Quello che so di Filippo Lo Medico - di Biagio Napoli

Quello che so di Filippo Lo Medico - di Biagio Napoli

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'Il collezionista di baci' realizzato da Giuseppe Tornatore per Mondadori Electa, è un libro che non sarebbe stato possibile pubblicare senza l'apporto di un uomo, oggi novantenne, ma sempre lucido, che nella sua vita ha coltivato tante passioni, dalla lettura alla scrittura, dal cinema al collezionismo di 'locandine cinematografiche'.

Da questo immenso giacimento culturale di manifesti, immagini, foto, e ricordi messi assieme da Filippo Lo Medico, Peppuccio ha tratto spunto e alimento per il suo libro che verrà presentato martedì alle 17.30 presenti i 'coautori' a villa Cattolica.

Pubblichiamo un articolo di Biagio Napoli, esperto e appassionato di cinema, ma soprattutto grande amico di Filippo Lo Medico.

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Filippo Lo Medico ha amato ed ama talmente il suo materiale pubblicitario ( manifesti, locandine, foto- buste ) che, con piacere, lo dona.

Mi riferisco, non solo a quanto ora si trova a villa Cattolica, ma anche a quello che egli regala a chi, appassionato di cinema, si reca a trovarlo e non va via poi a mani vuote.

Tra le altre ( Luciano Serra pilota, La cena delle beffe con i nomi cancellati dei repubblichini Osvaldo Valenti e Luisa Ferida …) ho avuto da lui, due o tre anni fa, una fotobusta del film La regina di Navarra: preziosa fotobusta con la quale non c’entrano i baci ma c’entra, comunque, monsignor Domenico Buttitta del cinema Parrocchiale, proprio colui che, ad ogni bacio d’un film che visionava prima della proiezione pubblica, scampanellava perché la scena venisse tagliata.

altPerché il film doveva farlo il Nazionale vecchio e invece fu il Parrocchiale a proiettarlo. Come fossero andate le cose ce lo ha raccontato ( a me e a Mimmo Aiello ) uno che nei cinematografi ci stette ( anche lui )una vita intera, ci vendette le caramelle da bambino e, crescendo, ci fece le pulizie, si occupò delle affissioni, fu aiuto proiezionista, infine proiezionista.

Parlo di Placido Ferrara che ora è morto e che al Parrocchiale ci stette anni e vide i film che vi si proiettavano. In quel cinema, anche se mutilati, padre Buttitta faceva tutti i film che c’erano in circolazione;

Solo quelli vietati non faceva. Una volta doveva fare Emilio Zola, quello con Paul Muni, e siccome Zola aveva scritto il romanzo di Nanà, che non era proprio una donna perbene, il sacerdote non se la sentì di farlo e lo fece fare al Nazionale di Filippo Lo Medico. Questo gli diede in cambio La regina di Navarra.

A proposito di fotobuste. Filippo Lo Medico ci ha raccontato ( a me e a Mimmo Aiello naturalmente ) l’uso che, a volte, ne faceva il padre. Con il cartoncino di cui erano costituite, piegandole in due, poteva utilizzarle come carpette per conservare documenti. Il più delle volte, però, diventavano solette per scarpe. Se queste erano sfondate e, a quei tempi, erano in tanti a camminare così, con i buchi nelle scarpe.

Li vedeva nella pescheria davanti al cinema, davanti al Littorio cioè, sopra c’era il cinema e sotto, a pianterreno, il negozio di concimi chimici che lui gestiva; li chiamava, gli faceva mettere il piede sopra una fotobusta e prendeva la misura, ritagliava il cartoncino e lo sistemava dentro le scarpe, gli diceva di camminare e gli chiedeva se non si sentissero meglio.

Quelli, naturalmente, gli rispondevano di sì.

Il padre di Filippo Lo Medico era un uomo generoso. Di lui Filippo ricorda queste cose e di quando,ancora fanciullo ma già capace di farlo, lo metteva a leggere le didascalie dei film muti che si proiettavano al Littorio perché non tutti, a quei tempi, sapevano leggere.

Questa cosa Filippo Lo Medico la racconta in due paginette ( il nostro è anche scrittore ) pubblicate in un libro strano, una antologia di poesie e racconti “alimentari “, almanacco gastronomico per il 2002, L’apollo buongustaio, stampato a Roma.

Quel racconto ha per titolo Un panino al buio. Era il panino che le madri preparavano per i loro figli che tornavano la sera dal lavoro e volevano andare al cinema e non avevano il tempo di sedersi a tavola e mangiare. Avrebbero mangiato al cinema durante la proiezione, al buio appunto! Ma, al cinema, in quegli anni trenta si mangiava di tutto e i contadini portavano le primizie e al piccolo Filippo le offrivano, gli portavano i ceci verdi o le noci o, anche, le lumie e la sala si riempiva del loro profumo.

In un cinematografo, questa volta al vecchio Nazionale perché il Littorio era passato a Gabriele Pampinella, Filippo Lo Medico trascorse anche la sua adolescenza e la prima giovinezza. Era scoppiata la guerra, i suoi fratelli erano dovuti partire, chi poteva badare alla sala se non lui? Dovette abbandonare gli studi. Anche le cose notevoli di questo periodo della sua vita il nostro le scrive in un racconto che il Giornale di Sicilia gli pubblica il 27 luglio del 1989 e che ha per titolo Un dollaro di speranza.


Ma il vero titolo, quello che Filippo Lo Medico aveva dato al racconto e che il giornale aveva cambiato, era Sicilia ’43, perché s’occupava del periodo in cui erano arrivati gli americani e parlava di un militare che, un giorno di fine luglio di quell’anno, fermatosi con una jeep davanti al Nazionale, aveva visto il manifesto d’un film tedesco, Arrivederci Francesca era il titolo, e quel film aveva sequestrato.

Quell’uomo si chiamava Mickail Kamenetzky, sarebbe poi diventato direttore del Corriere della Sera, avrebbe avuto nome Ugo Stille. Sequestrò il film dunque ma il Nazionale funzionava poco; anche a trovare film non proibiti dagli americani di stanza a Palermo, la corrente elettrica mancava interi pomeriggi dovendo essere risparmiata e utilizzata durante la notte per i mulini e i pastifici.

Dunque? Filippo Lo Medico alza l’ingegno e illumina sala e palco del suo cineteatro con le lampare delle barche di Porticello che, per l’oscuramento, la sera non prendono il mare. Farà teatro fino a quando la situazione della corrente elettrica non migliorerà; allora riprenderà la proiezione dei suoi amati film.

Passano quegli anni, tornano a casa i suoi fratelli, non vuole restare un semplice, appassionato, esercente di cinematografi, nel mondo del cinema vuole entrarci per farlo, va a Roma e, per un po’, collabora con Cesare Zavattini. Non è cosa. Se ne ritorna a Bagheria. Nel 1957 devono lasciare il Nazionale che verrà abbattuto per fare posto ad una banca, ai Lo Medico rimane L’Arena che apre solo d’estate, Filippo ha un impiego al Comune, scrive un altro racconto che stenta però a pubblicare nonostante una lettera di presentazione, ha per titolo Il brindisi di Pietro Lanza, lo pubblicherà su L’ORA il 10-11 marzo del 1958.

Quella lettera di presentazione gliela aveva scritta per il Giornale di Sicilia Giuseppe Marotta al quale, fin da quando era ragazzo, il nostro aveva inviato le cose che scriveva e dal quale aveva ricevuto suggeri- menti e incoraggiamenti non ultimo quello di farsi venire a furia di scrivere i calli alle mani, se voleva vivere dell’amaro pane letterario.

A Marotta il racconto era piaciuto, aveva scritto una lettera così bella che Filippo Lo Medico avrebbe voluto tenersela e non portarla a quelli del giornale, questi non ne tennero conto e il racconto non lo pubblicarono. Fu Gianni Guaita a condurlo da Vittorio Nisticò e Il brindisi di Pietro Lanza fu pubblicato.

altA questo racconto devono qualcosa sia Ferdinando Scianna che Giuseppe Tornatore perché della morte di Pietro Lanza ne scrive, il fotografo in una pagina del suo Quelli di Bagheria, mentre il regista ce la mostra nel suo film Baaria e le modalità di quella morte sono quelle descritte da Filippo Lo Medico

C’è sempre cioè un uomo in divisa che disturba Pietro Lanza proprio nel momento del trapasso. Filippo Lo Medico dice però che ,quando descriveva quella morte, aveva davanti agli occhi Charlot, quell’omino aveva sempre, nei suoi film, un poliziotto che lo perseguitava. Così può darsi che Pietro Lanza, quando muore, ha un uomo in divisa che lo disturba e può darsi di no. 

Passano gli anni e quelli della maturità videro la riapertura, nel 1968, di un altro Nazionale costruito proprio di fronte a quello vecchio; verrà gestito dal fratello Enzo e Filippo sarà suo valido collaboratore.

La crisi, tuttavia, non è lontana. Nel 1976 chiude l’Arena; il terreno era di proprietà del Comune, lo rivolle, il cinema venne allora demolito, era dietro il chiosco di don Gino, a Palagonia, ora c’è una statua di padre Pio, le donne ci vanno a pregare.

Passano pochi anni e, nel 1984, chiude pure il Nazionale; gli eredi dei Gagliardo, quelli della fabbrica di conserve alimentari dove il cinema era stato costruito, vendettero la proprietà, il cinema, anche questo, venne abbattuto, ci sono ora dei negozi e una piazzetta dedicata a Beppe Montana, commissario ucciso dalla mafia.
 

Enzo Lo Medico aveva conservato tutto il materiale pubblicitario, l’aveva conservato e catalogato; Filippo Lo Medico se ne servirà per venderlo, scambiarlo, acquistarne dell’altro, collezionarlo. Tornerà a Roma, stavolta per recarsi alla Libreria dello Spettacolo, un negozio vicino al Pantheon, dove porterà il suo materiale. Glielo venderanno.

Preparerà degli album, sul musical americano ad esempio, o sul cinema italiano, o su un attore, e li spedirà a Roma. Sappiamo che, in tutto, a quella libreria ha spedito cento album, ognuno di ventiquattro locandine, ha spedito negli anni almeno duemilaquattrocento locandine, fu il fornitore ufficiale di quel negozio, si fece conoscere nell’ambiente dei collezionisti.

Nel 1995 si festeggiò il centenario del cinema a Cinecittà e ci andò con i suoi manifesti e con quello che aveva realizzato Guttuso per Riso Amaro.

Che l’avesse fu un collezionista romano a dirlo a Gian Piero Brunetta dicendogli che Filippo Lo Medico glielo aveva fregato dandogli in cambio un Ballester, lui conosceva Ballester e non sapeva quanto fosse importante quella cosa di Guttuso e gliela aveva dato.

Ma anche Anselmo Ballester era importante, era uno dei migliori nel campo della cartellonistica cinematografica, al Museo Guttuso quando ha fatto la donazione dei manifesti Filippo Lo Medico ha donato quattro Ballester, uno addirittura del primo film sonoro proiettato a Bagheria, naturalmente al Littorio, era La Wally, del 1932.

Aprile 2014

Biagio Napoli