Bagheria, ore 7,40. Camminando provi a osservare oltre i muretti provvisori che ti separano dal cantiere di polvere e cemento che da un po’ di tempo caratterizza la stazione ferroviaria.
Scendi i gradini del sottopassaggio, precipitosamente, e ti ritrovi pienamente nel marasma di gente, in attesa dei treni mai puntuali. Chi frequenta questo ambiente lo sa bene.
A quell’ora c’è davvero un sacco di gente. Ci sono i giovanissimi coi zainetti colorati, le scarpe coi lacci quasi slacciati, il sorriso di sonno felice. Poi gli impiegati, con le valigette di cuoio o di tessuto tecnico, gli occhi sgranati.
Ognuno ha le sue zone. C’è chi sta vicino alla scala, ragazzi e universitari, o chi, un po’ più in la, preferisce stare defilato, in una zona ove è più facile cogliere i primi raggi di sole sul viso.
Tutti adottano uno stile unico. Quando stiamo con gli altri ci comportiamo in un determinato modo, adottando delle strategie che ci permettono di ottenere certi risultati, evitando il più possibile eventi sociali non graditi. Quando il treno sta per arrivare per esempio, le persone si comportano in modo differente: quelli che sperano in un posto a sedere si dispongono all’estremità del marciapiedi, quasi a sfiorare il treno in arrivo, come se volessero prenderlo al volo. Altri non ci badano e preferiscono intrattenersi con gli amici in discorsi più o meno interessanti (in genere si sentono sempre gli stessi discorsi, chi l’ha vissuto mi darà ragione).
Capita spesso che questi siano gli ultimi a salire sul treno.
Ma come si dispongono gli individui all’interno dello scompartimento? Potrebbero esserci meccanismi psicologici alla base di determinate scelte? Io ho condotto dei piccoli studi a riguardo e posso dirvi che la risposta è si. Questi schemi comportamentali variano in base alle condizioni ambientali, e permettono di conformarci a norme sociali, regole implicite legate all’educazione, compromessi circa la possibilità di sedersi o stare in piedi.
Se ad esempio troviamo il treno pieno di gente e posti a sedere ce ne sono pochi, tendiamo a riempire completamente lo spazio, saturando i pochi posti disponibili. Ma se invece abbiamo un certo margine di scelta tendiamo a scegliere il posto considerando diverse variabili e questo è abbastanza interessante.
Ci sediamo prevalentemente accanto a persone che riteniamo affidabili, che non richiamano in noi situazioni di pericolo, assecondiamo l’istinto di sopravvivenza. Sembra che nella scelta si tenga conto di variabili somatiche legate alle caratteristiche del volto, scegliendo i tratti a noi più simpatici, che ci piacciono di più o che ci ricordano le persone che amiamo.
Sono scelte distintive che compiamo in pochi secondi e sono legate all’etichettamento cognitivo e alla capacità di discriminare le caratteristiche delle persone.
Se invece non si può scegliere pazienza, ci sediamo dove capita. I soggetti molto ansiosi valutano anche altre variabili tipo distanza dall’uscita, vicinanza col capotreno, possibilità di avere finestrini aperti e non bloccati, zone bene illuminate.
Ma se il vagone è completamente vuoto come avviene la scelta? Ognuno tende a occupare uno spazio all’interno del treno in modo tale che non risulti troppo vicino alle altre persone. Quando vi capiterà una situazione simile provate a osservare: troverete una serie di persone quasi sempre sedute vicino al finestrino ed equidistanti le une dalle altre. Guai ad oltrepassare un certo limite!
Esiste cioè una sorta di spazio interpersonale, psicologico e fisico, che non deve essere toccato. Spesso ho provato a infrangere questa specie di regola, provando a sedermi accanto al alcune persone in un vagone praticamente vuoto: le reazioni sono state evidenti, sempre simili, connotate da sguardi ostili, sensazione di disagio, quasi ansia o paura. Evidentemente sedendomi accanto a questi individui quando avrei potuto scegliere altri posti, ho violato una regola implicita e accettata, il mio comportamento non era quello atteso!
Come dire, psicologia da pendolare!
Ciao e alla prossima!
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