Cronaca

Blitz dei finanzieri del Nucleo speciale di Polizia valutaria di Palermo. In manette Vincenzo Graziano, indicato come nuovo capo mandamento, che avrebbe partecipato al summit per progettare l'attentato contro Nino Di Matteo.

In carcere ci torna dopo pochi mesi. C'era già finito nel giugno scorso nell'ambito del blitz Apocalisse, ma era stato rimesso in libertà dal Tribunale del Riesame; il suo nome era legato soprattutto al business delle macchinette del videopoker in vari locali della città. 

Le nuove indagini, però, lo piazzano al vertice del mandamento. Da qui il fermo disposto dal procuratore aggiunto Vittorio Teresi e dai sostituti Del Bene, Luise, Picozzi e Scaletta.

Su di lui convergono le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, Sergio Flamia di Bagheria e Vito Galatolo dell'Acquasanta. 

Ma gli investigatori stanno cercando soprattutto l'esplosivo che sarebbe doovuto servire per un attentato contro Nino Di Matteo:

Gli uomini della Guardia di Finanza sono andati a cercarlo stamane in vicolo Pipitone, nel quartiere dell'Acquasanta, una traversa di via Gulì la strada che costeggia i cantieri navali e porta fino a Villa Igea per cercare l’esplosivo

La segnalazione, ben circostanziata, viene da Vito Galatolo.

A procurarlo, secondo il racconto dell’uomo che sta riempiendo verbali e verbali in queste ultime settimane, sarebbe stato Vincenzo Graziano, ritenuto il reggente di Resuttana, che sarebbe riuscito a reperire l’esplosivo in Calabria: 100 chili di tritolo per organizzare quell’attentato che ha fatto scattare un altissimo sistema di protezione per il magistrato del pool antimafia.

I vari Tribunali da quello delle libertà a quello del riesame, sino alla Cassazione stanno ridimensionando in parte le pesanti accuse che erano state contestate in sede di notifica di ordinanza di custodia cautelare ad alcuni imputati dell'operazione Reset del 4 giugno scorso.

Già il Tribunale del riesame, ed ieri è venuta conferma dalla Cassazione, aveva provveduto ad annullare la contestazione del reato di 'associazione mafiosa' nei confronti di Franco Pipia, (difeso dall'avvocato Salvatore Priola), che era stato pertanto rimesso in libertà, e di eliminare l'aggravante di essere stato il capo della famiglia di Bagheria per Nicola Greco.

Sempre nella stessa istanza di giudizio era stato Carlo Guttadauro a vedere cancellata l'accusa di associazione mafiosa, fermo restando l'episodio di estorsione che gli viene contestato; e proprio l'altro ieri per motivi di salute ha ottenuto gli arresti domiciliari.

Ieri è stata la volta della Cassazione che nei confronti di Comparetto Giuseppe, considerato secondo l'accusa capomafia di Ficarazzi, e nei confronti del quale di recente è stata elevata l'accusa di concorso in omicidio, erano venuti meno già al riesame un episodio di estorsione di cui era stato vittima l'arch. Gianni Trovato ( la Cassazione ha rigettato il ricorso della Procura), mentre per il secondo episodio la stessa Cassazione ha annullato con rinvio il provvedimento; è rimasta in piedi per Comparetto la contestazione del reato di associazione mafiosa.

Comparetto era difeso dagli avvocati Roberto Tricoli e Salvatore Priola.

Ma il provvedimento più clamoroso è stato quello che ha riguardato Nicola Greco, secondo l'accusa 'a testa i l'acqua', cioè il vero capo-mafia,  che ha visto annullata con rinvio, per difetto di motivazione,  l'accusa che gli era stata rivolta di appartenenza all'associazione mafiosa.

A difendere Greco c'erano gli avvocati Angelo Barone e Salvatore Priola.

nella foto Giuseppe Comparetto

I carabinieri del Comando Provinciale di Palermo stanno eseguendo da stamattina una ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP del Tribunale di Palermo su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di 6 persone (3 farmacisti, 1 titolare di parafarmacia, 1 dipendente ASP e 1 correo con compiti di “corriere”) ritenute responsabili a vario titolo di concorso in falso, accesso abusivo a sistema informatico e truffa aggravata in danno del Servizio Sanitario.

Gli arrestati nel corso dell’operazione dei carabinieri sono Giuseppe Pepe, 55 anni, socio accomandatario della farmacia Trossarelli di via Francesco Paolo Perez, nella zona della Stazione centrale; Gaetano Sirchia, 66 anni, titolare della farmacia Del Vespro di corso Tukory; Diego Genovese, 74 anni, proprietario anche lui di una farmacia sempre in corso Tukory; Andrea Lo Iacono, 38 anni, titolare di una parafarmacia con sede in via Carlo Pisacane; Pietro Li Sacchi, 41 anni, funzionario dell’ufficio H del Dipartimento di riabilitazione con sede all’interno dell’ospedale Guadagna; Giuseppe Vallino di 44 anni.

Le farmacie coinvolte sono nella zona dell’ ospedale Policlinico.

Le indagini, avviate nel 2013 dai carabinieri della Sezione di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica, hanno consentito di documentare un complesso meccanismo che permetteva agli indagati di conseguire illeciti profitti attraverso l’alterazione delle autorizzazioni emesse dall’ASP per la distribuzione in regime di convenzione presso le farmacie e parafarmacie di presidi e ausili per incontinenza e prodotti per celiaci.

La truffa dei pannoloni a pazienti morti era stata scoperta dal direttore generale dell’Asp Antonio Candela che aveva presentato un esposto. Dopo alcuni riscontri i carabinieri avevano piazzato delle telecamere nell’ufficio di Pietro Li Sacchi, 41 anni, funzionario dell’ufficio H del Dipartimento di riabilitazione con sede all’interno dell’ospedale Guadagna.

In questo modo i militari hanno scoperto tutte le fasi della truffa. I vari passaggi che consentivano di assegnare pannoloni a pazienti morti e inesistenti grazie ad autorizzazioni, mentre i farmacisti si rivendevano di nuovo i pannoloni. Nella truffa delle false certificazioni erano rientrati anche i prodotti per celiaci. E non solo. Le indagini proseguono.

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Un ulteriore e duro colpo al patrimonio della famiglia mafiosa del latitante Matteo Messina Denaro e’ stato inferto con il sequestro di diversi complessi aziendali, attività agricole e commerciali, terreni e fabbricati, autoveicoli, beni mobili strumentali e disponibilità finanziarie, per un valore complessivo di oltre 20 milioni di euro.

Il sequestro, disposto dalle Sezioni Misure di Prevenzione dei Tribunali di Palermo e di Trapani, su richiesta della Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, ha interessato diversi soggetti ed imprenditori, tutti arrestati nel dicembre 2013 in quanto coinvolti, a vario titolo, nel supporto alla latitanza del boss Matteo Messina Denaro e nel controllo degli interessi economici riconducibili a quest’ultimo.

I provvedimenti concludono indagini economico - patrimoniali svolte congiuntamente dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo, dal Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza di Roma (S.C.I.C.O.) e dai carabinieri del R.O.S e del Comando Provinciale di Trapani, sotto la direzione della Procura Distrettuale Antimafia di Palermo. La ricostruzione patrimoniale ha permesso di definire le infiltrazioni di “Cosa Nostra” e dei suoi leader storici, fra cui Matteo MESSINA DENARO, negli affari di diverse società ed attività agricole e commerciali, dislocate in diverse province della Sicilia e del Sud Italia.

In particolare, l’indagine ha fatto luce sulle modalità di controllo delle attività economiche e produttive sul territorio, da parte dell’organizzazione capeggiata dal MESSINA DENARO, attraverso la gestione occulta di società e imprese di diretta emanazione criminale, operanti in svariati settori. Le investigazioni hanno permesso di svelare, oltre alle personali responsabilità penali degli indagati nell’azione di supporto alla latitanza del boss trapanese, l’esistenza di un circuito imprenditoriale teso ad assicurare un completo controllo economico del territorio nel settore dell’edilizia e del relativo indotto, mediante la gestione e la spartizione di importanti commesse.

Beni sequestrati, in distinte operazioni, su disposizione del Tribunale di Trapani e del Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione:

- n. 10 complessi aziendali e quote societarie;
- n. 4  ditte individuali;
- n. 1  appartamento;
- n. 3  fabbricati;
- n.4  fabbricati rurali;
- n. 1  stabilimento industriale;
- n. 29  terreni;
- n. 8  immobili ad uso abitativo;
- n. 12  autovetture;
- n. 13  autocarri;
- n. 4  veicoli industriali;
- n. 3  semirimorchi;
- n. 1  motoveicolo
- disponibilità finanziarie (polizze assicurative, titoli azionari, rapporti bancari, depositi a risparmio).

VALORE DEI BENI COMPLESSIVAMENTE IN SEQUESTRO: € 20.343.000
 

 

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