che di nome fa Ganso. Il presidente della società brasileira non prende bene la notizia del corteggiamento da parte della squadra partenopea e dichiara “Se dovesse arrivare una vagonata di soldi dal Sud Italia? Non bastano neanche tutti i soldi della Camorra per portarcelo via.”. Ma, carissimo Carlos Miguel, lo sai cosa stai a dire? Hai capito di cosa stiamo parlando? Cosa “Ganso” stai dicendo? Ma quelli si comprano te, il San Paolo (inteso come squadra) tutto intero, magazzinieri compresi, e pure la spiaggia di Copacabana, e il carnevale di Rio e tutta la foresta amazzonica. Il Brasile intero si comprano, inclusa la statua del Cristo Redentore. Se la impacchettano e se la portano a casa e se la piazzano accanto a quella di Padre Pio e al poster di Al Pacino in Scarface. Secondo l’iconografia camorristica classica. Carissimo, aspetta che finisca il 2014, aspetta i dati ufficiali, aspetta il nostro PIL e poi ragioniamo conti alla mano. Ma la cosa più scandalosa è che la politica italiana, che pure annovera tra le proprie fila - stando alla cronaca, mica lo dico io - vari esponenti della criminalità (nel doppio ruolo politico/delinquente), non ha sentito il bisogno di prendere posizione. Uno scandalo! Ma è rimasto qualcuno in questo paese a difendere il “Made in Italy”?
Era già tutto previsto - Quando i bambini fanno oh? Quando si trovano davanti a una sorpresa, quando vedono l’arcobaleno dopo la pioggia, quando il prestigiatore tira fuori il coniglio dal cilindro o, ancor di più, quando tira il cilindro da dentro il coniglio. Insomma, quando la meraviglia si presenta all’improvviso. E di fronte al dissesto finanziario del Comune di Bagheria? Rimangono indifferenti, ti rispondono! “ma lo sapevano tutti che finiva così!!”, e poi aggiungono: “lo sapevano anche i bambini; sì, anche noi bambini…”. Ti dicono così i pargoli. Il dissesto bagherese non provoca gli “oh”. Perché la bancarotta, diciamocelo, è solo l’approdo finale di una barca alla deriva, è il crollo di una costruzione pericolante da troppo tempo. E non è solo una questione di bilanci. Questo è un paese dissestato, sotto ogni punto di vista, da troppo tempo. Dissestato nell’anima. Una comunità priva di progetto che si è trascinata cercando piccoli escamotage di sopravvivenza, implodendo su se stessa, convinta che questo tran tran potesse durare in eterno. Sempre alla ricerca di pezze per andare avanti. Una comunità votata al transitorio, ai piccoli egoismi di bottega. Vado oltre, questa comunità - da tempo - non è più una comunità. L’orgoglio bagherese è solo uno slogan. E a chi non la pensa così lo sfido a segnalarmi, negli ultimi dieci (ma, anche venti) anni, un solo segnale in controtendenza (tolti gli exploit di singoli che ce l’hanno fatta, malgrado tutto). Un progetto realizzato di cui andare orgogliosi. Troppo semplice puntare il dito contro gli amministratori, ma chi li ha votati? Chi li ha avallati, spesso con ignavia e disinteresse? Questo paese è stato dilaniato soltanto dalla classe politica? E chi le ha distrutte le coste? Chi li ha cementificate? Chi ha sepolto ogni possibilità di fare turismo? Chi ha disintegrato l’economia agrumicola? Chi trasforma ogni anfratto abbandonato in piccola o grande discarica abusiva? Chi ha fatto sorgere orrendi quartieri abusivi? Chi ha una visione “ampia” della proprietà privata e ristretta della “cosa pubblica”? Cos’è Bagheria? Chi è Bagheria? Quale identità ha questo mega quartiere dormitorio che implode su se stesso? Perché in questi anni a Bagheria il “brutto” è diventato filosofia di vita? Perché questa comunità non è in grado di tenere una spiaggia pulita? Perché trasforma l’area di Monte Catalfano in una porcilaia ad ogni occasione di picnic all’aperto? Perché tutto viene distrutto? Su quali radici psicologiche si fonda questa pulsione autolesionista? Perché nulla che sia pubblico a Bagheria può essere organizzato, pulito, ordinato, efficiente, bello? Perché ci facciamo del male? Qualcuno può anche obiettare che questo discorso poco ha a che fare con le rigide leggi di bilancio; e, invece, secondo me, un po’ c’entra. Perché il dissesto finanziario è solo una sfaccettatura, forse nemmeno la più grave, di una deriva generale. Non dico nulla di nuovo. Basta riguardarsi la scena finale di Baarìa, l’impietoso contrasto tra quello che fu, ma, soprattutto, che poteva essere, e quello che Bagheria è. Quella scena è la fotografia di un’occasione mancata. Come mancata, perché la storia si ripete, è stata l’occasione che ha fornito il film. Non siamo in grado di costruire (cementificazione a parte), c’è una forma di analfabetismo civile diffuso. In questi anni la presenza sulla scena della politica bagherese di certe figure, francamente improbabili, ha mandato il messaggio che la politica e solo una forma sui generis di precariato. Mai nessun candidato che si sia chiesto: “Ma sono in grado di dare un contributo?”, mai nessun elettore che si sia domandato “Ma è in grado di dare un contributo?”. E non è cambiato nulla, ad urne chiuse (quando leggerete) possiamo dirlo, perché alcune candidature, con tutto il rispetto, sono improponibili. Non è un gioco, non è che guadagnandosi un piccolo posticino al sole non si dà fastidio a nessuno. Si dà fastidio, si fanno danni, è il bene comune che c’è da amministrare e l’individuazione di un buon amministratore è bene comune. Non basta non rubare, bisogna essere anche capaci ad amministrare. Votare non è un gioco. E se la comunità lo ha considerato tale, forse, ora è anche giusto che paghi il conto. Si dirà: “è la democrazia”; appunto, ciò che la maggioranza vuole. E allora, la maggioranza non si lamenti. Una minoranza, sì; ma la maggioranza, no. Sottolineo, anche se non serve, che questo articolo è scritto ad urne ancora aperte. Speriamo bene.
Comunità – Le generalizzazioni non mi sono mai piaciute. Le responsabilità sono sempre personali e quando si entra in questo ambito i discorsi si fanno sdrucciolevoli. La comunità è una, le persone sono tante. Individualmente, ognuno si può tirare fuori dal gioco delle responsabilità. Però, la comunità ha una sua responsabilità collettiva, significa che c’è una spinta comunque maggioritaria che va in una certa direzione. Infatti, alla parte civile del paese dico: pensateci bene prima di rimanere. Mentre alla parte civile e anche giovane della comunità dico: scappate via, prima possibile. Oppure, se siete convinti che il vostro posto sia, in ogni caso, questo, e, quindi, sia giusto rimanere, allora alzate le barricate e difendete il vostro territorio dai portatori insani di degrado. Badate, sono tanti, più numerosi dei persiani dell’esercito di re Serse e voi, forse, siete pochi, meno dei 300 spartani di Leonida.
Buffoni – Renzi è toscano e il luogo comune lo vuole toscanaccio. E lui lo è. Uno con la battuta pronta, di spirito, uno che alla fine non ti fa annoiare. L’ultima che ho sentito, per esempio, è una battuta bellissima: “Votate tutti, ma non i buffoni”. Cos’era, un invito all’astensione? Matteo, sono – a voler essere buoni – almeno vent’anni che in Italia si votano “buffoni”. Le foto di Berlusconi, col ritocco da pagliaccio, hanno spopolato sulle pagine dei principali giornali europei, nel PD (per dire la trasversalità) ne abbiamo visto di tutti i colori e ora tu ci vieni a dire di non votare i “buffoni”? Ma, qui ci si è così abituati ai “buffoni” che non ci si fa più caso. E poi che significa “buffone”. Spesso, ci si rivolge in questo modo nei confronti di chi non mantiene la parola data e lo si apostrofa con un “Sei un buffone!”. Basta una promessa non mantenuta. Basta poco.
Cominciamo male – Alcuni manifesti di candidati sindaci e consiglieri sono stati coperti da una scritta affissa dal Comune di Bagheria: “Manifesto Abusivo”. Se i futuri amministratori si fanno etichettare, ancor prima di cominciare, come abusivi, si parte veramente male.
Perché lo fai – Alla fine finisce tutto in vacca. È triste, ma è così. Lo sapevo già. Però, il mercoledì sera, quando vedo, in “The Voice”, la caricatura di Piero Pelù travestito da Piero Pelù (quello vero) dei Litfiba (quelli veri), gigioneggiare con la Carrà, mi prende una tristezza che non so esprimere. È mai possibile che ogni tornado si sciolga in un venticello innocuo? Ogni rivoluzione, in una restaurazione? Ogni progetto, in noia? È mai possibile che, alla fine, vinca sempre Raffaella? Tuca, tuca, tuca…
Frase – “Hai venduto l'anima al mercato?” da “Soldi”, canzone inserita nell’album “Terremoto” dei Litfiba. Anno 1993. E ora? Peggio di Vasco Rossi e la sua vita spericolata tradita. Anche le rockstar si imborghesiscono. Ma fatelo con stile e coerenza. Perdinci!!! (avvertenza: “Perdinci” la potete sostituire con qualsiasi altra esclamazione che esprima stupore e dispetto).
Giusi Buttitta
Siamo tutti dissestati- di Giusi Buttitta
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