Cronaca

L'episodio si è verificato intorno alle 18.30 di ieri allorchè una giovane coppia con un bambino sono entrati in una delle giiellerie storiche di corso Umberto a Bagheria, ed hanno cominciato a parlare con un addetto per vedere alcuni monili; ma mentre la mamma con il pretesto del piccolo cercava di distrarre l'impiegato, l'uomo, T.G. di 21 anni, con molta velocità e  destrezza riusciva a sottrarre un rotolo di gioielli che aveva visto poco prima trovarsi in un cassetto del bancone.

La cosa non sfuggiva però, grazie forse anche alle telecamere di sorveglianza, all'occhio esperto del dipendente che immediatamente chiamava il 113, mentre nel frattempo veniva contestato da parte dei titolari al giovane di avere intascato il rotolo dei gioielli: quando è arrivata la volante l'uomo avvea già ammesso le proprie responsabilità e restituito i monili, il cui valore di mercato era molto elevato, all'esercente.

Non appena arrivati gli operatori della Polizia hanno preso atto di quanto accaduto ed  hanno denunciato a piede libero il giovane per furto.

I Carabinieri della Compagnia di Palermo Piazza Verdi e della Sezione Operativa del Comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria di Roma, supportati dai Comandi Provinciali di Napoli, Salerno e Cosenza, hanno condotto, dalle prime ore del mattino, una vasta operazione nei confronti di un’associazione per delinquere finalizzata alla falsificazione, introduzione nello stato e spendita di monete falsificate, con l’esecuzione di un provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo nei confronti di 12 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di aver promosso ed organizzato un’associazione criminale che si occupava dell’approvvigionamento e della distribuzione di monete metalliche false importandole dalla Repubblica Popolare Cinese (artt. 416, 453 e ss C.P.).

L’esecuzione dei provvedimenti conclude una complessa attività investigativa diretta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo sotto la guida del Procuratore Aggiunto Dott. Bernardo PETRALIA, e dei Sostituti Procuratori Dott. Calogero FERRARA e Dott. Claudio CAMILLERI.

Le indagini, sviluppate dal trascorso aprile, nascono nell’ambito del procedimento penale scaturito da un omicidio maturato nell’ambito di un contesto di prostituzione minorile ove le prestazioni venivano corrisposte anche con denaro falso. A seguito dei primi accertamenti posti in essere, pur non essendo in grado di identificare i soggetti di cui sopra, venivano rinvenute e sequestrate nr. 190 monete da € 2, risultate poi essere appartenenti ad una nuova ed estremamente insidiosa classe di contraffazione, nonché alcuni riferimenti telefonici che permettevano di proseguire le attività.

Attraverso l’attivazione della Sezione Operativa del Comando Carabinieri Antifalsificazione monetaria è stato infatti possibile analizzare le monete sequestrate presso la Zecca di Stato, Centro Nazionale di Analisi delle Contraffazioni (CNAC), che ha inserito i falsi rinvenuti nella inedita e preoccupante classe di contraffazione n. 65.

Ogni moneta falsa infatti viene catalogata con un indicativo di classe — una sorta di carta d’identità — redatta sulla base delle sue caratteristiche falsoscopiche e le monete in parola presentano, sin dai primi sequestri, un profilo tecnico/produttivo tale da far ritenere che i falsari fossero in grado di realizzare una vera e propria produzione di massa. Infatti, dall’analisi degli esemplari di monete contraffatte è stato possibile ricostruire il procedimento di falsificazione comprendendo come lo stesso fosse analogo a quello utilizzato per la produzione delle monete genuine. Invece di ottenere i coni con il bagno galvanico per elettroerosione (tecnica sino ad ora riscontrata), i falsari hanno infatti seguito la più elaborata tecnica della modellazione a mano con la predisposizione di apposite matrici e con il chiaro intento di realizzare una sorta di produzione “a ciclo continuo”. Il monitoraggio dei sequestri amministrativi delle monete false appartenenti alla classe in questione ha visto sin da subito un propagarsi del fenomeno: dal territorio di Palermo a quello di Torre del Greco, Como, Modena e, oltre i confini nazionali, a Malta.

La complessa ed articolata indagine ha permesso, partendo dalla figura del ghanese ABDULAI Seidu, classe 1969, punto di riferimento in Palermo per l’approvvigionamento e lo smercio di monete contraffatte, di accertare l’esistenza di un sodalizio criminoso con diramazioni nel territorio palermitano e campano; una struttura verticistica precisamente articolata e delineata, in seno alla quale ogni soggetto ricopre un ruolo ben determinato, con compiti specifici all’interno di una “filiera” in grado di assicurare l’importazione e la circolazione della valuta falsa fino alla fase della “spendita” di ogni singola banconota e/o moneta contraffatta.

Il “leader” dell’associazione individuata è peraltro operante nella Repubblica Popolare Cinese. Yong Zhuangxiao che, mantenendo contatti diretti con la zecca clandestina, anch’essa verosimilmente ubicata nel territorio della repubblica popolare cinese, e provvedendo al trasporto nel territorio Italiano, tramite l’opera di Huang Zhongming, Ren Yuping, Huang Yunrui, Huang Hanxia, Stancato Dino, Merolla Antonietta e Verdoliva Vincenzo, tutti residenti in Campania, assicura agli altri associati il rifornimento di grandi quantità di valuta falsa da smerciare successivamente e principalmente nella “piazza” palermitana. Questi altri personaggi, tra cui spiccano Abdulai Seidu, Idehen Oduwa Sarah, Di Maria Gaetano, Filippone Giovan Battista concorrono, con ruoli e mansioni prestabiliti, alla realizzazione degli scopi criminali perseguiti, offrendo un contributo determinante e conseguendo profitti illeciti attraverso la cessione della valuta falsa ad un prezzo di costo man mano crescente lungo la filiera distributiva.

A concretizzare le ipotesi investigative, e le prime perplessità espresse dal C.N.A.C. italiano, vi è il sequestro di un Container proveniente dalla Cina operato il 23 settembre 2014, nel corso di una perquisizione effettuata all’interno di un magazzino in Poggiomarino (NA), ove venivano rinvenuti 306 tubolari di metallo, ognuno dei quali contenente 1.000 monete da un euro e due euro per un importo complessivo pari a 556.000 euro, appositamente preso in affitto da un’azienda, creata ad hoc per l’importazione delle monete, effettivamente gestita da Huang Zhongming, primo punto di contatto in Italia con l’importatore Yong Zhuangxiao.

Le successive analisi svolte sulle monete da parte di una task force internazionale di esperti anticontraffazione provenienti da otto paesi dell’eurozona individuati da OLAF (articolazione della Commissione Europea che si occupa del contrasto alle frodi valutarie nei Paesi dell’Unione), attraverso il Centro Tecnico-Scientifico Europeo (CTSE), hanno permesso di comprendere che la produzione dei falsi in parola è avvenuta tramite differenti lotti di coni utilizzati sino alla rottura. Questa tecnica, assolutamente innovativa nel campo dei falsi nummari, è pericolosa sia in termini quantitativi che qualitativi del prodotto, motivo per il quale è stata interessata anche EUROPOL che ha allertato le forze di polizia europee.

 

Pubblichiamo la parte conclusiva delle dichiarazioni di Zarcone che sinora sono state rese note. Va ricordato che Antonino Zarcone arrestato il 14 dicembre del 2011 nell'Operazione Pedro, in primo grado, ancora prima della sua decisione di collaborare, era stato condannato a 12 anni per associazione mafiosa  e per avere direttamente partecipato a due episodi di estorsione, sentenza contro la quale l'imputato aveva interposto appello.

 Nessuna imputazione di omicidio era stata elevata contro Zarcone, che nelle dichiarazioni rese sinora, almeno in quelle note, non si è mai autoaccusato di alcun omicidio.

ZARCONE: ... dal Marrobbio, si mette in contatto con.
Cap.no: ..La Mantia
ZARCONE: ...La Mantia Rosario e se non mi sbaglio recup... gli ha fatto avere 10.000 Euro di soldi, di soldi, ma (ine.) che non era una forma di estorsione ma era... non si poteva capire che forma era, se era un regalo, se era una cosa... però soldi personalmente li ha usciti, prima a Pino Scaduto e poi a Paolo Scaduto, dopo l'arresto a Paolo Scaduto, Paolo Scaduto era venuto sempre tramite il La Mantia.

altIl Marrobbio doveva fare una costruzione grossa dove con Pino Scaduto la dovevano fare in società con il figlio, dì cui tutta la somma di denaro, tutta la parte economica la diciamo usciva direttamente il Marrobbio senza avere, senza che... perché lo Scaduto non era... diciamo non era nelle fasi, dice: me la sbrigo io per quanto riguarda... infatti è xma cosa pure che Pino Scaduto voleva che la andavo a gestire io sta situazione su Altavilla di stu fabbricato che doveva nascere su... sempre, sempre all'intemo del paese di Altavilla. Poi (ine.) parlato con Gino Di Salvo dicendo che c'era sta situazione in corso e cose varie, ma non andò più così perché non se ne fece più niente, almeno io non l'ho più seguita, non so se poi Paolo questa situazione l'ha portata avanti con Marrobbio.

P.M. Ma di richieste estorsive di Lombardo Francesco a Marrobbio a lei le risultano?

ZARCONE: Si. Allora le richieste estorsive a Marrobbio presenza anche Gino, Gino Di Salvo che prima hanno cercato di farlo unificare che non so, ci fu un giomo im appuntamento che però Lombardo non si presentò, che c'erano Marrobbio.. Marrobbio e Gino Di Salvo...
P.M.: La Mantia...
ZARCONE: ...e La Mantia, e La Mantia, di cui doveva venire Franco Lombardo ma Franco Lombardo a quell'appuntamento a Bagheria quel giomo non si è
presentato, per risanare un rapporto che c'è stata una rottura fra Marrobbio che... con Franco Lombardo

.....OMISSIS

ZARCONEQuesto mi risulta, sì, e mi risulta pure che il La Mantia un giorno venne da me lamentandosi da... sia padre e figlio che parlo io Lombardo, mio cugino Franco e Sebastiano, in quanto loro ogni giomo andavano a prendere delle somme di denaro a La Mantia per cambiare sti assegni e cose varie e già avevano messo sotto un 20.000, 30.000 Euro à La Mantia,  questi soldi sono stati presi a La Mantia direttamente, non sono stati ritirati tramite il Marrobbio, questi glieli hanno presi a La Mantia, infatti c'era sta lamentela di La Mantia nei miei confronti lamentandosi che gli chiedevano sempre soldi, infelice, perché ogni giomo dice salgono al cantiere, padre e figlio, dice, 2.000, 5.000, 3.000, sto uscendo pazzo... e basta, e poi non so più niente.

P.M. Ma nella...

ZARCONE: Ma la richiesta era 100.000 Euro.
P.M.: ... nella richiesta di 100.000 Euro c'è una... cioè lei dice: in quell'incontro Lombardo non c era, ma Lombardo era artefice...
ZARCONE: Non si è presentato.
P.M.: Non si è presentato ma Lombardo era artefice di questa richiesta estorsiva?
ZARCONE: Si, si, come (ine.) pure Gino Di Salvo come ero al corrente pure io.
P.M. Lei non sa se La Mantia dopo dare... dopo avere anticipato materialmente queste somme si rivaleva poi su Marrobbio, cioè le somme venivano date dal La Mantia ma poi...
ZARCONE: Dottoressa io conoscendo La Mantia non è un ragazzo aggressivo, non... aveva un discorso di lavoro e secondo me è stato molto coinvolto in questa vicenda sia per il fatto del lavoro e sia perché il Marrobbio in prima persona ha coinvolto a... a La Mantia su questa faccenda perché era il Marrobbio che cercava La mantia per sistemare queste situazioni e La Mantia si metteva a disposizione pure nei confronti di Cosa Nostra perché è normale che... sicuramente la richiesta l'avrà fatta, penso di si, io non lo so se poi ha preso soldi o non hanno preso soldi, però fino a quando io ero libero io soldi, né io, né Gino Di Salvo abbiamo visto un Euro che ha uscito il Marrobbio. L'unica cosa, che La Mantia aveva uscito soldi personali, che tutti e due, padre e figlio lo stavano massacrando, ogni giomo che gli chiedevano soldi ma direttamente a... a La Mantia.

P.M.: E padre e fìglio intende quindi Franco Lombardo e... ?
ZARCONE: E Sebast... e Andrea.
P.M.: Andrea. Dunque, Lauricella Salvatore.

ZARCONE: Lauricella Salvatore fa parte in Cosa Nostra, uomo d'onore della famiglia di Villabate, vicino a Tonino Vitale. In quel periodo che l'ho conosciuto io non aveva funzioni direttive ma si occupava di estorsioni e contatti con alcuni membri delle famiglie di Palermo, che era da tramite sia sul territorio di Villabate che su Palermo.

 Da pagina 65 a pag. 73 seguono otto pagine omissate

P.M.: Ho capito. Passiamo dunque, di LIGA Pietro già abbiamo parlato, ha un ruolo comunque in Cosa Nostra, è uomo d'onore, ma è inserito, a parte il ruolo... lei ha già
riferito di alcune vicende estorsive, no, di Liga Pietro...
ZARCONE: Non era affiliato... fa parte di Cosa Nostra ma non affiliato.
P,M.: Fa parte di Cosa Nostra senza essere stato formalmente affiliato, va bene. Lombardo Francesco a parte le vicende di cui ha parlato è formalmente affiliato?
ZARCONE: Si. Lombardo Franco l'affiliazione avviene tramite me, Gino Di Salvo e Tonino, e Tonino Vitale eravamo tutti e tre quando abbiamo affihato il Franco
Lombardo.
L'affiliazione ufficiale ce l'ha Gino Di Salvo, diciamo quello che sarebbe il padrino...
P.M.:Il padrino..
ZARCONE: Si, Gino Di Salvo e lui fu fatto nel periodo prima dell'estate ufficialmente affiliato dalla famiglia di Altavilla, uomo d'onore della famiglia di Altavilla.

altP.M.: MOZDAHIR Driss.

ZARCONE: Si occupa furti, rapine, queste vicende... ma niente di eclatante, che ci fu un periodo che lo usavamo noi come diciamo controllo del territorio se c'erano movimenti di Polizia, Carabinieri, macchine in giro, cosi...
P.M. Ah quindi questo gli avete chiesto di farlo, di...
ZARCONE: Questo nel periodo che era prima di lui arrestarlo.
P.M.: Arrestarlo, cioè in che periodo, cioè non arrestare lei, prima...
ZARCONE: No, lui.
P.M.: Perché, quando è stato arrestato lui...
ZARCONE: E non mi ricordo dottoressa, è stato arrestato.
P.M.: Prima, prima che venisse arrestato lei?
ZARCONE: Sì, molto prima.
P.M.: Quanto tempo? Poi lei quindi successivamente non l'ha più visto dopo l'arresto?
ZARCONE: No, poi io sono stato arrestato.
P.M.: Poi è stato arrestato lei...
ZARCONE: ... io ero in carcere (ine.) sono stato arrestato quindi.
P.M.: Ho capito.

Le pagine che vanno da 77 a 190 sono ancora oggi coperte da OMISSIS

nella foto al centro Gino Di Salvo, a sx Mozdahir Driss

Negli ultimi tre anni sono state tante, troppe, le occasioni in cui questa comunità di pescatori, fatta di gente semplice, di onesti lavoratori, abituati ad affrontare un mestiere pesante e rischioso, si raccoglie attorno al proprio monumento simbolo, la Chiesa della Madonna del Lume, per manifestare la partecipazione e la vicinanza al dolore che non è solo di una famiglia, ma che colpisce l'intera collettività.

Ed ancora una volta alla vigilia di festeggiamenti religiosi, l'Immacolata in questa occasione, che sono stati annullati.

Giovani e pescatori, sono state le vittime di incidenti stradali o di gravi malattie o di incidenti in mare. Un elenco troppo lungo di morti  che ha sconvolto le famiglie e l'intera società civile.

E sono sempre i pescatori con le loro facce scure scavate dal sole e dal vento, le loro barbe incolte, i loro occhi abituati a guardare più in là per avvistare in tempo la buona o la cattiva sorte, che popolano la Chiesa e la piazza antistante.

C'è il comandante della Capitaneria Nicola Silvestri, con una delegazione, ci sono i rappresentanti delle Associazioni, ma la quasi totalità dei presenti è fatta dai volti anonimi e quotidiani di chi per un pezzo di pane rischia quotidianamente la vita.

Un pezzo di pane che Nino Sanfilippo assieme ala figlio aveva deciso di andarsi a guadagnare anche lontano da casa, a Mazara del Vallo, dove la pesca dà ancora un reddito dignitoso: era tornato da poco degli Stati Uniti dove era stato presso parenti e per curare la pratica di una piccola pensione che gli spettava per un periodo di tempo trascorso a lavorare negli USA: 'era contento - ci dice Ciccio Zizzo, che i pescatori conosce tutti uno per uno, - di questo modesto reddito, che solitamente arrotondava uscendo proprio fuori dal porto con la sua 'lancitedda', per pescare qualcosa che gli consentiva di sopravvivere con la sua famiglia.

"E ci sentiamo - aggiunge Zizzo - di dire alla famiglia di Nino che non saranno lasciati soli." E già una testimonianza di concreta solidarietà si è messa in moto in questi giorni per far fronte alle emergenze.

La decisione di andare a lavorare fuori era dovuta anche alla precarietà del reddito derivante dalla pesca, che  oggi a Porticello è un problema  serio e grave per la gran parte dei pescatori: si riducono le barche, si riduce il pescato, aumentano i costi, aumentano le leggi-tagliola della comunità europea che mortifivano le piccole marinerie e stanno tagliando le gambe ad un settore che dagli anni '70 e per  oltre trenta anni ha distribuito ricchezza ed ha contribuito a fare realizzare un salto sociale e culturale oltre che economico al paese di Porticello.

A testimoniare di quanto persona semplice, perbene e dedito al lavoro e alla famiglia, fosse Nino Sanfilippo , c'è la testimonianza, nell'intervento dopo la cerimonia funebre,  di un ex sindaco, Salvino Roccapalumba, che soleva spesso prendere il caffè assieme a Nino in un bar del porto, "consuetudine che un giorno - celia Salvino - spero potremo riprendere".

Ed anche la civica amministrazione, che aveva proclamato per oggi il lutto cittadino, per voce del vicesindaco Salvo Sanfilippo, ha voluto prendere la parola per ricordare il valore etico ed umano oltre che economico-sociale che rappresenta per tutto il paese il lavoro svolto dai pescatori. Ed anche lui a dire che la vicinanza alla famiglia sarà concreta.

altSull'incidente la Procura di Trapani ha aperto una inchiesta, ed oggi si sono appresi maggiori dettagli sulla sequenza dei fatti: all'inizio, a causa del comprensibile choc degli altri membri dell'equipaggio e della concitazione di quegli istanti, si era parlato di un tubo sotto pressione, e così anche noi avevamo erroneamente riportato. 

In realtà è accaduto che mentre il motopesca  era in fase di 'cala' delle reti, Nino Sanfilippo si trovava da solo a pulire con un tubo d'acqua la superficie di poppa, quando  all'improvviso si è spezzato il tubo di acciaio temperato del braccio esterno dell'arcone di poppa, che in quel momento subiva la pressione di tonnellate, che lo ha colpito come un colpo di maglio al volto e alla spalla.

Non c'è stato niente da fare: quando è arrivato in Ospedale a Pantelleria il cuore batteva ancora, ma era chiaro che non c'erano più speranze.

 

 

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