Le “grafite” sul muro di Villa Valguarnera sono prive di una storia, proprio come il dipinto “Arsura. Donna alla fonte”. In entrambi i casi i protagonisti sono Topazia Alliata e Renato Guttuso e la location è sempre la stessa.
Il degrado culturale di Bagheria è sotto gli occhi di tutti, una condizione imprescindibile dalla classe dirigente che non reagisce nemmeno alle critiche, abbarbicata com’è al “Càlati juncu ca passa la china”; un metodo praticato anche dalla vecchia classe politica.
Infruttuosi rimangono infatti gli appelli e le critiche che vengono mosse a questa Amministrazione, anche le più costruttive.
Questa volta però non lascerò che il divertimento degli Amministratori comunali rimanga tutto dalla loro parte, poiché la mia critica sarà un divertissement, ovvero un componimento poetico scherzoso adeguato al loro comportamento.
Nella foto di copertina che illustra questo articolo si vede quello che rimane del Teatro di Villa Valguarnera, dove lungo il viale per raggiungerlo, nel muro di cinta, sono stati rinvenuti queste “grafite” che rappresentano l’incipit di una commedia d’amore non scritta, ma realmente vissuta da una quattordicenne Topazia e un sedicenne Renato, con le stesse motivazioni che hanno portato i due a far nascere un dipinto con un nudo impropriamente chiamato “Arsura. Donna alla fonte”.
La mancata conoscenza di questi due episodi, anelli di una lunga catena di inadempienze di una classe dirigente, sono la causa che ha trasformato la Città della Cultura in un dormitorio; e fin qui nulla di nuovo, se non fosse che di nuovo si intravede al fianco del conducente la longa manus di intellettuali che credono di fare i manovratori e invece sono loro stessi i manovrati.
A questo punto sento i miei soliti detrattori dire: ma chistu chi vuoli, è ncazzatu picchi un trasiu nna spartizioni ri 135 mila euru? non pensando che ancora possono esserci persone che vogliono semplicemente il bene della propria Città, si, della propria Città, Bagheria, quella che hanno ereditato dai loro avi.
Tornando alla storia di Renato Guttuso, va detto che nella biografia “ufficiale” del Maestro l’inizio e la fine sono stati artatamente manipolati. Inoltre, sui media si parla di un Guttuso spesso incoerente, ed è vero, ma secondo me è tutto un bluff. Infatti Guttuso non è stato incoerente, ha solo recitato questa parte. Un atteggiamento che solo Guttuso poteva tenere col temibile Togliatti e successivamente con Berlinguer, per poi continuare sino all’insorgere della sua malattia che lo porterà alla morte. Un periodo molto travagliato questo, come si è detto pesantemente manipolato da altri, dove la disperazione ha portato Guttuso a dire: “In questo cazzo di Paese non si può nemmeno morire.”
Prima di proseguire con la lettura della poesia si consiglia la lettura di queste note:
Il componimento poetico che segue è una reazione per una ricerca che avrei voluto fare e che, invece, mi è stata negata da questa Amministrazione locale, prima in modo diretto e successivamente, a seguito di mie formali proteste, in modo subdolo. / “Arsura”, è il titolo attribuito ad un’opera che rimane sospesa tra Topazia Alliata e Renato Guttuso. / Pazia è il nomignolo di Topazia. / Nato è il nomignolo di Renato.
ARSURA
Era utile confutar la prova
di un cartiglio che non si trova;
mi venne negata questa conoscenza
certo, per colpa di tanta incompetenza.
“Dante” promise uno scoop a tutti quanti,
cultori dell’arte, così non si può andar avanti!
“Pazia” venustà pittata da “Nato”,
l’uomo di lei follemente innamorato;
or che Topazia e Renato non ci son più,
questa storia d'amore vacilla e fa su e giù.
Come un testamento spirituale in tarda età,
andrebbero riconsiderati Renato e Sua Maestà.
Donna alla fonte bellezza blasonera,
pittata tra le mura di Villa Valguarnera;
a Villa il “tradimento” fu persino transigente,
in fondo il traditore or dunque era innocente.
Indagar l’aristocratica Topazia è stato un’eresia,
al gotha non si sentenzia in territorio della Baharia.
Ezio Pagano