Cronaca

Bagheria è stata storicamente un buen retiro per mafiosi latitanti, dai bei tempi andati: Tommaso 'Masino' Scaduto, latitante che nel 1980 muore d'infarto, o di altro, però nella propria abitazione di Bagheria, in via Roccaforte;  Pietro Aglieri , Antonino Lo Nigro, Piddu Madonia e il capo dei capi Bernardo Provenzano,  ospite a Bagheria in periodi e luoghi diversi,  per parlare dei più noti e recenti.

Quando Sergio Flamia viene incaricato di gestire la latitanza di Provenzano nella seconda parte dell'anno 2004 ,  (dopo il boss verrà  spostato nella zona  Aspra-Ficarazzi e quindi a Montagna dei cavalli dove l'11 aprile del 2006 verrà arrestato), ha già al suo attivo una storia da fedelissimo per avere curato la latitanza di Piddu Madonia dal novembre-dicembre 1984 al 2002, per quasi venti anni quindi.

Ed alla domanda dei pm Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Francesca Mazzocco  “Provenzano sapeva che lei gestiva la latitanza di Piddu Madonia?”, risponde:

"Lui mi conosceva perché più volte di domenica, in particolar modo capitava di festività, di cose, accompagnava il Madonia con la famiglia, a mangiare a casa dove era latitante il Provenzano o presso una delle sorelle di Nicola Eucaliptus che la via non mi ricordo....”.

I pm che stanno curando il processo sulla trattativa e quello sull'appello ai generali Mario Mori e Mauro Obinu (relativo alla mancata cattura di Provenzano e già assolti in 1° grado), dubitano della sincerità di Rosario Flamia, in relazione al fatto che tende a minare la credibilità di un mafioso-confidente Luigi Ilardo (ucciso poi nel 1996 a Catania) , che aveva fatto una soffiata su un summit di mafia a Mezzoiuso che avrebbe potuto consentire già nel 1995 l'arresto di Provenzano.

E Flamia porta due elementi che dimostrerebbero il contrario: la prima è una confidenza fattagli da Nicolò La Barbera, il proprietario del casale di Mezzoiuso dove avrebbe dovuto svolgersi il summit con la presenza di Provenzano;  il La Barbera in carcere, tra il 2001 e il 2003, gli avrebbe confidato che Provenzano quella mattina non ci doveva essere e non c'era, e subito dopo quando mette in dubbio la credibilità del mafioso-confidente Luigi Ilardo, cugino per altro di Piddu Madonia.

No di questo discorso di Ilardo io le posso solo dire che nel ‘95 mi incontrò con una persona che curava insieme a me la latitanza di Piddu Madoniaprecisamente Domenico Di Salvo... no dice... la moglie di Piddu MadoniaGiovanna Santoro, è venuta per conto del marito a riferire... la signora Giovanna ha portato questa notizia dallo zio di non dare confidenza al cugino Gino di mandarlo via, se viene per qualche favore o ospitalità, però non dicendo il motivo del perché.
Siccome il Madonia con questo suo cugino si rispettavano abbastanza forte, molto spesso venivano i genitori di questo suo cugino, di questo
 Luigi Ilardo a mangiare insieme a Piddu Madonia, a Bagheria”.

Notizie 'sincere' o abilmente 'pilotate'? è questo il nodo da sciogliere, considerato anche il fatto che i servizi in virtù del protocollo 'Farfalla' incontrasseso Flamia come e quando volevano.

altQuesto passaggio delle dichiarazioni di Flamia dimostrerebbe che Luigi Ilardo era già stato posato, ergo era difficile quindi che sapesse del summit a Mezzoiuso da La Barbera, anche se quest'ultimo parlando con Flamia in carcere gli aveva confermato  che più volte Provenzano era stato ospite a casa sua, "questo me l’aveva confidato”.

Madonia si muoveva spesso non solo in Sicilia, ma anche fuori “Non stava sempre a Bagheria, lui veniva a Bagheria, possibilmente si fermava un mese, due mesi, tre mesi, poi si spostava una settimana a Villarosa oppure a Catania oppure a Milano ma a livello di una settimana, massimo due settimane rientrava a Bagheria... io gli facevo da battistrada e uno zio mio con furgone dei passeggeri, questi che facevano Bagheria- Palermo, lo accompagnava pure, quando era sulla Sicilia, per esempio quando doveva andare a Villarosa, oppure a Catania quando era su Milano, veniva a prenderlo direttamente a Bagheria Calogero Pulci e lo portava Milano"

Ed anche Bernardo Provenzano gli raccontava di viaggi  “Lui mi diceva sempre che per più di venti anni era stato sempre insieme al suo amico Totuccio Riina - ha raccontato Flamia - ricordo che un giorno mi disse che, durante uno dei suoi viaggi che facevano per Roma tutti e due... a Roma che un giorno si incontrarono sull’aereo con un loro amico che gli chiedevano informazioni su Scaduto Tommaso..."

“...Lui mi ha detto che per un bel po’ di anni ha fatto tantissimi viaggi su Milano, Roma, sul Piemonte, però quando mi raccontava queste cose mi diceva che già era da un 5-6 anni che non usciva più... me le diceva nel 1994”.

Natiralmente a Bagheria c'era una vera e propria rete che proteggeva la latitanza di Provenzano.

Carmelo Bartolone era colui che lo spostava dall’abitazione dov’era perché di solito quando lui andava agli appuntamenti, veniva a prenderlo Bartolone, lo portava dopo poi lo riprendeva un’altra macchina e se lo riportava, tipo quando andava a fare delle visite al Buccheri La Ferla non veniva direttamente l’infermiere a prenderlo a casa ma si faceva il trasbordo per strada"

Sin quando Flamia non sente puzza di bruciato.  

"Verso fine settembre, io in quel periodo gestivo un negozio di frutta e verdura in via Palagonia vicino all’angolo dove c’era la caserma dei carabinieri... - ha messo a verbale il collaboratore - e noto che c’erano dei carabinieri in borghese appostati davanti al negozio... Onofrio Morreale mi manda un appuntamento, sempre la stessa sera, vicino il negozio... ci dissi... Onofrio per me problemi non ce n’è però mi dispiacerebbe che dopo chiossai di trent’anni a stu cristianu l’avissuru arristari dentro ame casa... e quella sera stessa è stato spostato il Provenzano... sono venuti a prenderlo”.

“...Lo vennero a prendere e lo portarono via sulla zona di Ficarazzi, credo più Aspra... dopo un paio di giorni sono venuti a prendersi tutti gli indumenti, la macchina da scrivere, la scrivania, lui portava sempre dietro con sé un frigorifero questo congelatore piccolino dove congelava tutto quello che si frullava per problemi di salute...”.

Continua

nella foto interna l'arresto a Bagheria di Antonino Lo Nigro

Trenta anni di malavita bagherese, e non solo di mafia, trenta anni di omicidi, i rapporti con i capi di cosa nostra, l'ospitalità nella sua casa di  via Roccaforte a Bernardo Provenzano e i summit in piazza Indipendenza, la collaborazione da un certo momento in poi con i servizi segreti, ed in ultimo il pentimento. C'è di tutto nelle confessioni del collaborante Sergio Rosario Flamia. Un primo stralcio delle confessioni pubblicate sul periodico S, e già depositate nei processi in cui Flamia sarà testimone contro i suoi vecchi amici..

"Vengo scarcerato con l'indultino nell’aprile 2004... cercavo di tenermi lontano dai vecchi ambienti mafiosi... finché un giorno non mi vedo avvicinato da Carmelo Bartolone... perché era successa una cosa durante la detenzione che non mi era piaciuta... mentre facevo il lavorante a Pagliarelli... il lavorante dall’altro lato dice ‘avvicina nella nostra sezione che c’è lo zio Nardo (Leonardo Greco ndr) che ti vuole parlare’... con una scusa di prendere il detersivo che si poteva fare vado nella sezione dall’altro lato... vado

in cella da Leonardo Greco... ‘sì, dice, ho saputo che Nino Gargano ti ha dato l’ordine di ammazzare Pietro Lo Iacono e suo nipote Carmelo’... ci rissi... a me quest’ordine non mi è mai stato dato...”. Lo Iacono e il nipote venivano tirati in ballo pare per una questione di donne: “Leonardo Greco su tutte le furie dice ‘ora tu staiu rannu io stu ordine, appena
nesci, ha ammazzare sia Pietro che so niputi..."

 Flamia comincia a preoccuparsi: questo ordine perentorio di Nardo lo ha lasciato perplesso, e cerca di capire cosa ci sia dietro: “...Quando esco dal carcere tramite Carmelo Bartolone mi incontro con Onofrio Morreale per chiarire queste cose... mi dice stai tranquillo, dice, ti faccio parlare direttamente con lo zio, parlando per Provenzano, gli spieghiamo tutto. E così è stato dopo 4 giorni... arrivo a casa da mio zio Giacomo e vado a trovare Onofrio Morreale, Carmelo Bartolone, mio zio, mio cugino Pietro Giuseppe, una persona anziana che poi mi fu presentata come Bernardo Provenzano, Giuseppe Comparetto e basta... Provenzano ha voluto spiegato il discorso di Leonardo Greco... dice, a Pietro Lo Iacono e a so niputi, lassali perdiri picchì su amici nostri, persone molto vicine a noi... chiudi questo discorso...”.

Queste notizie in effetti erano già uscite ed erano state riprese in delle intercettazioni che avevano riguardato Pino Scaduto, che su Nardo Greco esprimeva un giudizio molto pesante: ”A me ha detto che dovevo ammazzare dieci bagheresi”.

Ma Scaduto critica anche alcuni eccessi nel linguaggio di Leonardo Greco:Di tutti parla male, di tutti, tutti: l’unico buono è lui. Si mette a parlare di omicidi, di quello e di quell’altro; lo chiamano “cento omicidi”, i napoletani. Che m… parli?, che dici? Dopo vai cercando che ti arrivano i mandati di cattura? Perché andate raccontando le cose voi altri?..e Nardu rici , quannu nesci ammazza a chistu ammazza a chiddru..."

altE comunque nei confronti di Pietro Lo Iacono maturò un complotto omicidiario che avrebbe dovuto prendere corpo durante l'estate del 2008, mentre quest'ultimo trascorreva le sue giornate al lido di Fondachello: allora furono intercettati mentre parlavano del  loro progetto Michele Modica, Emanuele Cecala e Andrea Carbone, succesivamente arrestati e condannati.

Il Lo Iacono in un primo momento aveva fatto spallucce di fronte alle informazioni sulle indagini espletate dalla Polizia dicendosi tranquillo, ma quando gli fecero ascoltare le intercettazioni, si preoccupò molto.

 Dopo questo primo contatto Flamia divenne l’uomo di fiducia del capomafia corleonese. “Dopo un 10-15 giorni Onofrio Morreale e Carmelo Bartolone mi chiedono se avevo la possibilità di ospitare Provenzano per un mesetto, due mesi... e io ho dato la disponibilità di una casa in quel momento vuota... in via Roccaforte, sopra dove abita mia madre... dove effettivamente ci dormiva da solo, però, durante il giorno c’ero sempre io a fargli compagnia, a mangiare assieme a lui...”. Una latitanza, dunque, trascorsa in pieno centro a Bagheria. Provenzano  continua Flamia “scriveva almeno 20 ore al giorno... dormiva poco la notte... lui è uscito 3-4 volte per fare degli appuntamenti con Nicola Mandalà, Ciccio Pastoia e Onofrio Morreale... si andavano a fare presso l’abitazione di Tommaso Eucaliptus in piazza Indipendenza, a Bagheria".

E i Carabinieri e la Polizia, certo senza volerlo e senza saperlo, in almeno due occasioni furono vicinissimi al padrino corleonese

“...La cosa che mi impressionò a me è stata una mattina, da dove abito io, via Roccaforte, dove era latitante Bernardo Provenzano, allo stadio comunale di Bagheria sono pochissimi metri, una mattina ci comincia a sentire rumore di elicottero e un grandissimo movimento dei carabinieri, ma proprio tante macchine... convinto che stavano
venendo da me per prendere a Provenzano... viene subito
Peppino Di Fiore, dice ‘che dobbiamo fare’... gliel’ho detto, guardi zio che è pieno di carabinieri... lui era vicino dove si metteva a scrivere con la macchina dietro la serranda del balcone, dice: "no non ti preoccupare, stai tranquillo... cioè una tranquillità che dentro di me io ho capito che lui era sicuro che non erano per lui ‘sti carabinieri, come faceva ad avere sta tranquillità e sta serenità sapendo cosa porta sopra le spalle, era una cosa assurda per me. E in realtà poi è venuto fuori che tutti ‘sti carabinieri e tutto questo movimento erano per controllare il lavoro nero sul cantiere che era appena aperto dove c’era il centro commerciale...(Levante n.d.r.) lui è rimasto tranquillo a scrivere come se nulla fosse”.

Non è tutto, perché Flamia ha ricordato un altro episodio avvenuto “qualche settimana dopo” l’arrivo in massa dei carabinieri. Esattamente “mentre stavo per uscire vedo davanti al portoncino l’ispettore del commissariato di Bagheria... faccio un passo indietro... salgo sopra, guardi zio, ci dissi, c’è l’ispettore... che sta suonando qua... Dice: vabbè, futtitinni, un ci rispunniri... ma sempre in modo tranquillo... poi ho visto che l’ispettore ha finito di parlare al telefono, è risalito in macchina macchina dove c’erano due colleghi suoi con la macchina in borghese e se ne sono andati, quindi presumo che abbia ricevuto una telefonata e doveva parlare in privato, è sceso dalla macchina e la fatalità...”.

La cosa che però lo colpiva era la flemma di Provenzano.

.....Continua

Controlli serrati svolti dai Carabinieri della Compagnia di Bagheria nelle giornate del 7, 8 e 9 ottobre, in occasione del servizio disposto in ambito europeo dalla Presidenza Italiana dell’UE, denominato “ITACAR” e finalizzato al contrasto al traffico illecito di veicoli. I Carabinieri, che hanno dispiegato sul territorio un totale di nr. 25 pattuglie, hanno controllato 230 autoveicoli, motocicli ed autocarri, nonché 274 persone, elevando 21 sanzioni al Codice della Strada.

Nell’occasione, i militari della Stazione di Bagheria hanno inoltre rintracciato e notificato due ordini di carcerazione a carico dei seguenti cittadini bagheresi: GAGLIARDO Umberto (foto a sx), classe 51, tenuto a scontare un anno di reclusione per reati in materia fallimentare; 

GARGANO Giuseppe, classe 77, che dovrà scontare dieci mesi di reclusione per guida in stato di ebbrezza.
Gli arrestati dopo le operazioni di rito sono stati tradotti presso le rispettive abitazioni in regime di detenzione domiciliare.

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Palermo, 13 ottobre 2014
 

Salvatore Lo Piparo, uno dei bagheresi arrestati nell'operazione Reset dello scorso giugno, che da settimane collabora con gli inquirenti, racconta di un vero e proprio arsenale detenuto da Tonino Messicati Vitale, pistole una calibro 9 parabellum lugher, un fucile a pompa cal.12, un sovrapposto sempre cal. 12, pistole cal. 7,65 e cal. 9, (una delle quali appartenuta ad un carabiniere o poliziotto e forse rubata) divise e pettorine delle forze di polizia con cui avrebbero anche compiuto una rapina ai danni di un commerciante di carni della zona che non si voleva sottomettere all'imposizione del pizzo.

altLo scrive Leopoldo Gargano sul 'Giornale di Sicilia' di oggi.

Ormai  le dichiarazioni di Sergio Rosario Flamia riscontrate con quelle di un collaborante da settimane con la magistratura, il bagherese Salvatore Lo Piparo arrestato nella Operazione Reset e con quelle di Antonino Zarcone, raccontano la stessa storia.

Antonino Messicati Vitale, il boss di Villabate, prima rifugiatosi a Bali in Indonesia e dopo l'estradizione in Italia arrestato e rimesso in libertà per un  vizio procedurale, deterrebbe un vero e proprio arsenale di armi, anche pesanti, che sinora però non è stato ritrovato: armi che sono servite, assieme alle pettorine pare da finanzieri, a fare una rapina ad un grossista di carni; rapina che Flamia e il gruppo di Bagheria avrebbero sospeso, perchè pare che il commerciante godesse di protezioni altolocate che però non avevano scoraggiato Messicati Vitale dal compiere l'atto di palese natura intimidatoria.

A fare da tramite per l'acquisto delle armi sarebbe stato Nuccio Fricano, il cognato di Flamia: i mafiosi si sarebbero procurati anche bombolette di azoto liquido per stordire e lentine colorate per sviare eventuali riconoscimenti.

Le dichiarazioni che da tempo rende Salvatore Lo Piparo sono andate a confluire nella ordinanza di fermo che ha riportato in carcere il rampante boss villabatese.

 

 

 

foto di copertina  Antonino Messicati Vitale

foto all'interno      Salvatore Lo Piparo

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