Riflessioni su Papa Francesco - di Francesco Michele Stabile

Riflessioni su Papa Francesco - di Francesco Michele Stabile

attualita
Typography

La rivista Micromega ha inviato ad un gruppo di persone, preti e laici, credenti e non, e tra questi padre Francesco Michele Stabile della Parrocchia S.Giovanni Bosco di Bagheria,

un questionario in cui viene chiesto di sottolineare quelle che vengono considerate le vere novità nella prassi pastorale di Papa Francesco. Le risposte sono state pubblicate nel numero di Settembre della rivista completamente dedicata a Papa Francesco. Quella che segue è la risposta al questionario da parte di padre Francesco Michele Stabile.

---------------------------------
Papa Francesco rompe definitivamente con il concetto di autorità-obbedienza, propri della tradizione del cattolicesimo intransigente che contestava la modernità (soggettivismo, liberalismo, democrazia, relativismo) con il suo autonomismo individualista individuato come causa della crisi della società, e pone al centro la relazione interpersonale che esalta la soggettività senza assolutizzarla.

In questo modo supera il soggettivismo individualista della modernità e si colloca nella più profonda esperienza cristiana che si realizza come relazione di amore in cui il soggetto si apre all’altro donandosi e realizzando se stesso nel suo farsi dono.

In questo modo si afferma che non è bene che l’uomo sia solo, che il senso della vita non è l’assoluta solitudine, cioè l’inferno, il nulla del soggetto, ma che sia il soggetto singolo che l’umanità intera rimangono sempre aperti al mistero dell’Altro che viene incontro.

Un secondo aspetto è la prevalenza della ortoprassi sulla ortodossia.

Il papa insiste sulla prassi partendo dal testo biblico che la vera conoscenza umana nasce dall’amore. “Chi ama conosce Dio, perché Dio è amore”. Chi non ama non conosce Dio. Ma la conoscenza di Dio che non vedi passa attraversa l’esperienza di amore per il fratello che vedi.

Si supera così la difesa apologetica di una superiorità dell’uomo di fede sul non credente e si parte da un terreno comune che è l’esperienza dell’amore come luogo e conoscenza di Dio. Dove c’è un gesto di amore il credente coglie la presenza di Dio che si fa più profonda quando questa esperienza di amore rinuncia alla propria misura e si abbandona alla misura di Cristo che è quella di non avere misura perché senza limiti. In questa gratuità assoluta dell’amore si è già nel regno di Dio, dove l’impossibile umano diventa possibile. Credo che sia questo il progetto che papa Francesco vorrebbe realizzare per cambiare la Chiesa. Risalire alle origini mettendo al centro non l’istituzione ecclesiastica, comunque necessaria, ma la ricerca e la realizzazione del regno di amore che Gesù chiama regno di Dio .

Un terzo aspetto mi pare sia la scelta della gradualità che ritengo il papa voglia applicare sia sul piano dell’accompagnamento personale che rispetti i tempi e la storia di ogni persona, sia dell’accompagnamento della istituzione che ha bisogno di tempi più lunghi per acquisire nuovi stili e rompere con tradizioni incrostate dai depositi del tempo. Quasi il perseguimento di una crescita senza scossoni e senza lacerazioni devastanti.
Per questo credo che abbia deciso innanzitutto di proporre un modello di vita evangelica che provochi un consenso in larghe fasce del popolo cristiano e che faciliti l’accoglienza di più radicali cambiamenti.

Poste queste premesse, ho l’impressione che papa Francesco non intenda fare una rivoluzione, ma attuare riforme che siano aperte a processi evolutivi della tradizione.
A me pare comunque che il questionario metta al centro dell’attenzione la curia romana e la necessità di una sua riforma, io credo che, se si vuole sgonfiare il potere della Curia romana si deve partire dal decentramento delle strutture ecclesiali, ridando centralità e autonomia alla comunione delle chiese locali che non sono solo chiese particolari, cioè parte di un tutto, ma vere chiese incarnate in un territorio determinato, senza togliere la presidenza di questa comunione di chiese locali alla Chiesa romana che deve rispettare e valorizzare le loro diversità a servizio di tutta la Chiesa universale. Qui diventa importante la collegialità nelle decisioni che riguardano tutte le Chiese del mondo. Ma la collegialità si deve estendere a tutti gli organismi ecclesiali, dalla parrocchia alle conferenze episcopali, ai sinodi. Che papa Bergoglio si sia presentato come vescovo di Roma è un buon segno che però ha bisogno di trovare riconoscimenti nel diritto canonico che ci presenta ancora una chiesa lontana dal dettato conciliare perché rimane fondamentalmente verticistica e centralizzata.

Padre Francesco Michele Stabile