Cronaca

Zarcone chi ? fu l'interrogativo che in molti ci ponemmo allorchè il 15 dicembre del 2011, i Carabinieri comunicarono che nell'operazione Pedro era stato arrestato nientemeno che il reggente del mandamento bagherese.

Antonino Zarcone, era un nome poco noto nell'ambiente dei non addetti ai lavori: un passato incerto tra precarie attività commerciali, telefonia mobile e abbigliamenti, ma si scoprì poi che aveva un presente di tutto rispetto per via dei rapporti che era riuscito a costruire con i 'colleghi' del mandamento di Porta nuova.

Sarebbe stata la seconda volta che, a memoria di mafia, un non bagherese assurgesse ad un ruolo di leader nel nostro territorio. Negli anni '70 sarebbe stato il casteldaccese Piddu Panno a governare, secondo i pentiti del tempo, Mannoia e Contorno, addirittura la Commissione provinciale.

Comunque sia in virtù delle sue amicizie palermitane viene nominato reggente, e dimostra subito di volere introdurre criteri di efficienza nella gestione talora un pò lacunosa e pressappochista degli esponenti di cosa nostra di un tempo.

A partire dall'assistenza alle famiglie dei carcerati: sicuramente conosceva quel proverbio, forse cinese, che recita: ' piuttosto che regalare ad un povero un pesce regalagli una canna da pesca'; e lui questo sosteneva, meglio la canna da pesca.

'Si deve togliere questo discorso - dice Zarcone, intercettato nella polleria Di Marco a Palermo - si prende un'attività si ci apre, uno, due, tre, devono lavorare, se ne vanno tutti a lavorare, hanno le famiglie...dice ' ma che è la polleria?'.

"Tu la polleria, tu che cosa vuoi...spendi quei 20  30 per una attività, andatevene tutti a lavorare"

Basta insomma con un sistema assistenziale e parassitario; e con lui concorda il suo interlocutore Nicola Milano:"E poi se li mangiano e noi dobbiamo correre sempre...".

Ed un altro mafioso, Tommaso Di Giovanni, concorda "Le cose sono cambiate..." . Troppi carcerati e meno risorse, insomma.

E Zarcone da anche una spiegazione di lungo respiro, strategica " Sono tutti senza una lira e non hai mai la possibilità di fare affari..."; appunto manca per i mafiosi la possibilità di accumulare risorse da investire.

Ma Zarcone ai suoi amici palermitani spiega anche che per ottimizzare i profitti occorre una specializzazione del lavoro che ognuno viene chiamato a svolgere, c'è chi si fa le ditte, chi si occupa del reclutamento, chi si occupa del traffico di droga, insomma una vera holding senza l'approssimazione che emerge dalle intercettazioni dei suoi interlocutori di Porta Nuova.

Peccato però che mentre lui era in carcere, per mantenere i suoi  familiari,  i capimafia di Bagheria dovessero veramente correre tanto per sostenere economicamente la sua famiglia, e facevano anche della pesanti ironie sulle mani bucate dei suoi affini.

Ed infine la lectio magistralis sul rapporto con i comuni, sul modus operandi a Bagheria: " Lo sai come facciamo da noialtri...io che cosa faccio ? Me ne vado al Comune all'Ufficio tecnico(...) prendi tutte le licenze, tutte le licenze che stanno per uscire, le licenze che stanno per uscire prima ancora di mettere mano..."

E prosegue: "La licenza...a chi l'hanno data la licenza 'A Tizio', subito ci sono due costruttori...perciò tu sai dov'è il terreno e non c'è lo sbancamento, se tu ci arrivi all'ultimo minuto non ci puoi andare a dire che ci sono gli impegni fatti...invece tu ci devi andare in partenza, si va al Comune, prendi un impiegato del comune e gli dici tutto quello che esce di appalti ...Così funziona a Bagheria, da me, appena loro...eee.escono(...) tu ci arrivi dall'Ufficio...."

L'Uffico tecnico di Bagheria, ecco lo snodo fondamentale, secondo lo Zarcone-pensiero; proprio quell'Ufficio, il cui dirigente era stato per sedici anni l'ing. Giovanni Mercadante, sorpreso esattamente un anno fa con una tangente di tremila euro appena intascata.

Continua

 

 

La notizia riportata dal gds.it preannucia un vero e proprio terremoto nella cosa nostra del territorio bagherese., che avrà conseguenze devastanti all'interno delle famiglie mafiose che fanno capo a Bagheria. 

Trema il mandamento mafioso di Bagheria, e trema dunque anche il cuore di Cosa Nostra., così scrive gds.it .

Dopo il suo atrresto il ruolo del ruolo di capomandamento era stato investito gino Di salvo arrestato nell'operaqzione Argo del maggio 2013.

Quello che fu il capo indiscusso, il boss di Cosa Nostra nella cittadina in provincia di Palermo, Antonino Zarcone, si è pentito. E' il quarto caso negli ultimi mesi, dopo il caso, eclatante, di Flamia, un altro personaggio, di assoluto spicco all'interno della mafia del capoluogo e provincia.

Antonino Zarcone era stato arrestato il 14 dicenbre del 2011 assieme ad altri 27 tra boss e gregari,e successivamente condannato a dodici anni di carcere.

Nelle inetrcettazioni dell'operazione Argo ci sono diversi riferimenti fatti da Gino Di Salvo e Sergio Flamia sulla necessità di garantire il l mantenimento dei familiari del Zarcone, qualcuno dei quali i boss nelle loro conversazioni  definiscono peraltro come spendaccioni.

Un altro duro colpo dunque per dei mandamenti che già negli ultimi mesi avevano subito dei micidiali scossoni, delle spallate vere e proprie date dai giudici, dagli investigatori, dalle forze dell'ordine.

Zarcone non conosce solo storie di pizzo, ma anche i segreti dei grandi affari che coinvolgevano i boss di Porta nuova che con Bagheria avevano creato un asse di ferro mettendo le mani su città e provincia. Senza l'aiuto dei bagheresi probabilmente Porta nuova non sarebbe diventato negli ultimi tempi il mandamento più potente della città.

. La sua collaborazione con la giustizia viene paragonata per spessore a quella di Sergio Flamia, un altro pezzo storico della mafia bagherese.

In una intercettazione suggeriva ai suoi amici palermitani un metodo sicuro  per conoscere anzitempo le informazioni che riguardavano lavori pubblici e privati: "Si va al comune, prendi un impiegato e gli dici tutto quello che esce di appalti pubblici, gare di appalto, così funziona..."

E più in dettaglio spiega il modus operandi dei mafiosi baarioti:

"Lo sai come facciamo da noi altri... io cosa faccio? Me ne vado al comune, all'Ufficio tecnico, prendi tutte le licenze, tutte le licenze che stanno per uscire, prima ancora di mettere mano, dice: La licenza...a chi l'hanno data la licenza? A Tizio, subito ci sono due costruttori dov'è il terreno e dov'è lo sbancamento, se tu ci arrivi all'ultimo non ci puoi andare a dire che ci sono gli impegni fatti... invece tu ci devi andare in partenza, si va al comune prendi un impiegato..."

Adesso saranno in tanti a tremare.

Vai al video dell'operazione PEDRO

 

PALERMO. Incidente stradale, intorno alle 14.10, all'imbocco dell'autostrada Palermo-Catania, all'altezza dello svincolo per Buonfornello. Seconda una prima ricostruzione due auto si sarebbero scontrate, causando la morte di una donna, rimasta per alcuni minuti incastrata fra le lamiere.P

La vittima è una ragazza di 17 anni Ivelise Zoppis, spagnola, si trovava in città in questi giorni perché fa parte del cast dello spettacolo "Il Circo de Los Horrores". Lo spettacolo, già andato in scena a Catania per tre settimane, debutterà a Palermo alla Fiera del Mediterraneo dal 26 ottobre al 19 ottobre. Per la Fiera è una rinascita: lo spazio riapre alla città dopo alcuni anni di chiusura e ospita una grande tendone nero dove prenderà vita lo spettacolo ogni sera per mille spettatori.


La ragazza era insieme alla madre, originaria del Sudafrica, e al fratellino che si trova ricoverato in gravi condizioni alla Neurochirurgia dell'ospedale Civico di Palermo. Il giovane è stato rianimato e intubato dai medici del 118. La madre è stata trasportata al San Raffaele Giglio di Cefalù e un'altra donna rimasta ferita nell'impatto si trova al nosocomio di Termini Imerese. Una di loro è stata rianimata dal personale sanitario intervenuto sul luogo in cui è avvenuto l'incidente.
Ancora tutta da chiarire la dinamica dell'incidente sul quale sta indagando la polizia stradale.

gds.it

Dall'alba i Carabinieri della Compagnia di Corleone e del Gruppo di Monreale stanno conducendo una vasta operazione antimafia tra i comuni di Corleone e Palazzo Adriano.

Più di 100 sono i carabinieri impiegati, supportati da unità cinofile e da un elicottero.

Le indagini , coordiante dalla DDA di Palermo e avviate nel 2012, documentano gli assetti di cosa nostra all'interno del mandamento di Corleone.

Ad essere arrestate sei persone: Antonino Di Marco, custode al campo sportivo di Corleone, Pietro Paolo Masaracchia (ritenuto il capomafia di Palazzo Adriano), Nicola Parrino, Franco e Pasqualino D'Ugo.

Di Marco in particolare, era considerato l'erede di Totò Riina a Corleone: nel suo ufficio di dipendente comunale era diventato un covo perfetto per i summit. Lì si discuteva di appalti, estorsioni e campagne elettorali.

E nessuno sospettava che quella stanza fosse intercettata 24 ore su 24 da telecamere e microspie piazzate di nascosto dai carabinieri della Compagnia di Corleone. Così, per mesi, i fedelissimi di Riina sono finiti dentro un "grande fratello" che ha svelato molti dei loro segreti.

E all'alba sei persone sospettate di mafia sono state arrestate sulla base di un provvedimento di fermo emesso dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Palermo Sergio Demontis, Caterina Malagoli e dal procuratore reggente Leonardo Agueci. 

Nel corso delle indagini sono state scoperti anche inetressamenti di cosa nostra per l'elezione del sindaco di Palazzo Adriano, Carmelo Cuccia, ed il Di Marco che si recava presso la egreteria palermitana del deputato regionale UDC, Nino Dina.

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