La Caritas scrive agli amministratori della città di Bagheria

La Caritas scrive agli amministratori della città di Bagheria

cronaca
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Riceviamo e pubblichiamo
Un giornata di quotidiana normalità al Centro ascolto della Caritas: famiglie che lottano quotidianamente per la sopravvivenza a causa della disoccupazione, con familiari detenuti, mamme con figli disabili o che non sanno dove lasciare i bambini; anziani senza assistenza.

E poi, vedendo i ragazzi per strada, ci siamo chiesti: come mai?
Purtroppo proprio in questo anno di particolare crisi, che ha raggiunto molte nuove famiglie, l’amministrazione comunale di Bagheria non ha organizzato il «Tempo d’estate» per i ragazzi che nelle estati scorse ha costituito un approdo per decine di ragazzi.
Ma ci sono i Parchi Robinson!
Non hanno progetti per mancanza di soldi.
Ci dispiace dover rilevare queste carenze, proprio perché da diverso tempo è stato chiesto alla amministrazione comunale un supplemento di impegno nel contrasto alla povertà e nella cura dei minori.

Abbiamo però l’impressione che si sia demandata ogni iniziativa per i ragazzi e i giovani all’espletamento di tre bandi pubblicati dal distretto socio sanitario 39 per la presentazione di progetti in applicazione della legge 328 per il triennio 2007-2009.
Ma, quando partiranno i progetti, l’estate sarà già finita, e per i ragazzi non si sarà fatto nulla.

E a proposito di questi bandi riteniamo di dover fare alcune osservazioni.
 Una prima osservazione riguarda la quantità di risorse economiche messe a disposizione.
 I bandi assegnano per tutto il distretto una somma di 300.000 euro che dovrebbe coprire iniziative per tre fasce di età (120 mila euro per attività a favore dei ragazzi dai 6 ai 14 anni; 120 mila euro per attività a favore dei giovani dai 14 ai 30 anni; euro 60 per la promozione di «stili di vita salutari», cioè attività sportive).

Aggiungiamo che i progetti devono coprire tutti i comuni del distretto socio-sanitario 39, e cioè Altavilla Milicia, Bagheria, Casteldaccia, Ficarazzi, Santa Flavia, e che devono avere la durata di un biennio.

I bandi chiedono di potenziare o costituire centri aggregativi nel territorio, «come luoghi di ascolto e di orientamento», dove offrire ai ragazzi e ai giovani «l’opportunità di accedere a spazi strutturati, adeguati e vivibili, creando così il presupposto della valorizzazione dei bisogni aggregativi e del riconoscimento effettivo ai diritti del mondo giovanile, capaci di dare risposte a bisogni specifici dei giovani nei singoli ambiti territoriali del Distretto»

Ci chiediamo allora se queste risorse di 300.000 euro siano adeguate a tanto complesso impegno programmatico.

Il fatto è che dovendo fare iniziative per un biennio e in cinque comuni non pare che le realizzazioni che ne seguiranno possano essere adeguate a quelle previste nelle indicazioni altisonanti dei tre bandi di concorso.
I comuni tuttavia riterranno di essere a posto, perché avranno dato in questo modo, e quale modo, risposta ai «reali» problemi del mondo giovanile.
Ma non dovevano i fondi della legge 328 integrare i fondi stanziati dai comuni del distretto che hanno l’obbligo di partecipare in base al numero degli abitanti?

E quali sono le somme stanziate dai comuni?

Una seconda osservazione riguarda il metodo che viene usato nei bandi per la scelta dei soggetti o enti che devono realizzare le attività previste.

Anche in questo caso siamo rimasti meravigliati perché, dopo tanti discorsi e impegni da parte dell’amministrazione, e nonostante ciò che suggerisce la stessa legge, di privilegiare cioè le associazioni di volontariato presenti nel distretto già impegnate a favore di minori, si è preferito rendere marginale la loro partecipazione in quanto ritenute probabilmente incapaci di gestire un progetto, e perciò bisognose di cercarsi un capofila non necessariamente con sede nel distretto.

La cosa che più risalta è perciò che questi bandi sembrano blindati come se ci fossero in gioco chissà quanti milioni di euro per cui si è sentito il bisogno di stabilire che gli enti gestori di progetti dovessero essere imprese sociali con un apparato amministrativo in grado di gestire una quantità enorme di soldi.

Si è ristretta perciò l’ammissibilità al bando, come soggetti principali, a onluss, enti morali, fondazioni, cooperative sociali che abbiano gestito nel triennio 2006-2008 almeno 200 mila euro.
 
E questo per gestire solo 120 mila euro in due anni per ogni progetto.

Dobbiamo pensare a una scelta che tiene conto solo del profilo economico?
Le associazioni di volontariato del distretto invece, forse per sfiducia nei loro confronti o per motivi o interessi da salvaguardare a noi sconosciuti, sono state declassate a semplice corollario di enti appaltanti non necessariamente con sede nel territorio, non importa che poco conoscano il territorio e poco vi abbiano lavorato.

Vero è che le associazioni di volontariato possono partecipare come aggregati
, ma in questo caso devono andare in cerca di un ente protettore, anche esterno, che abbia le qualità previste dal bando. Ci chiediamo perché.

Non sarebbe stato più semplice aprire il bando, alla pari, alle associazioni del distretto che hanno partecipato con analisi e proposte alla elaborazione del Piano di zona o che da anni lavorano nel distretto?
Avrebbero potuto organizzarsi tra loro in associazione temporanea per questo scopo, senza bisogno di andare alla ricerca di un ente protettore magari estraneo al distretto.
Non si capisce perché le associazioni quando si deve lavorare vanno bene per far risparmiare le casse comunali, e quando invece si tratta di riconoscerle in grado di gestire progetti sono minorenni e incapaci, e perciò bisognose di qualcuno maggiorenne da cui dipendere.
 Fin qui i bandi.
 Inoltre tra le carenze più pesanti che affliggono le famiglie dobbiamo segnalare l’assenza di iniziative e di aiuti alle famiglie dei ragazzi disabili in questa estate.
Non parliamo poi della mancanza di un centro diurno per i disabili maggiorenni che gravano totalmente sulle famiglie.

Ci siamo permessi di esprimere alcune osservazioni, perché riteniamo sia compito istituzionale della Caritas portare all’attenzione di tutta la comunità, e in modo particolare delle amministrazioni civili, persone e situazioni particolarmente svantaggiate.

Ed è per noi anche una modalità di partecipazione democratica alla vita sociale e politica, come dovrebbe essere d’altronde per ogni cittadino e per ogni organizzazione sociale.



Il Consiglio direttivo della Caritas Cittadina di Bagheria