Attualità

Gentile redazione, vorrei condividere con voi una riflessione che ho fatto giorni fa.

In occasione della giornata di San Giuseppe mi sono recata con il mio bambino nel corso Umberto.

C'era tanta gente, animazione per i piccoli, zucchero filato e palloncini, come è normale per una giornata di festa. Erano presenti anche le forze dell'ordine e in particolare, la mia attenzione è stata catturata da due poliziotti a cavallo, i quali, percorrendo il Corso Umberto, lasciavano lungo il percorso cumuli di escrementi dei due incolpevoli animali.

Anche il mio bambino li ha notati e indicandomi le deiezioni, mi ha chiesto il perchè di tanta cacca a terra. Io mi sono limitata a rispondere: perchè i cavalli sono stati monelli, pur sapendo in cuor mio che i poveri animali non hanno alcuna colpa se quel pomeriggio eravamo costretti a fare attenzione per non impantanarci in tutta quella cacca.

Premetto che non ho nulla contro le forze dell'ordine ma in quel momento ho visto quei due poliziotti a cavallo come l'ennesima opera incompiuta e mal concepita del nostro amato paese. E' stato un cattivo esempio per tutti quei cittadini che fanno fare ai loro cani i bisogni per strada senza raccoglierli, bisogni che siamo costretti a scansare ogni giorno .

Mi dispiace se adesso mio figlio penserà che i cavalli sono monelli, ma sono sicura che crescendo capirà che loro non hanno nessuna colpa, mentre noi Bagheresi ne abbiamo tanta perchè se ci meritiamo di passeggiare tra la cacca, siamo messi veramente male e la nostra colpa è di permettere che tutto questo avvenga

 

Cordiali saluti  Lettera Firmata
 

Ancora una volta, nel giro di in pochi anni, il Mandamento mafioso di Bagheria è stato decimato dall'azione repressiva dello Stato. Prima con le operazioni denominate Perseo e Pedro ed oggi con Argo sembra sia rimasto ben poco delle storiche famiglie del Mandamento che va da Villabate ad Altavilla Milicia.

I reati contestati, a dimostrazione delle complesse e variegate attività di Cosa nostra Bagherese, sono: associazione mafiosa, estorsione, rapine, detenzione di armi, scambio elettorale politico mafioso e traffico internazionale di droga.

Le brillanti indagini dei Carabinieri del Nucleo Investigativo, della Compagnia di Bagheria e del Reparto Anticrimine, coordinati dalla D.D.A. di Palermo si sono estese ed approfondite grazie alla collaborazione di alcuni mafiosi di spicco ma anche all'atteggiamento collaborativo di numerosi imprenditori.

Il quadro che è emerso anche dal prosieguo delle indagini è francamente desolante. Cosa nostra dominava il mercato con le sue imprese che talvolta agivano in regime di monopolio, imponeva il pizzo a suon di minacce anche armate, estorceva i voti e li rivendeva a caro prezzo, trafficava in droga, uccideva e lucrava pure sulle tumulazioni determinando quello scempio che ha tanto colpito tutti i Bagheresi.

altLiberoFUTURO ha seguito alcuni imprenditori nel percorso della collaborazione con i Carabinieri ed al loro fianco si costituirà parte civile nell'udienza preliminare di domani al Pagliarelli.

In questi mesi abbiamo percepito nettamente il desiderio della parte sana del mondo imprenditoriale del bagherese di voltare pagina ed il processo che inizia potrebbe rappresentare l'occasione per affrancarsi dalla presenza pervasiva e perniciosa della mafia e determinare condizioni di lavoro e vita più civili.

Rivolgiamo un appello a tutti gli imprenditori affinché prendano esempio dai colleghi che hanno collaborato e compiano senza timore la stessa scelta. Soltanto quando a denunciare saremo in tanti potremo liberarci definitivamente dall'oppressione mafiosa evitando il pericolo di ritorsioni.

Lo Stato in questi anni ha dimostrato di essere in grado di colpire sul piano militare e dei patrimoni Cosa nostra ma la società civile deve uscire dall'indifferenza altrimenti il fenomeno si riprodurrà velocemente come una metastasi.

Presto, a Bagheria, daremo vita ad un'associazione antiracket fatta da imprenditori e capace di aiutare i colleghi nella fase della denuncia. Un'associazione che riesca a moltiplicare le denunce ed a radicare un vasto movimento antiracket e antimafia coinvolgendo anche i semplici cittadini ed i professionisti.

ANCHE BAGHERIA PUO' SVOLTARE!

LiberoFuturo

Palermo,
lì 26/03/14 

 

Il 6 novembre del 2006 presso la scuola 'G.Cirincione', nella classe III D, si era assentata la maestra ed in sostituzione di quest'ultima era stato chiamato un supplente. 

All'interno della classe i bambini di 7-8 anni giocavano tra loro facendo pernacchie proprio nel momento in cui il supplente faceva il suo ingresso in classe.

L'insegnante, stizzito, chiamava uno scolaro alla cattedra fecendogli ripetere il verso, e successivamente esortava l'intera classe a farlo con lo scopo, pare, di spiegare la volgarità del gesto: uno dei bambini però, un pò distratto, ripeteva, involontariamente solista, il verso dopo tutti gli altri.

Il maestro sentendosi deriso afferrava per l'orecchio il piccolo, G.C.,e lo costringeva, a fare carponi il giro per tutta la classe e ad emettere i grugniti tipici del maiale ( 'ad assumere atteggiamenti maialeschi' come reciterà poi il capo di imputazione) dicendogli che così era veramente un 'porco';  tale metodo di correzione, era finalizzato, a dire del maestro, a costringere il piccolo ad assumersi  le sue responsabilità.

Solo in serata,V.C., la mamma del piccolo alunno,  avrà piena contezza dei fatti accaduti in classe e neanche direttamente dal figlio che, dopo un moto di rabbia, piangendo l'intero pomeriggio si era chiuso in un interminabile ed ostinato silenzio; ad informare V.C. erano state le telefonate delle mamme degli altri bambini che avevano riferito in famiglia quanto accaduto in classe, e lo stato di prostrazione e turbamento del bambino per la sproporzionata , oltre che immeritata, punizione ricevuta.

Il giorno dopo la mamma dell'alunno, scossa anche dal preoccupante e volontario silenzio e isolamento in cui si era rifugiato il bambino, si è recata  presso la scuola 'G.Cirincione' dove alla presenza del Dirigente del tempo Lucio Granato,  ha chiesto lumi al maestro in ordine alla punizione impartita.

Il 'maestro' per nulla ravveduto o scosso ha invitato la madre a fare da 'modella' per dimostrarle quella, che a suo dire, sarebbe stata una punizione esemplare in linea con i 'canoni' educativi.

A questo punto la madre del piccolo, avendo compreso quanto di efferato e di psico-pedagogicamente scorretto e  nocivo il 'maestro' avesse posto in essere, ha apostrofato l'insegnante " Lei è un mostro e non dovrebbe insegnare".

Di conseguenza V.C. ha presentato un esposto al Provveditorato, la cui conclusione è stata l'insabbiamento del caso (così definito, seppur con sinonimi, dalle sentenze che poi seguiranno).

Nelle more l'insegnante, non contento del danno arrecato al piccolo, ha avuto l'improntitudine di denunciare la mamma per diffamazione.

D'ufficio però la Procura, in conseguenza della comunicazione d'obbligo partita dallo stesso Provveditorato, denuncia l'insegnante per 'abuso di mezzi di correzione'.

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I due procedimenti paralleli, sono giunti entrambi all'epilogo di primo grado che ha visto la mamma del bimbo assolta, perchè il fatto non sussiste, mentre di contro l'insegnante è stato condannato a due mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, e di euro 5.000 a titolo di provvisionale sul risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede, sospendendo la pena detentiva a condizione che, il pagamento della provvisionale avvenisse entro sessanta giorni dalla sentenza.

Il 'maestro' ha interposto appello avverso ambedue le sentenze. La Corte d'appello ha, di contro, confermato entrambe le sentenze di primo grado, gravando di ulteriori spese il ricorrente.

Ma ancora le 'lezioni' ricevute, al 'maestro' non bastavano: ha proposto ricorso in Cassazione con motivazioni che, a suo dire, giustificavano la punizione impartita, proporzionata all'atto di 'bullismo' messo in atto dal bambino.

Riportiamo testualmente due delle frasi, illuminanti, per capire le ragioni di fondo su cui si fondava il ricorso: " La sentenza - scrive nel ricorso in Cassazione, l'avvocato Lorenzo La Marca, difensore del 'maestro', - non può non essere inquadrata nella valutazione sociale e culturale, sociale/mafiosa in cui i maestri di Bagheria, cittadina di nota estrazione mafiosa, con un tessuto sociale e culturale per lo più di natura delinquenziale, sono per lo più obbligati ad operare, operando spesso per il recupero sociale e culturale di adolescenti provenienti da realtà che riflettono nelle aule di scuole fenomeni antisociali tipici della cultura mafiosa".

Ed ancora:

"Tale atto di bullismo minorile, nel caso specifico fare le pernacchie al maestro, è altresì tipica espressione di una volontà di sfida all'Autorità costituita, nel caso specifico rappresentata dal maestro, che rientra nelle dinamiche socioculturali del fenomeno mafioso di sfida all'autorità statale."

Conclusione della storia

Il giorno 19.03.2014, la VI sez. della Corte suprema di Cassazione, ha dichiarato inammissibile il ricorso del 'maestro' condannato a mille euro di spesa, oltre al pagamento di ulteriori euro 3.500 oltre le spese generali, con ciò accogliendo in pieno le richieste della parte civile costituita ( la madre del piccolo).

Gli avvocati che hanno difeso la mamma del bambino , avv. Gino Rausa e Claudio Schicchi, hanno ovviamente dichiarato le propria soddisfazione sotto il profilo dei risultati del procedimento, e si sono trovati in piena sintonia con quanto scritto dalla Corte di appello di Palermo circa la condanna inflitta in primo grado al maestro "davvero generosamente...ha concesso all'imputato le attenuanti genriche e i doppi benefici di legge, fissando una pena assai mite..."

 

 

Abbiamo letto con molta attenzione i commenti al nostro articolo sulla vicenda della condanna in Cassazione dell'insegnante Stefano Fiorentino circa quello che viene definito dalla legge un abuso dei mezzi di correzione, ed abbiamo ricevuto anche diverse telefonate di chi giustamente era preoccupato per la sensibilità di minori o di familiari dei protagonisti coinvolti nella vicenda e per il buon nome della scuola'Cirincione' dove il fatto è avvenuto.

Allora cerchiamo di fare chiarezza:

1° se l'articolo reca la firma Redazione Bnews significa che è la redazione che se ne assume la responsabilità, e nel caso di conseguenze civili o penali, il suo direttore e cioè il sottoscritto Angelo Gargano.

2° E' vero che la vicenda risale ad otto anni fa, ma l'iter giudiziario si è concluso il 19 marzo scorso.

3° Ognuno sullo specifico la può pensare come vuole, magari conoscendo, meglio di noi e  da vicino i protagonisti, ma siamo in presenza di una sentenza della Corte di Cassazione; ci sono pertanto stati tre gradi di giudizio. Il prof. Fiorentino, che peraltro non conosciamo (o almeno pensiamo di non conoscere), ha avuto la possibilità di dimostrare le sue ragioni.

Nei vari gradi di giudizio sono stati escussi dei testi, sono state valutate le circostanze, sono stati ascoltati i protagonisti, ma le corti di giudizio succedutesi sono state univoche nel verdetto: il prof. Fiorentino ha abusato di mezzi di correzione, e per questo è stato condannato, non per altro.

Abbiamo riferito solo quanto contenuto nelle sentenze e in atti processuali, niente di più, niente di meno, e soprattutto nessuno ha voluto inventare e sbattere in prima pagina 'mostri' che non esistono.

La sola considerazione che si può considerare 'personale' è quella contenuta nell'ultimo rigo, e proprio perchè consideriamo fondata la critica, l'abbiamo espunta dall'articolo.

L'immagine della scuola 'G.Cirrincione' non è per niente in discussione: siamo i primi a pensare, e possiamo portarvi decine e decine di testimoni di questo nostra convinzione, che la scuola primaria italiana è una delle migliori del mondo; e non riferiamo ovviamente solo una opinione nostra, ma uno studio ragionato di specialisti del settore.

Consideriamo, senza alcuna offesa per gli altri istituti, il 'Cirincione' uno degli Istituti d'insegnamento primario all'avanguardia non solo  a Bagheria, ma anche in ambito molto più ampio; esemplare per lo spirito di sacrificio degli insegnanti, per la qualità dell'insegnamento, per la passione che i 'maestri' e 'le maestre' mettono nel loro lavoro; fatti che abbiamo sempre e  ampiamente documentato in decine e decine di occasioni.

L'avere pertanto messo la foto dell'edificio del 'Cirincione' non implica ovvviamente un giudizio di merito nè sulla scuola, nè sul corpo insegnante, nè sulla qualità dell'insegnamento che viene trasmesso ai ragazzi: è stato una banale scelta di una foto a corredo dell'articolo. 

Forse avremmo potuto fare diversamente, e non nego che abbiamo sottovalutato l'impatto della notizia sull'opinione pubblica, e di questo ci scusiamo.

Qualcuno ci rimprovera una partecipazione emotiva che un cronista non dovrebbe mettere nel riferire fatti e circostanze: ma, lo confessiamo, conosciamo alcuni dei protagonisti della vicenda ed è probabile che questo coinvolgimento abbia nuociuto, ma gli strascichi e le conseguenze che quell'episodio, magari di poco significato per chi legge, ha innescato nell'equilibrio e nella serenità di una famiglia da otto anni a questa parte sono stati pesanti.

Detto questo, ad alcuni commentatori sempre pronti a fare i maestri di vita ( e di giornalismo), vogliamo ricordare che si parla di un bambino che all'epoca dei fatti aveva sette anni, non di un bulletto adolescente.

Il bambino aveva sette anni, ma chi ha controfirmato quel ricorso in Cassazione che contiene espressioni farneticanti in cui si parla di 'Bagheria, cittadina di nota estrazione mafiosa'( e sin quì ci può anche stare) ma subito dopo si aggiunge 'con un tessuto sociale e culturale di natura delinquenziale'  va, come giudizio sociologico, al di là del legittimo diritto alla difesa, ed a controfirmarlo non è stato un ragazzino di sette anni.

Per concludere con due fatti: ad avviare l'iter giudiziario è stato il maestro Stefano Fiorentino che ha denunciato la madre del bambino per diffamazione, per una frase che in quel contesto 'Lei è un mostro e non dovrebbe insegnare' poteva trovare ampia giustificazione e comprensione nel comportamento provocatorio assunto dall'insegnante.

La mamma del piccolo non ha mai denunciato il maestro Fiorentino: la denuncia è stata fatta d'ufficio dalla Procura della Repubblica, cui il Provveditorato, per competenza e per legge, aveva avviato l'esposto presentato dalla mamma del bambino.

Ci sarebbero stati tanti momenti e occasioni per chiudere la vicenda, con delle semplici scuse, con una stretta di mano, con il riconoscimento che tutti, ma proprio tutti, possiamo sbagliare. Non è accaduto.

Prendersela ora, da parte di qualcuno degli involontari  e incolpevoli protagonisti della vicenda, con chi fa informazione,  dopo che è stata pronunciata una sentenza della  Cassazione è un sistema troppo facile per cercare di rimuovere i fatti.

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