Nell’era dei social network, i beneficiari del reddito di cittadinanza sostengono che un datore di lavoro gli darebbe quanto gli dà lo Stato senza lavorare, a me i conti non tornano, perché lo Stato dandogli 700 euro toglie loro la dignità di lavoratore, mentre il datore di lavoro oltre le 700 euro consegna anche una dignità al lavoratore.
Per questa ragione mi viene da dire che l’era dei social network non sarebbe male, se gli strumenti fossero utilizzati consapevolmente e non in modo indiscriminato e invasivo, come si fa con i tatuaggi su tutto il corpo, i piercing in ogni dove e i jeans strappati con i glutei a vista.
Mi rendo conto che la verità può essere indigesta, ma rende gli uomini liberi e la libertà è ricchezza, così, nonostante non ho i rubinetti doro e i conti in banca, sono diversamente ricco come i vip.
Come si può convenire, nell’era dei social network, io non scrivo alla ricerca del consenso o per incrementare i “mi piace”, perché questo lo fanno quelli che parlano dicendo quello che alla gente piace, con l’intenzione di accrescere i follower, mentre io, i follower, li lascio ai vip.
Dopo aver elargito la mia pillola quotidiana, nell’era dei social network, prima di congedarmi voglio dire un’altra cosa: c’è un paese dove si organizzano piccole eventi culturali che coinvolgono una dozzina di presenze, mentre i social continuano a trasmettere comunicati che parlano di successi internazionali e grandi affluenze di pubblico, creando un fantomatico El Dorado.
Peccato che questo paese si trova nella Sicilia del Gattopardo, nella Patria di Giuseppe Tomasi di Lanpedusa, dove “tutto cambia perché nulla cambi”.