Cronaca

A Bagheria, i militari della locale Compagnia della Guardia di Finanza hanno nei giorni scorsi scoperto una bisca clandestina allestita in un locale del centro della località in via G.B. Vico

I movimenti di persone ad orari insoliti, soprattutto notturni, nelle adiacenze del locale, un tempo adibito a ristorante, ma ormai chiuso da un paio di anni, hanno insospettito i militari delle Fiamme Gialle che hanno avviato specifici servizi di appostamento ed osservazione in loco, rilevando presto che l’immobile era stato concesso dal proprietario in locazione ad un quarantenne originario di Bagheria, con precedenti in materia di scommesse clandestine e gioco d’azzardo: era sempre lui il primo ad arrivare sul posto, generalmente dopo le 22.00 e ad aprire il portoncino posto sul retro del locale.

Solo dopo tale orario, iniziava il via vai dei clienti, ai quali, comunque, era consentito l’accesso esclusivamente dall’ingresso secondario, sempre chiuso da una saracinesca e con le vetrate coperte da cartoni; la clientela giovane generalmente stazionava all’interno del locale per un’ora o poco più e soltanto i soggetti più maturi vi permanevano molto più tempo, talvolta addirittura fino a 6 ore.
All’atto dell’intervento presso il locale, le Fiamme Gialle hanno riscontrato che al suo interno erano stati allestiti due grandi ambienti, entrambi destinati al gioco d’azzardo, ma con diverse finalità.

Nella stanza principale, infatti, i Finanzieri hanno identificato 4 soggetti seduti ad un tavolo da gioco impegnati in una partita di poker, sorpresi con le carte in mano mentre sul tavolino erano sistemate varie banconote di diverso taglio per un importo complessivo di Euro 300 e fishes di vari colori. Nella stanza erano posizionati anche altri tavoli da poker.
Nell’altro locale, posizionato posteriormente, ma comunicante con quello principale, i militari hanno identificato altri 5 soggetti intenti ad operare su 20 Personal computer, tutti connessi ad un unico sito internet di poker texano on line, denominato “People’s Poker”.

Ognuno dei soggetti stava controllando, contestualmente, 4 apparati informatici, ciascuno dei quali connesso ad uno specifico conto gioco virtuale. Di fatto, ognuno stava gestendo 4 giocatori virtuali ed i relativi conti gioco, dando vita alla cosiddetta “collusion”, termine che, in linguaggio tecnico, indica la pratica, molto nota negli ambienti dei giocatori abituali, attraverso cui due o più persone, che siedono ad un tavolo virtuale di gioco, collaborano insieme per ottenere un vantaggio sugli avversari, convinti di giocare con diversi giocatori ma che in realtà si battono contro un unico soggetto che di fatto conosce le carte in mano di più giocatori virtuali. Su un tavolo adiacente sono stati rinvenuti diversi fogli di carta riportanti varie password e userID, ognuna delle quali consentiva l’accesso ad un profilo virtuale di gioco.

I soggetti sorpresi a giocare la partita di poker, sono stati denunciati per il reato di partecipazione al gioco d’azzardo. Ai 5 sorpresi davanti ai PC, intenti alle giocate di poker texano on line sono state contestate le violazioni di accesso abusivo a sistema informatico e detenzione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici. Il soggetto avente la disponibilità dell’immobile, ritenuto l’organizzatore della bisca clandestina, è stato denunciato per esercizio di gioco d’azzardo, aggravato dall’istituzione di una vera e propria casa da gioco.

Il locale e tutta la strumentazione informatica rinvenuta, così come il materiale utilizzato per il poker da tavolo sono stati sequestrati.

 

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In località Torremuzza, i Carabinieri del Nucleo Radiomobile della Compagnia di Bagheria sono intervenuti nei pressi della cappella di “San Giuseppe”, da dove erano state asportate delle grondaie in rame.

Nel transitare in detta località, i Carabinieri, scorgono un giovane scavalcare il muretto di cinta ed un altro attendere nel porticato. Ed ancora, notavano una vettura, non lontana, che aveva fatto salire a bordo i due giovani.

Da una immediata ispezione dei luoghi, i Carabinieri si rendono conto che i tre avevano asportato le grondaie dalla cappella occultandole in un cespuglio adiacente il muretto.

Appostatesi nelle immediate vicinanze, i Carabinieri osservano i tre giovani che tornano sul posto per prelevare il materiale poco prima asportato.

I tre vengono pertanto riconosciuti, identificati in D. A. m. nato a Palermo, classe 1988, residente a Santa Flavia, O. G. nato a Palermo, classe 1986, residente a Santa Flavia e S. S. nato in USA, classe 1977, residente a Santa Flavia e denunciati in stato di libertà all’Autorità Giudiziaria per il reato di tentato furto.

Dieci anni è stata la richiesta dell'accusa per associazione mafiosa sostenuta dai p.m. Francesca Mazzocco e Marzia Sabella nei confronti di Antonino Di Bella, richiesta pienamente accolta dal GUP Daniela Cardamone; la pena  è comprensiva dello 'sconto' di un terzo per avere l'imputato richiesto e ottenuto il rito abbreviato.

Ne da notizia il 'Giornale di Sicilia' di oggi in un artioloa firma di Riccardo Arena

Di Bella, semplice sorvegliante, nei fatti era stato per anni il vero dominus del Consorzio, coltivando però anche inetressi personali e familiari, tra cui l'uso di un mezzo, un Bobcat, intestato ad un prestanome, che durante le periodiche emergenze rifiuti, verosimilmente 'pilotate',  veniva requisito a suon di quattrini  'a palicedda avi a travagghiari' si dice in una delle intercettazioni riportate dai Carabinieri.

'A palicedda' con la scritta Comune di Bagheria  malamente cancellata è stata ritrovata presso un garage del padre di Di Bella.

E' stato messo altresì alla luce durante le indagini il ruolo di braccio destro che il Di Bella svolgeva a servizio del capofamiglia di Bagheria Pino Scaduto, arrestato nel'operazione 'Perseo' del dicembre del 2008.

altComincia a squarciarsi il velo di illegalità piccole e grandi e di complicità all'interno del COINRES, il consorzio dei rifiuti dell'ATO Palermo 4, oggi in liquidazione, l'unico in Siciliaa d avere uno status di ente pubblico, che aveva richiamato l'attenzione e l'allarme della Commissione nazionale antimafia durante la grande inchiesta sul tema della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti in Sicilia.

Non solo mafia però al Coinres: abusi, falsi e truffe sulle presenze che avevano portato nel marzo dello scorso anno all'arresto anche di Diego Lo Paro, dipendente comunale e responsabile amministrativo che si occupava del Coinres.

La prova delle illegalità che secondo le accuse, andavano dall'assenteismo programmato all'uso improprio del personale, dalla manomissione dei fogli di presenza all'abuso nell'assegnazione di carburante anche a soggetti che non ne avevano diritto, sono state raccolte nelle centinaia di intercettazioni e filmati che fanno parte del fascicolo di indagine confezionato dai Carabinieri di Bagheria.

Questa parte dell'inchiesta che vede tra gli imputati una decina di dipendenti del Coinres, Antonino Adamo, Antonino Di Bella, Oofrio Galioto, Carmelo Guida, Antonino Nocera, Giovan Battista Sardina, Giuseppe Urso, Giovanni Schimmenti e Filippo Lombardo è confluita in un procedimento che inizierà con il rito ordinario mercoledì prossimo.

Tra le parti civili lo stesso Consorzio e il Centro Studi 'Pio La Torre'

L'avv. Antonio Di Lorenzo, difensore di Di Bella ha preannunciato appello contro la condanna.

nella foto interna da sx  Antonino Di Bella  e  Diego Lo Paro

Paolo Audia, autotrasportatore bagherese era stato arrestato il 1 marzo del 2011 nell'ambito dell'operazione 'Lampara' dove vennero arrestati i responsabili di un maxitraffico di cocaina tra Spagna, Campania e Sicilia: assieme a lui venne arrestato Giò Giò, soprannome di Giuseppe Lo Coco, commerciante flavese di pesce.

Nelle intercettazioni si parlava appunto di 'cassette di pesce' , espressione che per gli inquirenti mirava a dissimulare i reali traffici.

Paolo Audia, che gestiva una piccola azienda di trasporti nel frattempo fallita in conseguenza anche del suo stato di detenzione, si era sempre professato innocente, tant'è che la prima sezione del Tribunale gli aveva dato credito assolvendolo nel novembre del 2012, ma l'uomo aveva comunque trascorso  12 giorni in carcere e 248 giorni ai domiciliari.

Adesso, assitito dall'avv. Gabriele Butera ha ottenuto dalla Corte di Appello un risarcimento di 40.000 euro per ingiusta detenzione, in quanto secondo la Corte, c'erano già tutti gli elementi per accertare ancora prima della sentenza l' assoluta estraneità di Audia  ai reati che gli venivano contestati. 

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