Al Salone del libro di Torino 2023, una storia di cancel culture prima del tempo. La vicenda insabbiata sul giornalista d’inchiesta Cosimo Cristina rievocata in un romanzo di “antieroi dell’antimafia”.
Se perdeste il vostro migliore amico geniale, quello che vi ha spronato a essere migliori, come lo ricordereste? E se vi dicessero che si è suicidato, ma siete convinti che non è così, cosa fareste?
Sono le questioni che animano il conflitto interiore di Giuseppe Rizzo, protagonista di questo romanzo che affronta temi urgenti come scelte di denuncia, cancel culture e coscienza mafiosa.
Quando Giuseppe Rizzo, giovane professore di successo dell’Università di Palermo, decide di presentarsi al commissariato di Polizia per denunciare l’omicidio del suo migliore amico, avvenuto 5 anni prima, nessuno lo prende sul serio. Siamo nel 1965, di mafia si parla poco e niente, nonostante la provincia di Palermo sia stata teatro della prima guerra fra clan. Il territorio è spartito tra le famiglie; la speculazione edilizia è ben avviata così come il traffico internazionale di droga.
Uno scenario annunciato già dal giornalista Cosimo Cristina, il D’Artagnan da Termini Imerese. Prima di essere rimosso forzatamente dalla memoria collettiva, si era imposto come la voce onnipresente sulle scene dei delitti più scottanti. A 25 anni, vantava numerose collaborazioni con testate italiane. Ma non gli bastava. Figlio di un ferroviere e di una casalinga, voleva dimostrare di essere capace di un vero e proprio salto di classe.
Cosimo, aiutato dall’amico Giuseppe, fonda un giornale dove scrive di mafia «senza peli sulla lingua». A pochi mesi dopo, il 5 maggio 1960, viene ritrovato morto lungo i binari della ferrovia. Il caso viene archiviato in fretta: suicidio. Rimangono però tutti dubbi sulla scomparsa improvvisa e sulle condizioni di ritrovamento del cadavere, pieno di lividi inspiegabili con il travolgimento di un treno. Giuseppe Rizzo si tiene i dubbi per sé fino al giorno in cui i giornali pubblicano la fotografia dell’eroico Vicequestore Mangano, protagonista dell’arresto del boss Luciano Leggio, detto Liggio.
Passano dunque cinque anni prima di prendere coraggio. Cinque anni in cui Giuseppe avvia una carriera accademica di prestigio, grazie anche agli appoggi della sua famiglia. Ma il peso che gli grava sulla coscienza è sempre più forte. Di nascosto da amici e parenti, tenta in tutti i modi di convincere il vicequestore Mangano a riaprire il caso.
Da qui prende le mosse il romanzo, che si articola su due piani temporali intrecciati nel corso dei capitoli: il tempo di D’Artagnan (fine anni ’50) e il tempo di Giuseppe (metà anni ’60).
Giovanni Cappuzzo è un ignavo attuale. Vive in modo nervoso il suo individualismo, vittima di se stesso, prima che del sistema. La sua parabola in questa storia lo porta a capire che, in fondo, non ci ha mai nemmeno provato ad andare contro i suoi mostri.
Il libro sarà presentato in anteprima al Salone del Libro di Torino, dal 18 al 21 maggio e uscirà in tutte le librerie, fisiche e online, il 26 maggio 2023.