Politica

L' U.D.C., o per meglio dire un parte di esso, tira fuori ad ogni votazione il coniglio dal cappello ovverosia la sorpresa.

Nel precedente consiglio, l'U.D.C.  si era già diviso in occasione della discussione sul Gruppo di azione costiera, e proprio in quell'occasione si erano manifestate  le prime avvisaglie di malumori interni al partito del sindaco che, per le responsabilità che è chiamato a ricoprire in consiglio, dovrebbe essere il gruppo più unito e compatto.

Anche perchè il piano triennale delle opere pubbliche non è un qualsiasi ordine del giorno, è in realtà il progetto strategico che si dà una amministrazione per costruire il futuro di una città.

Il piano triennale delle opere pubbliche è stato alla fine approvato con il voto favorevole dei tre consiglieri de l'Altra bagheria, dei due F.L.I., di Vella e Pagano del Partito democratico, e di due soli consiglieri su cinque dell'U.D.C., Sciortino e D'Agati; gli altri tre consiglieri del partito di Casini, Vigilia, Scaduto e Di Quarto si sono astenuti, voti che nel conteggio vengono considerati contari.

Nel dibattito che si è sviluppato in più di due sedute di consiglio il  Partito democratico è riuscito a far  inserire in questo piano la previsione di un area attrezzata a parco in via Mattarella,la riqualificazione delle cave di tufo,la previsione del parco del fiume Eleuterio,la qualificazione ed il recupero di Monte Porcara e della sua zona archeologica,il recupero della nostra fascia costiera e marina.

"Riteniamo che investire sul nostro territorio e sulle risorse ambientali sia una reale possibilità di sviluppo- ha precisato Daniele Vella in sede di dichiarazione di voto -, "Abbiamo votato l'atto per coerenza e responsabilita in quanto i nostri assessori erano proponenti della delibera." 

"Stigmatizzo - ha aggiunto  quindi il capogruppo del P.D. - che l'Udc, e cioè il partito del Sindaco, nelle persone del Presidente del consiglio Vigilia, del vicepresidente A.Scaduto e di un altro consigliere si sia astenuto sull'atto. Per il bene della città così non si può andare avanti." 

Lo ha detto e lo ha fatto Gino Di Stefano, capogruppo in consiglio comunale del PID- Cantiere popolare: aveva anticipato che se nel giro di un paio di gironi i riscaldamenti nelle scuole non fossero stati attivati avrebbe presentato una denuncia formale alle autorità di polizia, per questa inadempienza che potrebbe configurare il reato di interruzione di pubblico servizio.

Sostiene Di Stefano che "il sindaco non è stato preso alla sprovvista ma  era da tempo al corrente della situazione, tant'è che i contratti con le ditte per l'approvvigionamento di metano erano stati disdetti proprio già dalla fine di ottobre".

Da oltre una settimana erano iniziate le proteste di bambini, genitori, insegnanti, personale tecnico della scuola per la mancata accensione degli impianti in coincidenza tra l'altro con la prima vera ondata di freddo che aveva colpito la nostra regione.

La protesta era  rientrata dopo un impegno solenne e formale del sindaco che, a partire dalla giornata di lunedì scorso, l'azienda cui era stata affidata la manutenzione degli impianti avrebbe iniziato il controllo delle caldaie e la loro riatttivazione; tant'è che era stata pure annullata una manifestazione di protesta dell'Associazione Bagheria Bene comune, cui aveva aderito anche SEL, per il pomeriggio dello scorso mercoledì in piazza Indipendenza, sede degli Uffici comunali che si occupano delle manutenzione nelle scuole.

Ad una settimana di distanza stando a quanto ha dichiarato Di Stefano nella sua formale denuncia ai Carabinieri, malgrado le promesse e gli impegni presi da Lo Meo, gli impianti non sono ancora funzionanti.

Il sindaco Lo Meo da noi interpellato sostiene che i riscaldamenti già da oggi sono accesi in tutte le scuole tranne che al Plesso della scuola "G. Cirrincione", in via Filippo Buttitta, in via Orazio Costantino, in qualche caso pare per la presenza di canne fumarie inadeguate, la cui sostituzoione è stata comunque subito avviata.

Tra l'altro a margine era pure scoppiata qualche polemica perchè l'aula consiliare era invece, durante le sedute del consiglio, ben riscaldata.

Non ci stanno consiglieri, ex assessori, dirigenti del P.D. a passare per gente che si è fatta prendere dall'affannoe che ha precipitosamente ritirato i propri assessori da una giunta che stava andando a fondo.

A ben vedere dice in maniera molto chiara  DanieleVella, capogruppo in consiglio, nella conferenza stampa convocata dal P.D., "la strada intrapresa dall'amministrazione è quella che noi avevamo indicato anche con un atto amministrativo forte, e cioè la delibera di risanamento che è stata nei fatti  riproposta proprio ieri, come dichiarazione di intenti,  dal nuovo assessore al bilancio".

"Avvisammo tempestivamente il sindaco - aggiunge Vella - sostenendo che il dissesto era assolutamente da evitare, e che occorreva sforzarsi di cercare ogni soluzione possibile; sull'incremento al massimo di IRPEf e IMU, portammo avanti in consiglio una proposta che riuscisse a coniugare equità e rigore, offrimmo la nostra sponda per andare a Palermo o a Roma, in Assessorato, al Ministero o alla Corte, per chiedere lumi e indicazioni."

"Lo Meo andò avanti di testa sua, e senza neanche ascoltarci preannunciò il dissesto con grande risonanza mediatica" rincara la dose Laura Maggiore, segretaria cittadina.

"Ora ritorna sui propri passi e dice che con un opportuno piano di risanamento la salvezza è possibile . proprio quello che, inascoltati, avevamo sotenuto noi del P.D." conclude.

Nel mezzo l'uscita del P.D. dalla maggioranza: scarsa fiducia in Lo Meo? precipitazione? voglia di abbandonare la nave che affonda? difficoltà  ad affrontare l'impopolarità di alcune decisioni?

"Niente di tutto questo", ci dice Nicola Tarantino, uno dei due assessori dimissionari assieme a Sergio Martorana, presente alla conferenza stampa.

"Piuttosto, cosa c'è dietro queste giravolte di Lo Meo? un tentativo di scaricare il P.D.?.

Comunque sia, precisa Vella ci siamo dati alcune linee guida alle quali ci atterremo in questo percorso che Lo Meo ha avviato, ed alle quali dovrà adeguarsi il sindaco.

Dal punto di vista delle scadenze dopo la dichiarazione di intenti votata nella giunta di venerdì, occorrerà formulare strumenti , cifre e tempi del piano di risanamento.

"In primo luogo non pensi Lo Meo di precofezionarci una proposta che dovremo accettare, magari sotto ricatto, a scatola chiusa; noi vogliamo che in questi due mesi il rapporto con le forze politiche e consiliari, con sindacati e forze sociali, sia ininterrotto e che si arrivi ad un documento ampiamente condiviso", avvertono tutti dal Partito Democratico.

"Collaborazione sì, però nel dialogo franco e nella chiarezza, a partire dal fatto che il piano di risanamento dovrà contenere al primo punto e scritto a lettere maiuscole la parole Lotta all'evasione; questa è la precondizione di cui vanno indicati tempi e scadenze, perchè senza questo impegno solenne non si va da nessuna parte." 

Ed infine il Piano Regolatore generale: entro la fine dell'anno occorre acquisire il parere del Genio civile e predisporre l'invio al consiglio per l'adozione, perchè è l'unica strada per percorrere per fare ripartire l'economia, le zone artigianali e le opere pubbliche in particolare. 

E' questa la linea del Piave del Partito Democratico da tutti condivisa compresi i consiglieri presenti Pietro Pagano e Nino Maggiore

A margine la notizia, che si arriverà nei prossimi giorni,  in vista delle primarie per i candidati nelle liste per il voto nazionale, ad una grande assemblea del partito che avvierà di fatto la campagna elettorale.

Dopo vent'anni di successi, il territorio adesso sembra perdere importanza, insieme agli attori politici che ne hanno fatto una bandiera.

Il "trionfo del territorio" si era materializzato, in modo inequivocabile, dal 1992 con l'avanzata della Lega Nord, che spostava il baricentro politico del Paese dal centro alla periferia.

Una tendenza rafforzata e istituzionalizzata l'anno seguente, dalla legge 81 del 1993, che sancisce l'elezione diretta dei sindaci, e, insieme, dei presidenti di Provincia; sette anni dopo, nel 2000, lo stesso avviene per i presidenti di Regione, anch'essi eletti direttamente dai cittadini.

Le Province: oggi in Italia si contano ben 107 Province, che il governo tecnico guidato dal Prof. Mario Monti intende ridimensionare nel numero, in base a criteri tecnici che hanno orientato la “spending review”.

Accusate di essere oggetto di sprechi, le Provincie sono in effetti diventate nel tempo un livello istituzionale ed amministrativo sovrabbondante e costoso, con competenze sempre più limitate, sottratte via via dai Comuni e dalle Regioni.

Le Regioni sono state in questi ultimi anni pesantemente colpite dai tagli alla Sanità, che di fatto costituisce la principale “missione”: in effetti oggi le Regioni sono una “grande Asl”, visto che circa l'80% dei loro bilanci è "saturato" dai capitoli sociosanitari.

I Comuni oggi sono costretti a fare gli esattori delle imposte immobiliari, per conto dello Stato, aggiungendovi le loro sovrattasse a causa dei continui tagli di. trasferimenti Regionali e nazionali. Indotti, per finanziarsi, a edificare il territorio, con il risultato di degradarlo ulteriormente: infatti gli oneri di fabbricazione costituiscono, per i Comuni, la principale fonte di auto-finanziamento.

I sindaci, così, sono divenuti "sovrani a parole": hanno ottenuto competenze e visibilità, generato aspettative, senza, tuttavia, disporre di adeguati poteri. Oggi fanno i conti con risorse sempre più ridotte. Hanno tradotto e pagato la maggiore autonomia mediante una maggiore pressione impositiva.

Ciò determina impopolarità e disaffezione dell’elettorato, basti pensare che alle ultime elezioni amministrative oltre l’80% dei Sindaci uscenti non è stato rieletto.

Attraverso la spending review, il governo Monti, pur senza dichiararlo, ha, però, nei fatti, decretato la fine del federalismo all'italiana, che nel tempo si è tradotta nella moltiplicazione infinita delle Province, nel trasferimento, mediante referendum, di centinaia di comuni da una regione all'altra, in base a calcoli di opportunità e di vantaggio.

Si è trattato, per certi versi, di un federalismo irresponsabile, dove i spesso i governi locali non sono chiamati a rispondere delle loro scelte, innescando meccanismi di spesa e burocratizzazione ulteriori, che non prodotto l’auspicato “sviluppo locale”.

Il federalismo all'italiana è avvenuto senza un'adeguata cessione di autorità e, soprattutto, risorse, dal centro alla periferia, producendo solo conflitti fra Stato centrale ed Enti locali.
Così oggi assistiamo alla ri-centralizzazione delle scelte, alla crescente debolezza dei governi e dei governatori locali, alla difficoltà dei soggetti politici che si riferiscono alla questione territoriale, alla centralizzazione organizzativa dei partiti, alla marginalizzazione dei Sindaci, un tempo, Attori politici di primo piano e Soggetti di cambiamento.

Dal federalismo fiscale ci si attendeva grandi risultati: un’amministrazione pubblica più vicina ai cittadini e più efficiente, l’aumento della qualità e quantità di servizi e delle prestazioni pubbliche fornite ai cittadini, l’eliminazione degli sprechi e delle inefficienze e, di conseguenza, la riduzione della pressione fiscale complessiva.

E invece l’autonomia ha provocato una riduzione della spesa per investimenti, conti pubblici perennemente in difficoltà nonostante i continui tagli alla spesa e l’aumento della pressione fiscale, la di munizione delle prestazioni pubbliche più delicate (sanità, istruzione, assistenza).

Anche il nostro territorio vive un profondo processo di marginalizzazione, e un vero e proprio declino del territorio (economico e sociale) che sta perdendo i suoi fondamentali e i presupposti per una qualità sociale adeguata: settori economici in picchiata (l’edilizia, moltissime piccole e medie imprese, molto commercio al dettaglio e servizi amministrativi e tecnici) e settori a “bagnomaria”, cioè senza prospettive chiare (l’industria agro-alimentare e del pescato, un terziario che rischia di affondare con il calo dei consumi, degli investimenti, delle manutenzioni, dei servizi alle persone).

C’è una complessiva difficoltà a capire i settori e le filiere che possano nuovamente tirare e a definire aree di innovazione e di espansione non potendo essere nemmeno trainati dall’economia regionale e nazionale che sono anch’esse in forte difficoltà (ne sono una testimonianza i tassi di disoccupazione sempre più alti), e da una pubblica amministrazione in grado di generare redistribuzione e redditi, essendo in ogni caso insufficienti i settori del turismo e dell’agricoltura a colmare i gap presenti.

Le amministrazioni comunali del territorio sono in difficoltà e incapaci di invertire il ciclo economico: i trasferimenti regionali e nazionali in continua diminuzione costringono a tagliare i servizi essenziali (trasporto, scuola, assistenza sociale); tutte le amministrazioni Comunali (da Palermo a Bagheria, da Altavilla Milicia a Misilmeri) hanno aumentato le imposte locali (IMU, TARSU, IRPEF), senza peraltro riuscire a risolvere i problemi finanziari, dato l’enorme aumento della percentuale di cittadini che non possono pagare le maggiori imposte.

Occorre invertire questo circolo vizioso partendo da una vera riforma del federalismo italiano che dia responsabilità e risorse adeguate alla amministrazioni locali e riformi veramente la pubblica amministrazione, in modo da snellire i processi e favorire lo sviluppo, con interventi di politica economica idonei ad avviare la ripresa economica.

*  Funzionario di Sviluppo Italia Sicilia S.p.A.
 

Altri articoli...