L’impegno intellettuale accorpato al Partito Comunista Italiano merita un chiarimento.
Durante il ventennio fascista, quando fu limitata la libertà, alcuni intellettuali sentirono il bisogno di rafforzare le file del P.C.I. anche se, all’epoca, il popolo che vi aderiva era fatto soprattutto dai meno alfabetizzati. Questi intellettuali lo fecero solo per la causa comune della libertà.
Ovviamente col tramontare del regime fascista molti intellettuali rientrarono nelle file di appartenenza, tranne quelli che avevano accumulato debiti col partito comunista e tra questi Guttuso era quello che aveva avuto i maggiori benefici.
Guttuso era consapevole che ai propri meriti si sarebbero aggiunti quelli provenienti dalla sua militanza nel gruppo dirigente del P.C.I.; e fu così che ebbe ricchezza, fama e potere per il resto della sua vita. Ovviamente non tutto il popolo del P.C.I. compreso gli intellettuali fecero la stessa fortuna.
Ora dovrebbe essere chiaro a tutti perché Guttuso fu fedele al P.C.I. fino alla fine, pur non essendo di fede comunista.
Da questa posizione Guttuso poté destreggiarsi liberamente, dovette solo soccombere al vertice del partito, fino a lasciarsi condizionare da Palmiro Togliatti e i suoi successori: vedi le motivazioni delle due versioni del dipinto “Ponte dell’Ammiraglio” e l’”Affaire Sciascia” per citare solo due esempi.
Un condizionamento che porterà Guttuso a dichiarare persino che le idee di De Gasperi rappresentavano l’oscurantismo.
Nonostante tutto, Guttuso è stato un autentico intellettuale e un grande artista, capace di esercitare la sua cultura in modi contrastanti, ad esempio, spostando il suo interesse pittorico, dalle rappresentazioni del mondo operaio a quelle del ceto borghese, segnando così il passaggio dagli anni quaranta con le opere d’impegno civile, agli anni cinquanta con la rappresentazione dei benefici provenienti dal lavoro nelle fabbriche e ancora con opere di appannaggio della borghesia, vedi “Piscina mediterranea”.
E mentre i veterocomunisti vedevano nelle aperture di Guttuso un retrocedere sulle idee sostenute, sino allora, lo stesso Guttuso abile nella parola, spiegava le sue aperture così: “Non si tratta di un retrocedere, un abbandonare le posizioni di lotta precedente, ma è solo un’apertura per migliorare e rivitalizzare le conquiste già fatte. Insomma un ripensamento di necessità”.
Il vero passepartout per il rinnovo dell’arte Guttuso lo esibirà con l’opera “Vucciria”, stravolgendo il senso prospettico del quadro e dando forza non più al sacrificio della classe proletaria ma alla vitalità del commercio attraverso l’abbondanza dei frutti e della femmina siciliana.
Questo zigzagare del comportamento di Guttuso, sarà una costante della sua vita, tale che il più acuto dei suoi amici, Sciascia, ne parlerà così: “Ho conosciuto benissimo Renato Guttuso: e posso dirlo non solo per i frequenti incontri, la lunga confidenza, la simpatia e l’affetto che avevo per lui, ma anche – e soprattutto – perché il nostro essere d’accordo nel giudicare persone, fatti e libri nella loro immediata verità, se appena tentavamo di risalire ai principi, diventava fondamentale e profonda discordia”.
Nella foto di Carlo Puleo - Tre intellettuali bagheresi: Franco Lo Piparo, Natale Tedesco e Nino Buttitta.