'Mio figlio non mi guarda...forse non mi vuole bene' di Giuliana Larato

'Mio figlio non mi guarda...forse non mi vuole bene' di Giuliana Larato

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Alla vigilia del convegno che si svolgerà sabato 1 febbraio a palazzo Aragona Cutò sul tema 'Oltre l'autismo....un   proposta progettuale'  pubblichiamo questo contributo della dr.ssa Giuliana Larato, psicologa dell'età evolutiva, promotrice del convegno assieme alla pediatra  dr.ssa Rosa Rita Terranova e alla neuropsichiatra infantile, dr.ssa Giovanna Gambino.

Nell’ambito della mia attività di psicoterapeuta delle Relazioni e della Famiglia e nell’ambito delle mie frequentazioni quotidiane ho avuto modo di venire a contatto con un numero, estremamente alto di casi di Disturbo dello Spettro Autistico.

Si è trattato spesso di bambini e ragazzini pervenuti ad una diagnosi di autismo dopo gli otto anni.

E’ ormai condiviso che l’individuazione precoce del rischio di autismo serva a ridurre l’impatto che il disturbo potrebbe avere sullo sviluppo generale del bambino nonchè a migliorarne la prognosi e potrebbe addirittura evitare una diagnosi di autismo.

Le ricerche condotte sulla plasticità cerebrale dimostrano che attraverso esperienze guidate da specialisti nel settore è possibile modificare i circuiti nervosi, responsabili di molte delle anomalie che si osservano in un bambino con autismo.

Ma cosa caratterizza un bambino con uno sviluppo autistico?

Un bambino che mostra un rischio di autismo è un bambino con poca motivazione ed interesse al rapporto con gli altri siano costoro bambini come lui o adulti come i genitori o altre figure anche affettivamente pregnanti.
E’ un bambino che non usa il canale degli occhi come canale attraverso cui comunicare le proprie emozioni o comprendere le emozioni dell’Altro.

Risulta, inoltre, deficitaria l’area dell’attenzione agli stimoli sociali e dell’attenzione condivisa agli oggetti: un bambino con sviluppo tipico, per es., si mostra coinvolto dalla voce e dal volto umano, che sono gli stimoli per lui più interessanti, e cerca di coinvolgere l’adulto in ciò che lo interessa con l’importantissimo gesto di indicare per condividere (pointing dichiarativo assente nei bambini autistici) e non piuttosto per chiedere qualcosa (pointing richiestivo presente nei bambini autistici).

Un bambino autistico, in genere, non si gira quando chiamato, non allarga le braccia quando qualcuno gli va incontro, non sollecita l’Altro ad interagire con lui. Questo non esclude affatto che possa avere un legame di attaccamento sicuro con la propria madre o con altra figura di riferimento (padre, nonni, zii).

Le prospettive più recenti in materia di autismo sottolineano che si tratta di un disturbo a carico dell’intersoggettività, ovvero della sincronia tra il lattante e la madre, della co-costruzione dei segnali emotivi socialmente condivisi.
Altro indicatore molto comune nell’autismo è la scarsa iniziativa motoria, la poca disponibilità alla relazione con i pari, l’assenza di atteggiamenti anticipatori del comportamento dell’Altro.

Un bambino con sviluppo tipico, in genere, anticipa i comportamenti dell’Altro, per es. allarga le braccia a chi gliele tende, apre la bocca quando gli si avvicina il cucchiaino, si eccita quando qualcuno vuole rincorrerlo, insomma, è capace di intuire l’intenzione dell’Altro.

Il bambino autistico, di contro, non coglie l’implicito delle situazioni, non immagina le intenzioni dell’Altro e non comprende, nella maggior parte delle situazioni, le emozioni altrui, perché ha difficoltà ad imitare e ad immedesimarsi.

Si è riscontrata, infatti, un’alterazione del Sistema dei Neuroni a Specchio, che si attiva proprio nelle imitazioni e nella immedesimazione emotiva. Il bambino con autismo sembra chiuso in un proprio mondo, concentrato sugli oggetti e coinvolto da interessi limitati. Mi viene in mente una bambina autistica con i suoi occhioni persi nel vuoto, le sue risate incongrue, le risposte scollegate rispetto alle domande.

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Il bambino autistico non coordina lo sguardo tra persona ed oggetto, non sollecita momenti di condivisione con gli altri.

Alcuni bambini autistici che io conosco e che frequentano la mia casa, quando entrano, si dirigono nella stanza delle mie bambine senza prestare alcuna attenzione alle stesse concentrati unicamente sui giochi, non tenendo conto delle regole sociali loro insegnate. Chiamati non si voltano immediatamente, talora, dopo numerosi tentativi.

Di fronte alla scarsa risposta che questi bambini manifestano alle sollecitazioni dei genitori, questi ultimi si abbattono, cominciano a sollecitare in modo irregolare, a volte, riducono pesantemente i momenti di contatto con i propri figli.

Un intervento precoce, in queste situazioni, sostiene i genitori, chiarisce loro le ragioni di ciò che è stato interpretato come rifiuto e come mancanza di affetto, li aiuta a non rassegnarsi, a mantenere una vicinanza affettiva con i propri bambini e a rivolgersi loro parlando con il linguaggio motherese, un linguaggio che gli adulti adottano con i bambini, carico di affettività e capace di indurre anche nei bambini con autismo progressi incredibili nelle competenze sociali.

Un trattamento precoce, basato sull’alleanza con i genitori, può avere ricadute sorprendenti in tantissime aree dello sviluppo dei un bambino autistico.

L’intervento precoce sul rischio di autismo così come i trattamenti tempestivi conseguono risultati che sono, estremamente, incoraggianti.

E’ questo il senso di guardare “Oltre l’Autismo..” .

Giuliana Larato, psicologa dell'età evolutiva, psicoterapeuta della famiglia e delle relazioni